Padre Consolmagno, gesuita e astronomo della
«Specola vaticana» confessa in un libro di credere agli extraterrestri e
spiega che non è una scelta incompatibile con la fede: «L’amore di
Cristo abbraccia il nostro pianeta e tutti gli altri esseri».
UN LIBRO PROVOCATORIO SECONDO LO STUDIOSO CHE LAVORA ALLA SPECOLA
VATICANA «I CATTOLICI NON DEVONO AVER PAURA A INTERROGARSI SU QUESTI
MISTERI»
Il gesuita-astronomo confessa «Credo nell’esistenza degli Ufo»
CITTÀ DEL VATICANO - Una gran barba e un paio di occhiali, da cui
esplode un sorriso pronto a trasformarsi in uno scoppio di risa: Guy
Consolmagno, gesuita, astronomo, cinquantatreenne di Detroit divide il
suo tempo fra la «Specola» di Castelgandolfo, antica sede degli
astronomi vaticani (fino a che il cielo della capitale è diventato
troppo luminoso per l’osservazione delle stelle) e Monte Graham, in
Arizona, dove il Vaticano ha il suo Osservatorio astronomico dal 1981, e
dove studia gli asteroidi e le comete della Cintura di Kuiper. Un super
specialista, autore di testi di divulgazione; e l’ultimo, un pocket
pubblicato da un gruppo cattolico in Gran Bretagna, non esclude la
possibilità che vi sia altra vita intelligente nell’universo, oltre alla
nostra. Un’evenienza che è sempre stata vista con molta ostilità dai
cristiani fautori dell’antropocentrismo. «Vita intelligente
nell’universo? Fede cattolica e la ricerca di vita intelligente
extraterrestre», è il titolo del libretto, scritto per rassicurare i
cattolici, convincerli «a non aver paura di queste domande.
Quello che impariamo non rende nullo quello che già sappiamo». Padre
Consolmagno è convinto che se un giorno uno scenario da fantascienza si
avverasse, scopriremmo che non solo «tutto quello in cui crediamo non è
sbagliato, ma anzi vedremmo che è più vero, in modi e forme che non
saremmo mai stato in grado di immaginare».
E certo il suo «status» di grande esperto del settore rende più
affidabili le sue rassicurazioni. Spesso gli astronomi sono persone
speciali, e spesso anche i gesuiti lo sono; Consolmagno, che per
diciotto anni si è occupato di astri, prima di decidere di entrare nella
Compagnia di Gesù, sembra confermare entrambi gli assunti. Per il suo
contributo allo studio dei corpi celesti è stato onorato con il
«battesimo» di un asteroide con il suo nome; ed è il curatore della
raccolta vaticana di meteoriti, una delle più grandi del mondo. E non ha
paura di affrontare il tema degli «alieni». Che cosa sarebbe della
storia della creazione, e dell’amore di Dio per la Terra e gli uomini,
tanto da mandare il suo unico Figlio a morire per salvarli, se
esistessero? Sono questioni ipotetiche; ma l’astronomo risponde con il
Vangelo di Giovanni che «in principio era il Verbo. Il Verbo è,
naturalmente, Gesù; il Verbo è la seconda persona della Trinità, il
Verbo è la salvezza, il Verbo è l’incarnazione di Dio nell’universo, che
secondo il Vangelo, è là prima che l’universo sia creato. L’unico punto
nello spazio-tempo che sia lo stesso in ogni linea temporale. E’ così
che la salvezza avviene, ed è resa manifesta nella persona di Gesù
Cristo qui». Prima che l’universo sia creato, Cristo è; e quindi
abbraccia non solo la terra e noi, ma anche ipotetici altri esseri.
«Tommaso d’Aquino parla di molteplici mondi». L’incarnazione, secondo il
Vangelo è avvenuta qui; ma potrebbe valere anche altrove. «La Bibbia è
scienza divina, un lavoro su Dio - dice padre Consolmagno -. Non vuole
essere scienza fisica» e spiegare come l’universo è stato costruito. Ma
un universo senza limiti «potrebbe includere altri pianeti con altri
esseri creati dallo stesso Dio di amore. L’idea che ci siano altre razze
e altre intelligenze non è contraria al pensiero tradizionale cristiano.
Non c’è nulla nella Sacra Scrittura che possa confermare o contraddire
la possibilità di vita intelligente altrove nell’universo». E aggiunge
che comunque la nostra conoscenza è sempre incompleta; e che è folle
«sottostimare la capacità di Dio di creare con una profondità di modi
che noi non capiremo mai completamente». E quindi sarebbe altrettanto
pericoloso pensare che «capiamo Dio completamente», limitando la sua
azione al pianeta Terra, e agli esseri umani. Osservare gli asteroidi, i
meteoriti e i corpi celesti «è una delle cose che mi portano vicino a
Dio», spiega. Dopo quindici anni di astronomia, si chiese se fosse
giusto continuare, quando c’era gente che moriva di fame. Partì per il
Kenya con i «Peace Corps», come insegnante, e scoprì che la gente laggiù
era interessata all’astronomia. «E capii perché era così importante: è
una di quelle cose che ci rende qualcosa di diverso da delle mucche ben
nutrite». E
capì anche che quel desiderio di conoscenza è un bisogno altrettanto
fondamentale quanto il cibo o la casa: «Dire ai poveri: “no, devi
occuparti di trovare il cibo, non puoi fare astronomia” è come dire loro
che sono un po’ meno degli esseri umani. E’ sbagliato, ed è una
tragedia».
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