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DROP CIRCLES 2

 di Alessio Feltri

DROP CIRCLES

 

INTRODUZIONE

Questo lavoro trova la sua principale giustificazione, oltre che nell’ovvia volontà di dare un seguito al mio articolo di maggior successo, nella necessità di chiarire meglio il mio pensiero per quei lettori, specialmente se di lingua inglese, che dalle mie immagini avevano tratto la falsa impressione che io avessi ipotizzato l’esistenza su Marte di costruzioni fantascientifiche create da popoli scomparsi.

Come sempre ho lasciato le didascalie delle immagini in inglese allo scopo di facilitarne la comprensione per i lettori anglosassoni.

 

ANTICORPI PLANETARI

 

Una delle mie affermazioni più controverse è stata certamente quella che negava la natura da impatto alla maggior parte dei crateri del sistema solare. E’ ovvio che la negazione di un paradigma così condiviso porti a inevitabili polemiche, ma vi sono motivi precisi per i miei dubbi riguardo alle spiegazioni che sono state fornite negli ultimi decenni.

 

E’ innegabile che molti crateri possano essere stati causati da vulcanismo od impatti meteoritici, ma anche sulla Terra esistono crateri che hanno altre spiegazioni, dalle esplosioni termonucleari sperimentali ai fenomeni geologici di subsidenza (questi ultimi tra l’altro originati dalle cause più disparate). Tra i motivi che hanno portato la maggioranza degli scienziati ad orientarsi verso la spiegazione “balistica” vi sono le analisi geologiche, che hanno evidenziato come le rocce nei crateri siano state esposte a temperature e pressioni molto elevate.

 

Ma se la causa fosse arrivata non dall’alto, ma dal basso?

 

Quello che abbiamo visto in Endurance è che sono state censurate le immagini che mostravano come le pareti del cratere fossero costituite da anelli concentrici parzialmente perforati, quasi una specie di versione “naturale” di un acceleratore di particelle.

In molti dei grandi crateri sono state riscontrate anomalie elettromagnetiche e gravitazionali, spesso in presenza di ematite e quarziti, che quantomeno in via teorica non consentirebbero di escludere a priori tra le concause la presenza di “vortici” elettromagnetici in corrispondenza di interazioni tra il plasma ionizzato del vento solare, acqua  e strati magmatici profondi (o anche subsuperficiali nel caso di aree idrotermali).

 

Mi si dirà che non c’era motivo di ipotizzare un fenomeno di cui almeno apparentemente non abbiamo diretta esperienza, ma d’altra parte non ho mai avuto notizia neppure di un’eruzione vulcanica o di un impatto meteoritico che si lasci dietro degli anelli toroidali concentrici e regolari…

Le osservazioni sembrerebbero invece confermare ogni giorno di più le mie ipotesi, per cui penso sia opportuno approfondire meglio la questione, ricorrendo ad alcuni esempi concreti, quale per esempio l’immagine seguente, ripresa dal MGS in Aram Chaos.

 

 

Un primo elemento da considerare è la presenza sul fondo del cratere di un anello (GDU secondo la nomenclatura che ho usato in Star Trash) congiunto ai bordi mediante 3 canali principali più altri secondari poco visibili. Notate che il canale 1 confluisce in una specie di iniettore (o forse meglio definibile come “ignitor”) GDI semidiroccato, i cui intriganti dettagli sono meglio riscontrabili nella foto seguente.

 

 

Nei pressi sono poi visibili delle formazioni tubolari concentriche, simili a quelle che già avevamo incontrato su scala diversa in foto riprese dal Microscopic Imager dei rovers della missione MER.

Ora è bene precisare che, ad onta delle gigantesche dimensioni, queste strutture sono a mio parere organiche (o al più biogeniche), ma non artificiali e quindi i miei disegni sono da intendersi schematici e non realistici. In Drop Circles avevo già evidenziato la presenza dei 3 canali principali, ora quello che devo aggiungere è la frequente constatata presenza di altri 2 canali, che sembrano in realtà essere prodotti dal ripiegamento degli estremi di 2 dei canali principali, con modalità identiche a quelle che avevo evidenziato nel posizionamento sul terreno delle sferule in Vite al silicio e Universi paralleli.

Questa disposizione pentagonale a lati arrotondati trova una singolare coincidenza con la struttura del cosiddetto “atomo magnetico”, fotografato nel 1940 dall’estemporaneo e geniale inventore P.L.Ighina. Forse non ci sarà relazione tra le due cose, ma ho riportato l’immagine allo scopo di meglio chiarire come la disposizione dei canali sia indicativa, in quanto nella realtà gli elementi costitutivi appaiono deformati o irregolari.

Questa è comunque la struttura tipo alla luce delle considerazioni sopraesposte:

 

 

Di conseguenza lo schema panoramico tipo si presenta più o meno come nell’immagine seguente:

 

 

 

 

Come si vede gli elementi principali sono i toroidi concentrici lungo il perimetro, i canali orizzontali sul fondo del cratere e dei “tunnel” sia verticali che orizzontali, che incrociano il bordo del cratere stesso.

Al centro è spesso visibile una struttura circolare GDU, talora incorporata in picchi emergenti, mentre in altri casi il fondo è coperto da formazioni che sembrano dune. Ma le sorprese non sono finite, perché, ad onta delle interpretazioni ufficiali, le dune non sono dune.

Se osservate la prima immagine di questo articolo, vedrete che ho definito le dune lungo il bordo del cratere come “Rete Sinaptica”. Nei miei articoli precedenti ho mostrato come le similpietre marziane avessero origine biogenica imperniata su di una struttura portante a microscopiche maglie incrociate, ora vi mostrerò come praticamente gran parte della superficie visibile del pianeta potrebbe essere composta da uno strato di origine biogenica, sorretto da gigantesche costolature tubolari.

La cosa è particolarmente evidente in quei punti dove i pur moderati movimenti tettonici marziani hanno creato delle linee di frattura nel substrato, come in questa foto 3D dei canali di Acidalia.

 

 

Sorvolando sugli altri dettagli, osserviamo in particolare il settore in alto a sinistra.

 

 

Dall’immagine 3D potete vedere come quelle che sembravano dune siano in realtà enormi strutture tubolari irregolari rigide, che infatti risultano sospese lungo la linea di frattura, lasciando intravvedere la cavità sottostante. La cosa è verificabile in tutte le immagini satellitari del MGS e dell’Odyssey, pur con lievi variazioni morfologiche ecotipiche, come nelle foto seguenti, riprese in due punti di Aram Chaos (usate gli occhialini 3D!).

 

 

Pur se non comunicato al grande pubblico, il fenomeno è ben conosciuto, tanto che sono state avanzate varie ipotesi, tra cui quella più frequentata è che queste formazioni siano dovute a concrezioni progressive legate a fenomeni stagionali di sublimazione subsuperficiale, con possibile partecipazione di microorganismi concorrenti.

Ma per l’ennesima volta la realtà appare ancora più complessa e sorprendente.

Una delle interpretazioni più presenti nelle versioni ufficiali, è che le “textures” quadrangolari sul terreno, presenti in molte immagini del MGS, siano dovute fenomeni geologici dovuti a dilatazione termica, un po’ come succede sulla Terra nei deserti o sul pack.

Purtroppo le osservazioni smentiscono irrevocabilmente questa interpretazione e per dimostrarlo esaminiamo l’area scelta per l’atterraggio della missione Phoenix (a proposito, perché è stata scelta un’area di questo tipo se non c’era nulla di particolare?).

 

 

Oltre ai consueti canali concentrici e tunnel presenti lungo il bordo del cratere in basso, nei pressi è ben visibile (in 3D) l’intricata tessitura della rete sinaptica che sostiene il “terreno” circostante.

Ma ancora più significativa è l’immagine seguente, che mostra un’altra zona dello stesso sito.

 

 

Vi sono due elementi particolarmente significativi: il primo è che non siamo in presenza di lastre quadrangolari, bensì di maglie di canali pseudotubolari, come si vede chiaramente negli elementi incurvati nella depressione sulla sinistra dell’immagine 3D; il secondo è che in questo come in altri casi i canali sono indipendenti dalla geometria del substrato.

Una possibile spiegazione da sottoporre a verifica è che la superficie del pianeta sia stata “colonizzata” in passato da entità organiche (gigantesche colonie di microorganismi) che hanno avvolto il pianeta con un meccanismo analogo a quello impiegato dai nostri anticorpi in presenza dei virus.

(Prima che qualche solerte lettore mi prenoti un viaggio di sola andata per un centro di igiene mentale, preciso che l’ipotesi non è solo mia, bensì anche di quel Crick che con Watson ricevette il premio Nobel per la scoperta della struttura a doppia elica del DNA).

Dalle immagini marziane si può ricavare come la rete sinaptica si disponga nello spazio tridimensionale (sia microscopico che macroscopico) mediante connessioni ad “aste e nodi”, di cui potete vedere nell’animazione seguente un esempio schematico, imperniato sulla generazione di un “cestello” GDU.

 

 

L’aspetto intrigante di queste strutture organiche è che sembrerebbero fatte apposta per creare una camera toroidale di accelerazione per un flusso di plasma superconduttivo, limitato da un campo di confinamento, magnetico o inerziale che sia, a temperature variabili tra 150° e 200° K.

In questa eventualità gli “iniettori” GDI e le connesse formazioni pentatubolari rettilinee subsuperficiali potrebbero avere la funzione di fornire l’energia e la sovrapressione necessarie a provocare effetti antigravitazionali con la ricanalizzazione di flussi magmatici.

L’ipotesi è azzardata ovviamente, ma l’esposizione al vento solare non rende poi così impossibile il pensare che possano esistere dei dischi volanti quasi “vivi”, da cui poter trarre elementi per sviluppare una tecnologia energetica di nuova generazione; in fondo non sarebbe la prima volta che il nostro progresso trae linfa vitale dall’imitazione della natura…

La presenza di un effetto antigravitazionale potrebbe non essere solo una mia forzatura, ma forse una logica conseguenza, almeno se vogliamo dare un senso a dischi alti centinaia di metri e infissi nel terreno, come in questo dettaglio 3D di Aram Chaos (altro sito che come Sinus Meridiani manifesta la presenza di grandi quantità di ematite e di consistenti anomalie nel campo magnetico).

 

 

A parte l’indubbio spettacolo panoramico di un disco più grande di un grattacielo, è assai stimolante ipotizzarne i parametri di stabilità statica in fase costruttiva, pur in presenza di una gravità inferiore a quella terrestre.

Questo pensiero introduce nel modo migliore il prossimo capitolo, in cui vedremo i nostri enormi canali corrugati terminare in giganteschi gamberoni marziani.

 

SCHIAPARELLI AVEVA (QUASI) RAGIONE

 

 

In questa immagine il disco rosso isola un settore di Aram Chaos in cui è visibile un ampio canale che termina in una specie di estuario, meglio evidenziato nell’immagine seguente.

 

 

La freccia 2 indica una struttura che farà la felicità degli esoterici, perché è praticamente identica alla famosa “faccia” di Cydonia, ma è la freccia 1 quella su cui vorrei si soffermasse la vostra attenzione. Se osservate bene vedrete che la struttura che fuoriesce dal terreno termina in un disco traslucido coperto di sferoidi ed è circondata da altre strane formazioni. Purtroppo le strisciate NASA di dettaglio “stranamente” terminano subito prima del disco, comunque potete farvene un’idea dal seguente mosaico, in cui la parte sinistra è ricavata da una foto LR dell’Odyssey

 

 

Questa strana struttura non è comunque né unica né inverosimile, perché su Marte possiamo trovare entità organiche (fossili o meno) identiche ed anzi forse ancora più spettacolari. Ricordo la frase di uno scienziato del JPL che accennava al fatto che tutto quello che era visibile su Marte era in qualche modo una replica di analoghe forme terrestri, solo enormemente più grandi…

Insomma gli enormi canali ci sono, ma sotterranei, per cui Schiaparelli non avrebbe potuto vederli.

Ed è sulla base di questa premessa che possiamo analizzare la foto seguente, ripresa da un settore di Eos Chasma, in cui la larghezza dell’immagine (e quindi della “creatura” raffigurata) è di circa 3 Km.

 

 

Nella versione in basso ho riportato in falsi colori gli elementi principali.

I settori A,B e C si riferiscono ad una struttura ovoidale che potete ritrovare anche nella foto precedente di Aram Chaos, subito sopra il disco indicato dalla freccia rossa. In questo caso i vari settori appaiono come “strappati” l’uno dall’altro, forse per movimenti tettonici, e nel loro insieme sembrano essersi  allontanati dal settore D, corrispondente al “gamberone” della foto precedente.

Anche in questo caso le immagini mostrano come i canali corrugati terminino in strutture filamentose traslucide che inglobano strutture discoidali perpendicolari al terreno e identificate dai numeri in colore rosso. Nella foto seguente potete vedere un dettaglio del disco “fiorito” 1.

 

 

Il riquadro E individua invece un vecchio amico e cioè quello che sembra essere un “fratellino” (si fa per dire, visto che sarà lungo 200 metri) di quello che i tecnici NASA hanno sostenuto essere l’”heatshield” dei rovers.

 

 

 Ancora una volta ripeto che queste strutture non mostrano nessun carattere evidente di natura artificiale, per cui la costanza di forma porta all’ipotesi più probabile dell’origine biogenica, mediante connessioni multiple della rete sinaptica. Bisogna poi tenere conto del fatto che ben poco possiamo ipotizzare sulla loro morfologia subsuperficiale.

SCATOLE CINESI

Per il mio solito angolino delle curiosità ho scelto questa volta questa specie di “cassone”, di cui in passato avevo evidenziato il bel GDU sulla parte superiore.

 

 

Dato che è stato fotografato da Spirit 2 volte (Sol 148 e Sol 150) ne ho messo a confronto i risultati e a quanto pare una simpatica VRM (Vertebrate Remote Microhead) si è divertita a nascondersi…

 

 

Ma dato che in questi cassoni marziani coesistono decine di elementi inaspettati, ve ne segnalo un altro, scientificamente nullo, ma divertente e di indubbio valore artistico, che testimonia della costante tendenza della rete sinaptica a costituirsi in strutture antropomorfiche (a modo suo ovviamente).

 

 

In conclusione non pretendo certo di raccogliere consensi incondizionati per le mie opinioni (mi accontenterei di una blanda sopportazione), ma spero comunque di essere riuscito a stimolare i miei lettori a rivedere criticamente i risultati delle recenti esplorazioni spaziali, senza appiattirsi sulle versioni ufficiali, le quali, a seguito delle crescenti manipolazioni operate sul materiale fornito agli organi di stampa, conferiscono ai loro estensori la stessa autorevole credibilità di Topo Gigio.

ALESSIO FELTRI

DROP CIRCLES

 

 

 

Margherita Campaniolo

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