L’esame è semplice,
quasi banale per la moderna tecnologia del Dna: è quello che ha inchiodato
Diego Maradona alle sue responsabilità di padre. Ma questa volta la faccenda
è più complicata: il figlio senza padre è Cristoforo Colombo e da analizzare
c’è un pezzo di osso del suo scheletro, vecchio ormai di qualche centinaio
d’anni. L’idea di fondo, sostenuta da due studiosi, è quella di dimostrare
che lo scopritore dell’America non era figlio di un operaio della lana di
Genova e nemmeno del principe spagnolo di Viana, ma del Papa Innocenzo VIII.
Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di Biologia dell’Università è
disposto a procedere con l’analisi. Non è la prima volta che si occupa di
paleobiologia: lo ha già fatto per il Museo Etnografico di Roma su scheletri
della necropoli dell’Isola Sacra a Ostia.
«Il primo passo - spiega Redi - è la ricerca del Dna nel frammento osseo:
basta all’incirca un centimetro cubo di osso per procedere e noi ce
l’abbiamo. Non sempre, però, si riesce a trovare il Dna, soprattutto nei
reperti antichi: con il tempo, infatti, si degrada. Durante l’esame l’osso
verrà triturato perché sia facilmente aggredibile dalle sostanze chimiche
utilizzate per l’estrazione del materiale genetico. Il reperto quindi andrà
distrutto».
L’osso è costituito da una parte minerale inorganica e da una parte organica
che comprende anche cellule, gli osteociti: è da queste (oppure da cellule
del sangue eventualmente presenti dal momento che il tessuto osseo ha
un’irrorazione sanguigna) che deriva in Dna intrappolato nell’osso.
«E’ sufficiente trovare una piccolissima quantità di Dna - continua Redi -
che viene poi amplificata grazie a una tecnica chiamata Pcr o reazione a
catena della polimerasi. Questa metodica permette di moltiplicare piccole
sequenze di Dna per migliaia di volte e di ottenere così una quantità
adeguata di materiale genetico da paragonare con quello di altri individui.
Ogni individuo infatti possiede un’impronta genetica del Dna, una sorta di
codice a barre che è esclusivamente sua e che è simile a quella dei
consanguinei: ecco perchè si può stabilire la paternità in base alle
analogie del Dna. Non solo: la tecnica del Dna fingerprint è utilizzata
anche nelle indagini di polizia scientifica quando si deve confrontare
qualche reperto, tipo sangue o capelli, trovato sul luogo di un delitto con
il presunto colpevole».
Il secondo passo dell’indagine pavese, dunque, dovrebbe prevedere il
confronto del Dna trovato nell’osso di Colombo con altre sequenze.
Con quella del Dna di Innocenzo VIII per verificare se è davvero suo figlio.
O, a scelta, con quella del principe di Viana, l’altro padre ipotetico, o
del fratello Diego.
Perché non c’è soltanto da stabilire la paternità, ma anche da verificare se
il Colombo di Santo Domingo, cui appartiene l’osso custodito a Pavia, è
quello vero oppure è vero quello sepolto nella cattedrale di Siviglia.
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