"Di scientifico, il 3 gennaio, non è stato scoperto alcunché. Lo
sbarco della sonda Spirit è una ‘data storica’ per la
tecnologia spaziale. Tecnologia che non nasce studiando le
stelle, ma le pietre. Il guaio culturale è che le stelle
affascinano, le pietre no". E’ il commento rilasciato da
Antonino Zichici, presidente della "World federation of
scientists", allo sbarco della sonda americana Spirit,
raggiunta su Marte nei giorni scorsi da un altro "robot"
gemello, Opportunity. Abbiamo chiesto allo scienziato
siciliano i motivi della sua lettura "controcorrente" dello
sbarco, salutato con grande enfasi dai media.
Come giudica il grande impatto mediatico delle prime immagini da
Marte, e il tipo di "risonanza" di esse rispetto, ad esempio,
alle immagini dello sbarco sulla luna?
"Lo sbarco sulla luna ebbe una enorme risonanza e non saranno i
robot su Marte a battere l’impatto mediatico che ebbero le
imprese degli astronauti sulla luna. Quando David Scott – il
Comandante di Apollo 15 – fece cadere sul suolo lunare
una piuma e un martello, il grande pubblico restò a bocca
aperta. Ancora oggi c’è chi crede che se facessimo cadere da un
elicottero un carro armato e un martello, toccherebbe terra
prima il carro armato e poi il martello. L’esperimento della
‘piuma e del martello’ lo aveva immaginato Galilei, ma lo sanno
in pochi. Motivo: la scienza ha fatto tante scoperte ma a noi
scienziati è stato impedito, dalla cultura dominante atea, di
spiegare alla gente il vero significato delle scoperte
scientifiche. Significato che fu capito da Galilei: impronte del
Creatore. Se vivessimo l’era della scienza tutti saprebbero che
le immagini del suolo di Marte sono poca cosa rispetto alla
scoperta di Fermi sulla esistenza di una carica diversa da
quella elettrica. Carica detta ‘debole’: è la valvola di
sicurezza che permette al sole e a tutte le stelle di brillare
per miliardi di anni con estrema regolarità. Se non esistesse la
carica ‘debole’ non potrebbe esistere il cielo stellato. Questa
scoperta risale a oltre mezzo secolo fa, ma non ne ha mai
parlato nessuno. Del suolo di Marte ne parlano invece tutti.
Motivo: la cultura del nostro tempo è lungi dall’essere al passo
con la scienza. È pre-aristotelica. Infatti imperversano
oroscopi e magie".
Si può dire che l’interesse per una eventuale forma di vita su
Marte abbia riaperto anche il dibattito tra scienza e fede?
"Immaginiamo che venga scoperta una qualsiasi forma di vita su
Marte. E allora? Cosa apprenderemmo sulla struttura della
materia vivente? Risposta: nulla! Il vero problema è quello di
capire come avviene il passaggio da un pezzo di materia inerte a
un pezzo di materia vivente. Una pietra è fatta con protoni,
neutroni ed elettroni. Un passerotto è anch’esso fatto con gli
stessi protoni, neutroni ed elettroni. Il passerotto vive, la
pietra no. Immaginiamo che qualcuno riuscisse a trasformare una
pietra in passerotto. Questo sarebbe di gran lunga più
importante della scoperta di una qualsiasi forma di vita su
Marte. Ma c’è di più. Anche se si riuscisse a saper realizzare
il passaggio da materia inerte a materia vivente la posizione
dell’uomo di fronte al Cosmo resterebbe immutata. Siamo infatti
l’unica forma di materia vivente – l’unica tra centinaia di
migliaia – cui è stato donato il privilegio di riuscire a
scoprire le impronte del Creatore. Sono queste impronte la vera
frontiera della scienza galileiana d’oggi. Capire perché siamo i
soli privilegiati è il cuore del dibattito che lega la scienza
alla fede. Scoprire se esiste il ‘supermondo’ con 43 dimensioni
è la nuova frontiera della scienza, non se c’è vita su Marte".
Quali prospettive si aprono dopo le indagini di Spirit
sul pianeta rosso?
"Prospettive di natura tecnologica, poche. Il motivo è presto
detto. Se oggi l’uomo può spedire sonde e robot su Marte il
merito non è degli studi e delle ricerche di natura astronomica
e astrofisica. La tecnologia per realizzare missili, navicelle
spaziali, sonde e robot nasce nei nostri laboratori, qui sulla
Terra, studiando le moderne pietre galileiane. Galilei fece
notare che le impronte del Creatore (leggi fondamentali che
prima di Galilei nessuno era riuscito a scoprire) non sono
soltanto nei corpi celesti, ma in qualsiasi oggetto. Anche in
una pietra. Ed è studiando le pietre che siamo arrivati a
scoprire l’esistenza delle tre ‘pietre’ galileiane moderne: il
protone, il neutrone e l’elettrone; di esse è fatta ogni cosa,
inclusi noi stessi. Le indagini di Spirit sul pianeta
rosso ci potranno dire tante cose su come è fatto Marte, da dove
viene, ma non contribuiranno alla invenzione di nuove
tecnologie, che nascono nei nostri laboratori, qui sulla Terra.
E nascerebbero lo stesso, anche se smettessimo di passeggiare su
Marte. Le pietre galileiane del terzo millennio non sono più i
protoni, i neutroni e gli elettroni, ma i quark e i leptoni. Le
nuove grandi invenzioni tecnologiche verranno, ancora una volta,
dallo studio di queste pietre. Studiandole sapremo inventare le
tecnologie per riuscire a passeggiare tra le stelle: non lo
sappiamo fare. Marte è dietro l’angolo, rispetto alla stella a
noi più vicina".
|
|