Sessant'anni d'UFO

 
     
 

Nasce la "Questione UFO"  

 
     
 

Come se ne parlava in Italia nel 1950?

 
 

Parte prima

 
 

di Margherita Campaniolo

 
     
 

Sessant'anni d'Ufo. Questo il numero di anni trascorsi dacché, a seguito dell'avvistamento ad opera del pilota civile Kennet Arnold, il 24 giugno 1947, nasce la "Questione ufo". Buon compleanno ufologia, un compleanno che è stato ricordato un po' ovunque e degnamente celebrato dal CISU (Centro Italiano Studi Ufologici) con un convegno internazionale di altissimo livello a Saint Vincent, nella settimana dal 18 al 23 giugno scorso.

E nell'Italia di quegli anni lontani? Quali i commenti e le idee sull'argomento?

Troppi gli anni trascorsi per trovare facilmente testimoni del tempo o inquirenti e giornalisti che se ne occuparono ma esiste una memoria storica fatta di testimonianze scritte alla quale possiamo attingere e che ci regalano uno spaccato preciso di quell'epoca. Una di queste mi arriva, inattesa e gradita, attraverso il dono di due numeri del settimanale Oggi del 1950, numeri scovati sui banchi di un mercatino dell'antiquariato.

Ciò che leggerete a seguire ci dà il chiaro indice di come queste tematiche fossero, nel 1950, tutt'altro che prese sottogamba; è piacevole il tono di questi articoli, estremamente dettagliati, ricchi di riferimenti e che rivelano il desiderio di comprendere, di ragionare, di capire.

Ciò che stupisce invece, rispetto all'approccio odierno con la questione ufo, è l'assunto, chiaro e netto, nel ragionamento contenuto in questi articoli: nessun dubbio, ciò a cui assistevano da ormai 3 anni (1947-1950), un po' ovunque, era l'apparizione e l'evoluzione di dischi, "dischi volanti", seppur costantemente posti tra virgolette. Altri gli interrogativi contenuti: sono frutto dell'ingegno umano? Chi ne sono i "proprietari"? Da dove arrivano? Come funzionano?

Si tratta di pagine fragili e piuttosto ingiallite, intrise di odore di chiuso e muffa che nulla hanno di "nuovo" eppure, nel leggerle, mi hanno lasciato una sensazione di "freschezza". A sessant'anni di distanza, gli interrogativi restano simili, ed oggi, come allora, mille sono le domande e quasi zero le certezze. Anzi, meno d'allora, perché se è pur vero che quell'uomo appare essere un ingenuo di fronte ad eventi celesti e molto più indietro nel campo delle conoscenze astronomiche e fisiche, quei testimoni riportano la visione di qualcosa di reale e tangibile, dischi, oggetti fisici e strutturati.

Mi chiedo se essi avrebbero mai immaginato che, a tanti anni di distanza, così poco sarebbe cambiato... Noi, come loro; raccogliamo dati, testimonianze, foto, per un fenomeno che, seppur mutato per alcuni aspetti, non accenna a svelarsi, ma che i loro "dischi", assunto delle loro osservazioni, sarebbero quasi scomparsi, talmente rari che qualora oggi una testimonianza ne ravvisi la possibile comparsa, si fa meno fatica a liquidarla come un'errata percezione che come fatto realmente osservato; chissà cosa penserebbero del fatto che nel leggere dei "loro" dischi volanti,  ufologi del 2007 non resistano dalla tentazione di inquadrare tutta la loro generazione di osservatori e testimoni come fatta d'individui condizionati dalla fantascienza, dal sentito dire, dall'ondata mediatica e non in grado d'"usare" correttamente i propri occhi. E a questo punto che quei sessant'anni, così vicini a noi per le domande che ci accomunano, ci appaiono davvero tanti, estremamente lontani. Ma ciò che è "lontano" è corretto perda, proprio in virtù di ciò, dignità e valore? Riteniamo davvero vada tutto letto con un mezzo sorriso, con l'atteggiamento di chi guarda dall'alto in basso come adulti nei confronti di bambini? Io credo di no. Stessa sorte toccherà a noi quando, tra altri sessant'anni, saranno lette le cronache ufologiche di oggi e, se potessimo assistervi, avremmo la sensazione di aver "vissuto" ed operato inutilmente.

Cos'è allora il fascino dell'ufologia, un fascino immutato, unico, inalterabile? Ci misuriamo con un inafferrabile mistero di fronte al quale tutto viene, continuamente, messo in discussione. E allora cos'è che ci vede ancora qui, ieri come oggi, a parlare ed occuparci di UFO?

 

 
     
 

 

Anno VI - N. 47 - 23 Novembre 1950 * OGGI - SETTIMANALE DI POLITICA ATTUALITA' E CULTURA *SPAD. ABB. POST. GR II * LIRE CINQUANTA

Riassunto della prima puntata:  Lo scienziato inglese Heard inizia la sua sensazionale inchiesta sui "dischi volanti" con una rassegna di fatti e dei dati da lui raccolti in America. Egli racconta d'apprima l'avventura di Kenneth Arnold, l'industriale americano che il 24 giugno 1947 avvistò per primo, mentre pilotava il suo aeroplano privato, nove dischi volanti nel cielo di Boise (stato di Idaho) riuscendo a determinarne la velocità che si aggirava sui 1600 km orari. La seconda testimonianza, citata da Heard, è quella del pilota della "United Air Lines", il quale avvistò, in navigazione, cinque dischi volanti. Il terzo documento noto come "l'esplosione all'isola Maury", riguarda sei "dischi" avvistati a cinque chilometri dal porto americano di Tacoma, sul Pacifico, dal comandante della polizia portuale Dahl, il quale si trovava in una barca insieme al figlio e a due marinai. Questo equipaggio vide esplodere un "disco" sull'isolotto citato e da esso cadere due pezzi di metallo i quali, raccolti e analizzati, risultarono costituiti da roccia vulcanica. L'autore prosegue citando il caso di un misterioso "siluro volante" avvistato dal capitano Chiles nel cielo del Texas ed il drammatico inseguimento di un "disco" fatto dal caccia del capitano Mantell, il 7 gennaio del 1948, nei pressi del Forte Knox. In questa avventura il pilota trovò la morte. La prima puntata si chiudeva con la descrizione di un "duello aereo" avvenuto tra il pilota George Gorman e un misterioso globo luminoso apparso il 1° ottobre del 1948 nel cielo dello Stato del Nord Dakota.

 
     
 

I DISCHI VOLANTI VENGONO DA UN ALTRO MONDO?

 
     
 

IL DISCO ASCENDEVA

 
 

A 28 MILA CHILOMETRI ALL'ORA

 
     
 

Nel Nuovo Messico, un disco volante ad una velocità che avrebbe ucciso all'istante qualsiasi creatura umana

 
     
 

* SECONDA PUNTATA * La tragedia del capitano Mantell costituì una pietra miliare nella storia delle indagini in materia di "dischi volanti". Fino a quel giorno, infatti, si ritenne che l'apparecchio da caccia o l'osservazione nel cielo costituissero i mezzi migliori per ottenere le prove desiderate: ma quando si costatò che i "dischi" sfuggivano ad ogni inseguimento e che l'accostarsi a loro poteva anche riuscire pericoloso, l'interesse si concentrò allora sull'osservazione da terra, che, se effettuata con gli strumenti adatti, può riuscire estremamente utile e accurata. Il primo esempio del genere lo si ebbe il 20 febbraio 1948 e, per una bizzarra coincidenza, proprio a Boise, la città di Kenneth Arnold, il primo scopritore ufficiale dei "dischi". Quel giorno, un piccolo gruppo di tecnici della società elettrica dell'Idaho, era intento a compiere delle misurazioni in una località chiamata Emmet. L'ingegnere Hall stava manovrando il suo teodolito, che è uno strumento geodesico per la misurazione degli angoli. D'improvviso uno dei tecnici gridò a Hall: Guarda, guarda cosa passa nel cielo!". Hall fissò l'occhio del cannocchiale, chiamò un assistente e gli dettò velocemente i seguenti dati: "Altezza milleduecento metri. Dimensioni del disco simili a quelle di un piccolo apparecchio da caccia. Nessuna scia di vapore: noto però dietro al disco una specie di emissione...", e a questo punto Hall non sapeva trovare una definizione finché disse: "...una specie di emanazione fioccosa, come se vi fosse della panna montata. La macchina è bianchissima. Silenziosa come un uccello".

Le stesse osservazioni venivano fatte nel contempo da altri due tecnici, accanto a Hall, essi pure muniti di teodoliti: ad un certo punto, il "disco" prese a scendere, sempre più in basso, fino a raggiungere i seicento metri. Pur essendo così vicino alla terra, non si udì provenire da esso rumore alcuno. Poi, lentamente, scomparve dietro un colle.

 
     
     
  "NON SONO UNO SCHERZO"  
     
 

Altri 14 mesi dovettero trascorrere prima che avvenisse un'altra osservazione così accurata per mezzo di un teodolito. Questo episodio, verificatosi nell'aprile 1949, è di enorme importanza, poiché il passaggio del disco venne seguito e controllato da un esperto il quale per anni si era dedicato allo studio di razzi e che facevano parte del campo sperimentale per il lancio di proiettili a razzo di White Sands, nel Nuovo Messico. Questo esperto, nell'aprile dell'anno scorso, era stato incaricato di portarsi a circa un centinaio di chilometri dal punto di lancio di questi super-razzi e di compiere, da quella località, le sue osservazioni per mezzo di un teodolito e di altri strumenti scientifici. Era l'una del pomeriggio: cielo limpidissimo. L'osservatore si trovava appunto, dietro i suoi strumenti, per compiere le misurazioni relative all'ascesa di un palloncino per rilievi atmosferici. L'aerostato era già in alto quando d'un tratto l'attenzione dell'uomo venne attratta dal passaggio di un altro corpo. Si trattava di un "disco", del diametro di circa trenta metri.

L'ordigno volava in direzione orizzontale, senza emettere suono alcuno. Poi, come se la sua attenzione fosse stata attratta dalla presenza del palloncino che navigava più in alto, Il "disco" si mise a salire e e fu appunto questo fenomeno che gettò l'osservatore in uno stato di assoluta stupefazione. La velocità ascensionale del "disco" era infatti di ben 28 mila chilometri all'ora, una velocità che l'uomo ebbe la possibilità di calcolare con accuratezza per mezzo dei suoi strumenti. In pochi secondi, il "disco" sorpassò il  il palloncino e si perdette nel cielo. Il fenomeno venne seguito anche da altri gruppi di osservatori i quali, quando compararono i dati raccolti, constatarono che la cifra relativa alla folle velocità era perfettamente esatta. Una velocità che ucciderebbe all'istante qualsiasi creatura umana.

Gli esperti in razzi di White Sands ebbero nel giugno dello stesso anno la possibilità di seguire un altro affascinante episodio. Un razzo era stato lanciato da terra ed era giunto a circa seicento metri di altezza, quando attorno ad esso giunsero d'improvviso due "dischi volanti". I due "dischi" che avevano un diametro di circa 60 centimetri. Si posero subito accanto al razzo e lo seguirono, nella sua ascesa, per un tratto di tempo. Poi, come se si fossero seccati del rumoroso compagno, aumentarono la velocità e sparvero nel cielo. Nel frattempo, qualcosa di molto importante era avvenuto. Le autorità militari americane, le quali, in un primo tempo, avevano accolto sorridendo ogni notizia relativa ai "dischi volanti" si erano poi arresi di fronte alle testimonianze di esperti e di piloti degni di fiducia. Il 30 dicembre del 1947, il governo degli Stati Uniti annunziò ufficialmente la costituzione di un Centro di studi sui "dischi volanti" dal nome ufficiale di "Project Saucer". Si trattava di un ente autonomo cui dovevano portare il proprio contributo personalità eminenti nel campo della scienza, astrofisici, esperti elettronici, meteorologi: il Centro si sarebbe servito, per le osservazioni, sia di potenti telescopi, sia di apparecchi radar. Non passò molto tempo che dei brevi resoconti, e forse meglio chiamarli bollettini, vennero diffusi dal Centro. In questi bollettini si ammettevano l'esistenza di strani oggetti non identificati volanti nell'aria, ma ci si rifiutava di precisarne la provenienza e le caratteristiche.

Il Centro per lo studio dei "dischi volanti" prese anche un'altra utile iniziativa: esso fece diffondere per tutti gli Stati Uniti una specie di richiesta rivolta ad ogni singolo cittadino, in cui si diceva: "Vi preghiamo di segnalare alle autorità governative qualsiasi cosa che voi osserviate nel cielo. I "dischi volanti" non sono uno scherzo. D'altra parte essi non debbono neppure costituire per noi motivo di allarme". Passarono altre settimane, e cosa avvenne? Il Centro di studi si trasformò in un mistero. Cessò di diffondere rapporti o comunicati. Continuò i suoi lavori in gran segreto e fece solo sapere che non vi era nulla di interessante da segnalare. L'alto comando dell'aviazione americana fece subito dopo una dichiarazione ancora più categorica: disse infatti: <<E' necessario rendere noto che in base ai dati ai nostra disposizione siamo in grado di affermare che non esistono, in modo assoluto "dischi volanti">>.

Fu a questo punto che insistente si diffuse nel mondo la voce che questi strani oggetti vaganti nell'aria erano armi americane, armi ancora in fase sperimentale e su cui, logicamente, gli Stati Uniti volevano mantenere un segreto impenetrabile. La voce si fece così diffusa che, nel marzo di quest'anno, il ministero dell'aviazione americana si sentì costretto a fare la seguente dichiarazione: <<Smentiamo in modo assoluto tutte quelle supposizioni secondo cui noi saremmo intenti a fabbricare armi del tipo del tipo descritto dai giornali>>.

 
     
     
  LA SFIDA DEL GIORNALISTA  
     
 

La questione parve chiusa ma non lo era perché poche settimane dopo, mentre altri dischi volanti venivano segnalati da diverse parti dell'America, un autorevolissimo giornalista lanciava una sfida al governo americano, sfida di cui siamo in grado di precisarvi sia i dettagli sia (e questo è più importante) l'attendibilità.

La sfida alle affermazioni delle alte autorità americane, secondo cui i dischi volanti non esistevano e tantomeno erano prodotti dagli Stati Uniti d'America, venne lanciata da Henry Taylor, uno dei più noti giornalisti americani. Parlando a Los Angeles, in pubblico, su questo argomento, egli fece, l'anno scorso, questa rivoluzionaria dichiarazione: <<Se per combinazione uno di voi trovasse un "disco volante" e ciò non è facile poiché questi ordigni sono fatti di un materiale che dopo un certo periodo si disintegra nell'aria, questa fortunata persona noterebbe immediatamente la presenza sul "disco" di questa interessante scritta in lettere maiuscole:

Segreto militare dell'aviazione degli Stati Uniti (poi un numero). Chiunque danneggi questo aereo o ne riveli le caratteristiche e la dislocazione sarà punibile a termine di legge. Rivolgetevi subito a questo indirizzo (segue il numero del telefono e l'indirizzo di una base aerea americana), affinché l'aereo venga raccolto>>.

La dichiarazione di Taylor ebbe lo stesso effetto di un'esplosione. Marina, esercito e aviazione si affrettarono a diffondere comunicati in cui le affermazioni di Taylor venivano smentite dalla prima parola all'ultima. La questione giunse persino all'esame del presidente Truman il quale negò, egli pure, l'esistenza di queste armi segrete. Quasi a voler mostrare al mondo che l'America considerava chiuso l'argomento, il governo, nel dicembre dell'anno scorso, annunziò ufficialmente la chiusura del Centro nazionale per lo studio dei "dischi volanti" costituito alla fine del "47. Nonostante le dichiarazioni di Taylor e le controdichiarazioni governative, numerosi scienziati americani continuarono a rivolgere la loro attenzione al sorprendente fenomeno, sempre più convinti che questi misteriosi "dischi" provenissero da un mondo o da mondi del tutto estranei alla terra. Questa tesi venne rafforzata da altre apparizioni di "dischi" in diverse zone dell'America, nei primi mesi di quest'anno: "dischi" vennero segnalati dalla Pennsylvania, dal Texas, dalla California e dall'Arizona, e precisamente a Tucson ove il primo di febbraio i cittadini assistettero, durante il tramonto, al passaggio di un grande "disco" che lasciò dietro di sé una lunga scia di fumo nero.

Ma la segnalazione più interessante e più autorevole provenne da una base navale cilena nella zona antartica. Il comandante di marina Augusto Orrego colà dislocato, comunicò infatti il passaggio, nottetempo, di numerosi "dischi" i quali, secondo le sue parole, avrebbero roteato "a velocità formidabile, uno sopra l'altro". Il comandante Orrego dichiarò inoltre, in quell'occasione: <<Possediamo numerose fotografie di questo fenomeno, ma esse sono di proprietà della marina cilena e non possono quindi essere pubblicate>>.

 
     
     
  "SONO VERI"  
     
 

Dopo tutte queste testimonianze pochi sono coloro che possono rifiutarsi di credere all'esistenza di queste strane navi del cielo. La domanda fondamentale è quindi questa: da dove provengono questi "dischi"? Accettiamo per un istante la tesi di coloro secondo cui questi "dischi volanti" sarebbero prodotti da uomini, sulla terra, e cerchiamo di scoprire da quale paese questi misteriosi aerei potrebbero partire. Cominciamo dagli Stati Uniti.

E' facile costatare immediatamente che questi "dischi volanti" non possono essere macchine sperimentali dell'aviazione americana. La ragione è evidente: numerosi sono i piloti che hanno affermato di essersi imbattuti in "dischi" procedenti in modo contrario a tutti i regolamenti di volo e senza alcuna considerazione per le rotte fisse degli apparecchi civile. Basti ricordare il caso del capitano Chiles il cui apparecchio stava per scontrarsi con uno di questi ordigni volanti sull'aeroporto di Houston, e il caso del capitano Roberto Adickes che, il 28 aprile di quest'anno, si trovò a brevissima distanza da un "disco volante". L'apparecchio di Adickes con 19 passeggeri a bordo stava infatti volando nel cielo degli Stati Uniti quando un "disco" gli si fece accanto e, per ben cinque minuti, continuò a procedere al suo fianco. Da esperto pilota, il capitano Adickes dichiarò appena a sceso a terra: <<Chiunque faccia volare queste macchine, la realtà è che esse sono estremamente pericolose per gli altri aerei>>. Ora, come potrebbe il governo americano assumersi la responsabilità di lanciare nel cielo aerei sperimentali che, da un istante all'altro, potrebbero scontrarsi con apparecchi civili e provocare la morte di decine di persone? E, ammesso per ipotesi che sia veramente il governo a lanciare nell'aria questi "dischi", perché non provvede allora a rendere nota la loro rotta agli aeroporti civili e militari? Ciò che è sorprendente è come questi ragionamenti così elementari vengano del tutto trascurati da persone grandemente autorevoli per competenza e posizione. E' questo il caso del capitano Eddie Rickenbacker, ex asso d'aviazione ed ora presidente della "Società linee orientali americane". L'undici giugno di quest'anno gli venne chiesto quale fosse la sua opinione sui "dischi volanti" ed egli rispose: <<Sono veri. Troppe persone di buon senso li hanno visti per essere allucinazioni. Essi non provengono né da marte né dalla Russia, ma bensì dai campi dell'aviazione americana>>. La dichiarazione di Rickenbacker è molto interessante: ma è interessante solo in quanto ammette l'esistenza dei "dischi" e non per quanto si riferisce alle iniziative americane in questo campo che, abbiamo dimostrato, non possono assolutamente sussistere.

Sono allora i "dischi volanti" di produzione sovietica? Anche a questa domanda si può rispondere con sicurezza di no. Punto primo: per produrre, su così larga scala, aerei tanto possenti, è indispensabile l'esistenza di impianti industriali di proporzioni imponenti. E' a nostra conoscenza il fatto che l'Unione Sovietica non possiede l'attrezzatura industriale aeronautica di tale ampiezza. Secondo: se i russi avessero veramente questi "dischi volanti" perché mai dovrebbero lanciarli continuamente sugli Stati Uniti, correndo il rischio che questi ultimi si impadroniscano del prezioso segreto? La storia dimostra che chiunque possiede una nuova arma non la va a mostrare al suo rivale.

Se l'Unione Sovietica non è la produttrice di questi "dischi", chi potrebbe allora esserlo? La Gran Bretagna? La Gran Bretagna è senza dubbio alla testa di tutto il mondo nel campo degli aerei a reazione, ma, anche ammettendo che i "dischi" escono dagli stabilimenti inglesi perché mai, ci si chiede, essi verrebbero lanciati sugli aeroporti e sulle città degli Stati Uniti? La risposta è quindi: i "dischi" non provengono dall'Inghilterra. Esaminiamo ora la tesi avanzata da alcune persone secondo cui queste navi del cielo nascerebbero in Spagna, Paese ove si sono rifugiati molti ingegneri aeronautici tedeschi di gran valore. La tesi è  facilmente confutabile. Basta porre questa domanda: con quali mezzi la Spagna, che non è mai stata neppure in grado di buttare sul mercato un'automobile di successo riuscirebbe a costruire aerei di una potenza che ha più del fiabesco che del reale? Lo stesso, sotto un certo punto di vista, vale anche per l'Italia e la Francia, Paesi che, seppure ricchi di abili tecnici, non posseggono l'attrezzatura industriale necessaria per la produzione di questi mostri del cielo. Scartati gli Stati Uniti, la Russia e l'Europa, quali altri paesi ci rimangono da prendere in esame? nessuno poiché anche ricchi territori come il Sud Africa, la Nuova Zelanda e l'Australia sono notoriamente privi di industrie aeronautiche così perfetta da permettere la fabbricazione di simili macchine. Abbiamo così girato tutto il mondo alla ricerca del trampolino di lancio dei "dischi volanti". Siamo rimasti a mani vuote. Ma d'altra parte un trampolino di lancio questi ordigni debbono averlo: la nostra mente si rifiuta di pensare che essi non siano altro che dei corpi eternamente rotanti nell'aria. Ma se vogliamo arrivare a raffigurarci, seppur vagamente, il tipo di base da cui questi "dischi" possono partire è necessario che ci dedichiamo innanzitutto allo studio della forma dei "dischi volanti", forma che, come abbiamo già detto, non è sempre la stessa. Quando avremo una più chiara idea della struttura esterna di queste macchine, esamineremo la loro velocità e i mezzi di propulsione. Lungo questa via potremo giungere a delle conclusioni di alto interesse.

 
     
     
  DISCHI "STANDARD"  
     

 

Innanzi tutto sembra esservi un "tipo standard" di dischi, il tipo più comunemente segnalato, quello che apparve sotto gli occhi di Kenneth Arnold nel giugno del "47: questo "disco volante", secondo le diverse testimonianze, pare abbia un diametro di circa trenta metri. Subito dopo troviamo altri due "tipo standard": il "disco" di circa novanta centimetri di diametro e quello di circa sessanta centimetri. Di quest'ultimo tipo erano i due "dischi" che, dall'osservatorio di White Sands, furono visti, chiaramente, affiancarsi nell'ascesa ad un razzo sperimentale di fabbricazione americana. La maggior parte di questi "dischi" è di forma rotonda e piatta: altri invece mostrano a poppa una specie di protuberanza. Ma i "dischi" di trenta metri di diametro non sono i più grandi: abbiamo ormai prove sufficienti per affermare che esistono giganteschi "dischi" di circa duecentocinquanta metri di diametro, macchine che sono ormai state definite le navi ammiraglia della misteriosa flotta celeste. Il primo "disco" di queste proporzioni venne avvistato da un pilota privato, uomo tutt'altro che impressionabile, il quale segnalò anche che la velocità di questo mostro dell'aria era il triplo di quella di un aereo a reazione. Il secondo "disco" gigante venne visto da centinaia e centinaia di persone il 22 marzo di quest'anno. Il passaggio si verificò nel cielo di Idyllwild, una deliziosa località di villeggiatura fra le montagne della California, una cittadina che, per tutto l'anno, gode di un cielo sereno e di un clima mediterraneo. Erano la prime ore del pomeriggio: centinaia di cittadini stavano col naso in aria intenti a seguire le acrobazie di due caccia a reazione. Fra gli spettatori vi erano anche due militari, due sergenti di aviazione, la cui testimonianza ha un enorme valore. I due uomini, Bill Elder e Bob O'Hara, avevano infatti una vista non solo perfetta, ma anche allenatissima: Bill Elder si era specializzato come avvistatore degli apparecchi in picchiata e Bob O'Hara come avvistatore su idrovolante degli apparecchi caduti in mare. I due militari erano inoltre muniti di potenti binocoli militari. Al di sopra dei due caccia, molto molto al di sopra, apparve ad un tratto un gigantesco aereo: velocissimo esso attraversò il cielo da oriente ad occidente. Nonostante la fantastica altezza a cui volava tutti riuscirono a notare che il "disco" era di proporzione mai viste: la massa degli spettatori si accontentò di osservare lo spettacolo, i due militari fecero anche degli interessanti calcoli. Tenendo conto della probabile altezza e della durata del passaggio, essi dedussero che il diametro del "disco" doveva essere di circa duecentocinquanta metri e che la sua velocità era superiore a quella di qualsiasi altro aereo costruito dall'uomo. Entrambi i militari si trovarono d'accordo nel sostenere che, a poppa del "disco", sporgeva una grande pinna che sembrava agitarsi continuamente durante il rapido volo.

 

     
     
  IL SOMMERGIBILE VOLANTE  
     

 

Riassumiamo, dunque. i "dischi" apparsi fino ad oggi ai nostri occhi rientrano, più o meno, in queste quattro categorie: 60 centimetri di diametro, novanta centimetri, trenta metri, duecentocinquanta metri. A questi "dischi" di forma piatta e rotonda possiamo poi aggiungere quelli a forma di siluro, segnalati la prima volta dal capitano Chiles e la seconda volta, nel maggio di quest'anno, dal capitano Sperry. Quest'ultimo, un pilota di valore, volando da Washington verso la Virginia, notò l'apparizione improvvisa, sul suo capo, di una specie di "sommergibile volante": lo straordinario aereo girò per ben due volte tutt'attorno al trimotore di Sperry poi scomparve velocissimo.

Passiamo ora dal problema della struttura esterna al problema della velocità. Innanzi tutto, quali sono i limiti di velocità di questi "dischi" volanti? La risposta che possiamo dare in base alle testimonianze a nostra disposizione è elettrizzante: un "disco volante" può portarsi infatti da uno stato di completa immobilità nell'area ad una velocità di ben 28 chilometri all'ora, come costatò, nell'aprile del 1949, per mezzo di strumenti scientifici, osservatori del campo sperimentale per il lancio di razzi a White Sands. La capacità di accelerare di queste macchine è ancor più incredibile: così impressionante da sfuggire persino alla nostra immaginazione. L'altro punto che le nostre menti faticano ad afferrare è quello relativo alla forza che permette a questi "dischi" di solcare velocissimi gli spazi del cielo. La tesi più attendibile a questo proposito è quella secondo cui i "dischi" sarebbero controllati a distanza ma anche tale tesi presenta difficoltà per il nostro cervello.

Ricordiamo infatti il caso del capitano Chiles: un siluro volante manovrò accanto al suo apparecchio con tale destrezza da passargli di fianco a brevissima distanza. Ricordiamo il caso del pilota Gorman il quale si trovò a duellare nel cielo, di notte, col suo apparecchio da caccia contro un piccolo globo luminoso che gli sfuggiva con l'abilità di un asso d'aviazione, che gli passava di fronte, di sotto, di sopra, come fosse guidato da una mano magica. Orbene, se i "dischi" sono veramente controllati a distanza, questo controllo deve essere di una tale precisione ed accuratezza da sconvolgere la nostra immaginazione. Ma l'ostacolo è forse questo: che cioè, quando affrontiamo i problemi relativi ai "dischi", noi continuiamo a pensare con le nostre limitazioni umane e terrestri e diciamo allora: <<Nessuno potrebbe vivere in uno scavo come quello, a quella velocità e nessun fisico potrebbe resistere a quelle pressioni>>. Ma noi pensiamo sempre a fisici e a cervelli umani, distacchiamoci orbene da questo modo di pensare, dimentichiamo il nostro punto di vista terrestre, accettiamo l'idea di forze e di energie formidabili. Mettiamoci su questa strada e potremo allora approfondire la nostra analisi.

Gerald Heard

 

     
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Data: 09 Luglio 2007 -  di Margherita Campaniolo

Autore del pezzo del 1950: Gerald Heard

Fonte: Oggi - Anno VI - N. 47 - 23 Novembre 1950

 

 
 

   
 

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