|
Home Page
Almagesto
Le Stelle
Elenco delle stelle
Le più luminose
(ordine)
Costellazioni
Elenco
costellazioni
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Alfa Andromedae |
|
|
Beta Andromedae
con NGC 404 |
|
|
Gamma Andromedae |
|
|
John Herschel |
|
|
Tycho Brahe |
|
|
William Herschel |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Hipparcos (ESA) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Arato di Soli
(Cilicia, ca. 315 a.C. –
Macedonia,
dopo il 240 a.C.) |
|
|
Phaenomena et Prognostica
di Arato
Poema astronomico in 1154
esametri, richiesto ad Arato da Antigono e che si ispira
all’opera di Eudosso di Cnido. La parte intitolate
Pronostici è dedicata ai segni premonitori del tempo |
|
|
Tolomeo
Formella del
campanile di Giotto di Andrea Pisano |
|
|
Almagesto
di Tolomeo
Antica copia
manoscritta |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
C. I. Hyginus
- 1570 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Tum poeta: "Vos oro inquit mihi lyram date:
nam ultimum lyra canere volo". |
|
Arione sul
delfino
Diaeta di
Arione
Mosaico nella
Villa del Casale (Piazza Armerina) |
|
|
Giovanni Lanfranco,
Arione e il delfino,
1604-1605
Roma, Galleria Farnese |
|
|
Andrea Mantegna
Arione sul delfino
1465-74,
affresco, particolare della volta, Camera
degli Sposi,
Palazzo Ducale, Mantova
|
|
Mosaico Romano del III sec.
Orfeo doma le
fiere con la Lira |
|
|
Orfeo suona la
lira
Andrea
Mantegna 1465-74
affresco,
particolare della volta
Camera degli
Sposi
Palazzo
Ducale, Mantova |
|
Giorgio de
Chirico
Orfeo
solitario (1973)
Olio su tela
collezione
privata |
|
|
|
|
|
Andromeda
Andromedae - And |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Aspetto, posizione, composizione
Grande costellazione che si estende per 722° quadrati
nota fin dall’antichità.
Di facile individuazione in autunno, è comunque una di
quelle costellazioni che è presente, nel cielo della
zona temperata dell’emisfero settentrionale, per gran
parte dell’anno. Superata una latitudine nord di 50°
diviene quasi circumpolare.
Grande nell’estensione ma non nella luminosità, ha
infatti solo due stelle che raggiungono il secondo grado
di magnitudine (le stelle α e β And, Alpheratz
e Mirach); ha un numero
consistente di stelle binarie e variabili ma ciò che la
rende una tra le costellazioni più amate e ricercate è
la presenza di diversi pregevoli oggetti celesti:
il più noto è la “Grande galassia M31”, meravigliosa, il
più lontano oggetto visibile ad occhio nudo.
Intorno alla seconda settimana di ottobre Andromeda è
comunque facilmente individuabile nel cielo notturno in
quanto culmina a mezzanotte.
Presente
nell'opera
di Tolomeo, condivideva con Pegaso uno dei suoi
astri:
Alpheratz è infatti la "testa" di Andromeda ma era
considerata anche la δ di Pegaso. |
|
|
|
|
|
Confina a nord con Cassiopea e Perseo, e quest’ultimo la
domina anche ad est; a sud confina con Triangolo, Pesci
e Pegaso che ritroviamo anche ad ovest insieme a
Lucertola.
|
|
|
|
|
|
Schema delle principali stelle di Andromeda
Nome |
Nome Proprio |
Magnitudo |
Distanza |
Descrizione |
Alfa Andromedae
α And |
Alpheratz |
2,06 |
97 a.l. |
Stella bianco-azzurra. Doppia ottica, con una compagna, prospettica ma non fisica,
di magnitudine 11,5 |
Beta
Andromedae
β And |
Mirach |
2,07 |
200 a.l. |
Gigante arancione che
vede per compagna una nana 800 volte più debole del Sole di magnitudine
14. Sospetta variabile semiregolare per la sua oscillazione di
magnitudine che va da 2,01 a 2,10 |
Gamma
Andromedae
γ And |
Almach |
2,10 |
350 a.l. |
Stella doppia. La
stella più brillante è giallo-arancione, la compagna blu-verdastra. Ogni
componente è a sua volta una doppia:
γ
Andromedae è dunque un sistema quadruplo
la cui stella più brillante è 650 volte più splendente del Sole |
Delta
Andromedae
δ And |
- |
3,27 |
100 a.l. |
Stella doppia; la compagna,
scoperta nel 1878 da
S. W. Burnham, avendo lo stesso moto proprio, è una compagna
fisica |
Zeta Andromedae
ζ And |
- |
4,08 |
180 a.l. |
Binaria spettroscopica
con diverse altre compagne |
Kappa Andromedae
κ And |
- |
4,15 |
170 a.l. |
E’ una Stella tripla.
La coppia fu scoperta nel 1879 da John Herschel; la terza stella nel
1923 |
Lambda Andromeda
λ And |
- |
3,81 |
85 a.l. |
Binaria
spettroscopica, scoperta nel 1899 da Campbell che mostra, nel suo
spettro, emissione di calcio |
Nu Andromedae
ν |
- |
4,53 |
650 a.l. |
Scoperta e descritta
da Tycho Brahe, stella poco interessante ma prossima ad M31 che Brahe
non vide! Oggi si pensa che M31 possa avere una variabilità nella
visibilità |
Omicron Andromeda
ο And |
- |
3,62 |
650 a.l. |
Stella variabile,
binaria stretta |
Pi Andromedae
π And |
- |
4,34 |
650 a.l. |
Stella con due
compagne visuali. Fu misurata per la prima volta, alla fine del XVIII
secolo, da William Herschel |
Omega
Andromedae
ω And |
- |
4,83 |
90 a.l. |
Stella doppia scoperta
da S. W. Burnham nel 1881 nel Lick Observatory. La compagna è una nana
rossa membro remoto dell’ammasso galattico delle Iadi nel Toro.
|
36 And
|
- |
5,46 |
120 a.l. |
Stella doppia stretta
scoperta nel 1836 da F. G. W. Struve. La primaria è una sub gigante 7
volte più luminosa del Sole |
GRB 34
Groombridge 34 |
- |
8,09 |
11,6 a.l. |
Sistema doppio di nane rosse, e di una
delle stelle doppie più vicine al nostro sistema planetario |
R And
|
- |
media: 10,71 |
incerta |
E’ la variabile a
lungo periodo più brillante della costellazione con una notevole
ampiezza di variazione; al suo massimo è visibile con un semplice
binocolo |
AQ And
|
- |
7,67v |
indeterminata |
Variabile semiregolare |
VX And
|
- |
7,52v |
indeterminata |
Variabile semiregolare |
Z And
|
- |
10,60var |
indeterminata |
Binaria spettroscopica
che combina le caratteristiche di una gigante rossa e di una caldissima
stella del tipo B, probabilmente una sub-nana (Stelle simbiotiche
le denominò P. W. Merrill). Probabile nova
ricorrente: appare come una variabile rossa semiregolare ma ad
intervalli piuttosto lunghi presenta dei brillamenti che la fanno
aumentare di circa 3 gradi di magnitudine con larghe righe brillanti
tipici delle novae. |
Σ
3050
|
- |
5,81 |
95 a.l. |
Le prime due componenti furono scoperte da
F. W. G. Struve nel 1830/1832. Nel 1909 è stata trovata un’altra
compagna
|
56 And
|
- |
5,69 |
320 a.l. |
Stella multipla;
ognuna delle due componenti è duplice. Il sistema si trova appena oltre
i confini a sudovest dell’ammasso galattico NGC752 |
Σ
228 |
- |
6,05 |
130 a.l. |
Stella doppia,
scoperta nel 1831 da F. G. W. Struve |
OS 21
|
- |
6,46 |
337 a.l. |
Binaria scoperta
nel 1847 da Otto Struve, misurata anche da Hipparcos nel 1991. Fra quasi
3 secoli e mezzo la stella si troverà vicina al periastro e non sarà più
separabile con un mezzo ottico |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Altre notizie su alcune stelle di Andromeda
Alpheratz La stella α And viene a segnare,
idealmente, il vertice della raffigurazione della
bellissima giovane figlia di Cefeo. L'appellativo di stella α
potrebbe sembrare quanto mai azzeccato poiché
apparirebbe esatto su due
fronti: quello riferito all'asterismo della
costellazione e quello relativo alla maggiore magnitudine
di questa stella, seppur di pochissimo rispetto a
β And
e γ And,
nella
costellazione. E' invece da sottolineare che la stella
β And talvolta, nelle sue oscillazioni in
magnitudine, la supera in brillantezza apparente.
Alpheratz ha una temperatura superficiale di 9500K e,
nel suo spettro, è evidente la presenza di manganese e
gallio.
Il nome Alpheratz non è l’unico a lei attribuito e
certamente non è il più antico. Anticamente era
conosciuta come Sirah o Sirrah, dall’arabo “Al Surrat
al Faras” ovvero “l’ombelico del cavallo”, in
riferimento alla costellazione Pegaso alla quale
era assegnata ( δ Pegasi). A lungo venne considerata
stella comune alle due costellazioni; lo è durante
l’epoca di Arato di Soli (fra
il IV e il III secolo a. C)
che, nel suo “Phaenomena et prognostica” a proposito di
Andromeda e di α And scrive: “Anche
lassù ella è distesa, le braccia allargate; e anche in
cielo è in ceppi; e ininterrottamente anche levate son
le sue mani. Poi si avanza, con la pancia, sulla sua
testa, un gigantesco cavallo; e un astro in comune a lei
luccica in alto sul capo e a lui sull’ombelico”.
Questa duplice assegnazione di α And a Pegaso e ad
Andromeda, permane durante l’epoca di Tolomeo (II secolo
d.C.) e, dalla traduzione in arabo dell’opera Almagesto,
viene la denominazione di α And di “Al Ras al Mar’ah
as Musalsalah”, ossia “la testa della donna in
catene” e si legge contemporaneamente della stessa
(versione in latino), “Quae in umbilico est et
communis cum capite Andromedae”.
Johann Bayer, astronomo tedesco vissuto tra il XVI ed il
XVII secolo autore del primo atlante stellare completo,
l’Uranometria
(1603), proprio su questa opera la indica come caput
Andromedae ed aggiunge la denominazione
usata nel De Astronomia
di
Igino:
"Eadem enim stella & umbilicus Pegasi, & Andromedae
caput appellatur".
Alpheratz
è il vertice nordorientale
dell’asterismo che
prende il nome di Quadrato di Pegaso composto
dalle stelle Alpheratz, Scheat (β Pegasi), Markab (α
Pegasi) e Algenib (γ Pegasi)..
Insieme alle stelle Caph (b Cas) e Algenib (γ Pegasi),
Alpheratz costituisce il gruppo delle Tre Guide,
che servono per stabilire la posizione della linea
dell’ora zero di ascensione retta, il coluro equinoziale
ovvero il primo meridiano del cielo. Per l’astronomia
indiana del calendario induista di epoca vedica,
Alpheratz indica un
nakshatra, cioè una casa lunare, uno dei 27 punti in cui
è divisa l’orbita della luna; viene detto
Uttara Bhādrapada e condiviso con γ Pegasi. In
Cina, sempre con γ Pegasi, segnava la 25a
sieu, detta la Muraglia.
|
|
|
Mirach
Particolare gigante rossa dalla marcata variabilità,
cosa che, in alcuni periodi, la fa brillare di una
magnitudine superiore ad Alpheratz (oscilla tra i 2,01 e
i 2,10); ha uno spettro che evidenzia la presenza di
metalli neutri. Le fanno compagnia una nana di 14a
magnitudine, 800 volte più debole del Sole, oltre che
altre due stelle più evidenti, di 12a
magnitudine, quest'ultime compagne solo prospettiche di
Mirach.
Il nome
Mirach
è di origine araba (mi’zar) col significato di
cintura, corpetto o grembiule, in
linea con la posizione che questa stella occupa nella
rappresentazione della giovane principessa Andromeda.
Molti i nomi a lei attribuiti nei secoli: Super Mirat,
Mirat, Mirar, Mirath, Mirax,
Merach, Super Mizar. L’accezione Mizar
provocò non pochi fraintendimenti visto che Mizar è
anche una stella dell’Orsa Maggiore (z Ursae Majoris).
Se Alpheratz fu, in passato, associata alla
costellazione di Pegaso, Mirach lo fu alla costellazione
dei Pesci in alcune rappresentazioni antiche di origine
araba (la stella alpha dei Pesci ad indicarne Il
Cuore o Il Ventre). Sempre nei Pesci è nel
calendario lunare cinese e copto.
|
|
|
|
|
|
Ammassi e Nebulose
A
differenza di altre costellazioni, ricche di oggetti, la
Lira, vista anche la sua limitata estensione, ne
contiene solo 3 degne di nota, un ammasso globulare, un ammasso aperto
ed una nebulosa planetaria: M56,
NGC6791 e M57.
M56,
ovvero NGC6779, è un ammasso aperto posto a circa metà
strada tra
Sulafat (Gamma Lyrae) e
Albireo (Beta Cygni); essendo
perciò interessato dai confini della Via Lattea non è di
facile osservazione a causa della materia interstellare
che ne offusca la visione. Fu scoperto da Charles Messier il
19
gennaio 1779, contemporaneamente ad una cometa; pochi
anni più tardi, nel 1784, fu osservato e risolto da
William Herschel. Si estende per 85 a.l.,
dista 32.900 anni luce da noi con una magnitudine
apparente di 8,3 e contiene una dozzina di stelle variabili.
NGC6791 è un ammasso aperto molto antico con un’età che
si aggira intorno ai 7 miliardi di anni. Alcune delle
sue stelle, che si pensa siano circa 300, hanno una
magnitudine che oscilla tra 10 e 9.
La nebulosa
planetaria
M57 (NGC
6720) fu scoperta dall’astronomo
Antoine Darquier nel
1779. Nello stesso anno fu segnalata anche da Messier.
E’ una nebulosa molto bella dalla forma ad anello detta
perciò Ring Nebula. Facilmente individuabile, si trova
tra le stelle della Lira Sheliak e Sulafat, osservabile
con uno strumento amatoriale. La sua struttura è
controversa, alcuni studiosi ritengono si tratti di un
disco di materia, espulso dal collasso della sua stella
centrale, una nana azzurra che sta terminando il suo
ciclo, che ha una densità migliaia di volte superiore a
quella del Sole e una temperatura infernale di 100000 K
circa tanto da generare un’intensa radiazione
ultravioletta che illumina i gas che la circondano;
altri ritengono che la materia sia di fatto disposta a
creare un involucro sferico. Distante da noi 4100 anni
luce, ha una dimensione apparente superiore a Giove e
una magnitudine apparente di 8,8; è in veloce espansione
a circa 20-30 chilometri al secondo.
|
|
|
Ammassi di Andromeda
Nome |
Caratteristiche |
Note |
M56
NGC6779 |
Ammasso
globulare |
Si avvicina alla velocità di 145 km/sec
Fu descritta da Messier come "nebula
senza stelle" |
NGC6791 |
Ammasso
aperto |
Posto in una porzione di cielo
estremamente ricca di stelle. Distante 17.000 anni luce. La
caratteristica principale di questo oggetto è la strana forma
semicircolare delle componenti più brillanti. E' molto ricco di metalli,
ragione per cui viene studiato dagli astronomi in cerca di pianeti
extrasolari in ammassi aperti |
Nebulose
di
Andromeda
Nome |
Caratteristiche |
Note |
M57
NGC
6720 |
Nebulosa planetaria |
Si presuppone abbia un'età di 6.000 -
8.000 anni. E' la seconda nebulosa ed essere stata scoperta (15 anni
dopo la prima, M27) |
|
|
|
Curiosità e un po’ di storia legata ad
Andromeda |
|
|
La Lira rappresenta
l’omonimo e antichissimo strumento musicale a corde che
la mitologia greco-romana attribuiva all’invenzione del
dio Mercurio (l'Hermes dei greci). Quest’ultimo ne fece dono al fratello
Apollo che la donò, a sua volta, ad Orfeo, figlio della
Musa Calliope e del re della Tracia Eagro. Orfeo,
imparata l’arte della musica e del canto dalle Muse,
divenne sublime in queste arti, in grado di affascinare
anche gli elementi della natura. Una delle imprese di
Orfeo, dove la lira si rivelò fondamentale, fu quella
che visse dopo la decisione di unirsi agli Argonauti di
cui era cantore: suonando la lira salvò i compagni dalle
insidie delle Sirene. Alla morte di Orfeo la Lira
fu posta in cielo come costellazione.
A introdurla nelle carte
celesti del cielo boreale fu Tolomeo (85 circa – 165 d.c.)
Fino in epoca romana col
nome di Lira veniva anche ad essere indicata la stella
Vega; il nome della stella Sheliak (dall’arabo) stava a
significare “arpa bizantina” mentre Sulafat
“testuggine”, in ricordo del guscio di tartaruga usato
da Hermes per costruire la Lira
stessa.
La Lira però ha avuto
anche altri nomi ed altre raffigurazioni. Gli arabi la
chiamavano al-nasr-al-waki e cioè L’aquila (o
l’avvoltoio) in picchiata e con Al-waki
indicavano l’odierna Vega, nome che, trasformandosi, da Al-waki divenne Wega (così la indica Bode nel suo
atlante in cui denomina Vultur Lyrae la
costellazione) e infine Vega. Veniva perciò raffigurata
come un’aquila o un avvoltoio dalle ali distese lungo il
corpo in fase di attacco e Vega segnava il becco del
rapace. Nei pressi, su Altair e le stelle limitrofe,
ponevano un’Aquila ad ali spiegate.
Negli Atlanti
celesti successivi al medioevo è facile trovare una
versione che pare conciliare le due tradizioni: la
costellazione è rappresentata come una Lira che ha
dietro a sé un rapace in picchiata e, in seguito, con
un’aquila (appollaiato o meno) posta posteriormente a
questa.
La costellazione della
Lira detiene anche degli speciali primati: comprende la
prima stella ad essere stata impressa su lastra
fotografica (Vega, 1850) ed è stata (e sarà ancora) la
costellazione con la più bella stella polare che
potremmo immaginare di avere. Vega infatti, 14000 anni
fa, segnava il polo nord celeste e lo rifarà tra circa
12000 anni grazie al movimento
dell’asse, (asse del mondo) che descrive nel cielo un
cono il cui cerchio di base tocca due stelle opposte: la
stella Polare e la stella Vega (precessione
degli equinozi). |
|
|
|
|
|
Mitologia
di Andromeda |
|
|
Almeno
tre le storie mitologiche legate all’origine della
costellazione della Lira di cui sono a conoscenza e,
come spesso accade per questi racconti, talvolta uno
stesso mito possiede versioni differenti: è il caso del
mito di Orfeo e della sua leggendaria lira.
Uno dei miti della Lira proviene dall’oriente e da una
dolce ma straziante vicenda amorosa tra una tessitrice
(stelle della Lira) ed un pastore (Altair) separati per
sempre da un impetuoso corso d'acqua (la Via Lattea).
Un
altro racconto mitologico (ma che sembra avere origini
da personaggi e fatti che hanno un fondo di verità) relaziona la Lira al mito di
Arione, musico di Lesbo e figlio di Posidone al servizio
di Periandro, tiranno di Corinto. Erodoto racconta la
sua vicenda: "Arione
fu il più grande citaredo dell'epoca, il primo uomo a
nostra conoscenza a comporre un ditirambo*, a dargli nome
e a farlo eseguire a Corinto. Raccontano che Arione, il
quale trascorreva accanto a Periandro la maggior parte
del suo tempo, aveva deciso di compiere un viaggio per
mare fino in Italia e in Sicilia; là si era arricchito,
poi aveva deciso di ritornare a Corinto. Quando si
trattò di partire da Taranto, poiché non si fidava di
nessuno più che dei Corinzi, noleggiò una nave di
Corinto. Ma in mare aperto gli uomini dell'equipaggio si
accordarono per liberarsi di lui e impossessarsi delle
sue ricchezze. Quando se ne accorse cominciò a
supplicarli: era disposto a cedere i suoi averi e in
cambio chiedeva gli lasciassero la vita; ma non riuscì a
convincerli.
Gli dissero che doveva uccidersi, se voleva essere poi
sepolto nella terra, oppure gettarsi in mare. Allora
Arione, disperato, chiese il permesso, poiché avevano
deciso così, di cantare in piedi sul ponte della nave,
in completa tenuta di scena; promise di togliersi la
vita dopo aver cantato.
I marinai, felici di ascoltare il miglior cantore del
mondo, si ritirarono dalla poppa verso il centro della
nave. Arione indossò il suo costume di cantore, prese la
lira e cantò la più famosa delle sue canzoni, stando in
piedi sul ponte della nave. Quando ebbe finito di
cantare si gettò in mare così com'era, nel suo costume
di scena.
I marinai fecero poi rotta verso Corinto, mentre Arione
fu raccolto da un delfino e trasportato fino al Tenaro:
di qui si diresse verso Corinto, ancora in tenuta di
scena. Quando vi giunse narrò tutto l'accaduto a
Periandro, il quale, incredulo, decise di trattenerlo
sotto sorveglianza e di indagare sull'equipaggio della
nave.
Quando i marinai furono tornati, li fece chiamare e
chiese loro se potevano dargli notizie di Arione. Mentre
rispondevano che si trovava in Italia e che lo avevano
lasciato a Taranto in buona salute e fortuna, Arione si
mostrò davanti a loro, ancora vestito come quando era
saltato dalla nave. Restarono sbigottiti e ormai
incapaci di negare quel che avevano fatto.
Questo raccontano i Corinzi e i Lesbi; e sul Tenaro si
trova una piccola statua votiva di Arione, in bronzo: un
uomo in groppa a un delfino.
(Erodoto,
Storie I, 23-24)
Si racconta che fu Apollo stesso, protettore della
musica, a voler dare eternità a questa vicenda: assise
in cielo, composte da stelle vicine, la Lira di Arione e
un delfino.
*Ditirambo:
canto in onore di Dionisio
|
|
|
|
|
|
Ricordiamo infine il più noto tra i miti legati alla
Lira e che ci racconta sia la nascita di questo
strumento che le ragioni che hanno indotto gli dei a
renderlo eterno come costellazione.
Zeus, tra le sue innumerevoli compagne (consenzienti o
meno) ed i relativi figli nati da queste unioni,
annovera una delle sorelle Pleiadi, Maia. Nasce così
Hermes, un bambino che fin dalla culla si distingue per
le sue capacità sovrumane ma anche per le “birichinate”
tutt’altro che divine.
Hermes viveva con la madre in Arcadia, in una grotta sul
monte Cillene. Era ancora un neonato quando un giorno,
uscito dalla culla e dalla grotta, vede una innocua
tartaruga brucare l’erba. Hermes l’afferra e la uccise,
poi la ripulisce delle parti molli fino ad avere il solo
guscio tra le mani, la fora e vi tende sette corde di
intestino di mucca (sette come le Pleiadi). Era nata la
lira.
Una predilezione per gli animali? Forse, visto che non
pago si reca nella Piera, luogo sacro adibito al pascolo
dei sacri buoi. Ruba cinquanta capi che porta via; due
li destina a sacrificio divino e nasconde i restanti.
Probabilmente stanco (e pago) delle avventure ritorna
alla grotta e alla culla.
Gli armenti oggetto del furto appartenevano ad Apollo
che, accortosi del furto, si servì delle sue capacità
divinatorie per capire chi aveva osato fare ciò. Vede
così che il ladro altri non è che l’infante figlio di
Maia. Recatosi sul monte Cillene chiede a Maia di
rendergli conto dell’accaduto ma Maia non gli crede e
mostra il piccolo figlio dolcemente addormentato in
culla. Apollo perde la pazienza e non intende farla
passare liscia a quel furfante, seppur incredibilmente
piccolo, quindi prende il bambino e lo porta al cospetto
di Zeus, sull’Olimpo, reclamando giustizia. Il piccolo
Hermes è davvero un monello nato, nega, racconta storie
e bugie che divertirono Zeus ma poi è costretto a cedere
e ammette, finalmente, di avere preso lui gli armenti e
di averli nascosti. Giunti sul luogo Apollo ha l’amara
visione di due dei suoi sacri buoi debitamente squartati
e chissà che fine avrebbe fatto Hermes, vista la furia
incontenibile di Apollo, se il piccolo non avesse avuto
l’idea di tirar fuori la sua lira ed iniziare a suonare.
Quella lira si rivelò non un semplice strumento poiché
la musica che sprigionò ebbe il potere di sciogliere la
collera di Apollo il quale anelò di possederla e la
indicò come risarcimento per il danno subito. Hermes può
tenere anche il resto della mandria. Lo scambio è
accettato e da quel momento il dio Apollo diviene il
protettore delle arti musicali.
E’ di Eratostene la cronaca di come poi, Apollo, donò a
sua volta la divina lira al giovane Orfeo, affinché
accompagnasse i suoi versi con della musica.
Orfeo diviene il divino cantore, in grado di ammaliare
persino la natura con la sua musica e, la lira, ebbe la
sua parte nell’affascinare e conquistare la bella ninfa
Euridice.
L’essere la sposa di Orfeo non protegge però Euridice
dalle mire poco divini di Aristeo, figlio di Apollo, che
un giorno, mentre passeggia con le Naiadi in Tracia, è
insidiata da Aristeo non intenzionato a cedere al suo
rifiuto. Nel fuggire, Euridice inciampa su un serpente
che la morde mortalmente. Orfeo ne è distrutto, non è
intenzionato ad arrendersi nemmeno di fronte alla morte,
supplica gli dei di restituirgli l’amata e Zeus,
commosso, gli permette di scendere negli inferi. E' un
privilegio mai concesso ad anima viva e che non promette
di far ottenere quanto sperato; nessun morto è mai
tornato in vita.
Orfeo, “armato” della sua lira, suona per le creature
degli inferi arrivando a conquistarle, fa propria
persino il favore di Ade, dio del luogo. Orfeo ha quindi
il permesso di portare via la sua sposa ma ad una
condizione: durante l’ascesa al regno dei vivi non deve
mai guardare Euridice che camminerà dietro a lui poiché
il segreto della vita non deve essere, in alcun modo,
scoperto.
I due sposi si avviano per il lungo e buio cammino ed è
la lira a indicare ad Euridice la strada da percorrere.
Orfeo è felice ma è assalito da mille dubbi: è davvero
la sua amata a seguirlo? Gli dei hanno mantenuto la
promessa o si stanno prendendo gioco di lui? Resiste per
lungo tempo poi, quasi giunti alla meta… si volta e
guarda. E' la fine. Appena il tempo di rivedere l’amata
che ella scivola nell’oltretomba, stavolta per sempre.
Orfeo non si riprende più dall’evento, assalito dal
dolore e dal senso di colpa. Le sue musiche si fanno
sempre più tristi, smette di fare sacrifici in favore
del dio Dionisio curandosi solo di lodare Apollo
salutando tutte le mattine il disco solare e non
desidera avere accanto a se nessuna donna, tutto fino al
tragico epilogo della sua vita.
Diverse le versioni che lo descrivono: una racconta che
il dio Dionisio, contrariato, inviò dei suoi fedeli a
punirlo; essi lo uccisero e lo ridussero in pezzi
(Eratostene). Un’altra da la causa della morte di Orfeo
a dei briganti che lo assalirono nei boschi della Tracia
dove lui trascorreva i giorni a suonare la sua triste
musica. Un’altra ancora vuole Orfeo morire per mano di
un gruppo di donne che, contrariate dalla sua
indifferenza, presero un giorno a lanciargli sassi.
Eppure il suono della lira lo protegge, i sassi ed i
dardi vengono deviati come ubbidendo a quel suono
magico. Le donne allora presero a schiamazzare fino a
che, coperto dal baccano il suono della lira, i sassi
raggiungono il bersaglio. (Ovidio, Metamorphoses)
Muore Orfeo, tragicamente raggiunge infine la sua
Euridice. La Lira, il guscio di tartaruga con sette
corde costruito da Hermes, è gettato nel fiume Ebro ma
continua a suonare. Zeus non restò indifferente: la
recupera e la porta tra le stelle. Altri narrano che
furono le Muse, Zeus consenziente, a compiere il
giusto gesto.
“Eurydicenque
suam iam tutus respicit Orpheus”.
(Ovidio, libro XI, vv. 1-66 delle Metamorphoses). |
|
|
|
|
|
Data: 21 gennaio 2009 |
|
|
Autore: Margherita Campaniolo |
|
|
|
|
|