Sono stati i primi tre astronauti inviati
verso la Luna con l'obiettivo di portare a compimento il
primo sbarco di un equipaggio umano su un corpo celeste
diverso dalla Terra. Ma il loro "credo spaziale" è
totalmente rivolto a Marte, proprio quel pianeta rosso che
sta facendo parlare di sé in questo periodo, e che subito
dopo la loro missione del 1969 convinse Werner von Braun ad
annunciare uno sbarco su Marte, ritenuto possibile già
all'inizio degli anni ottanta.
Quel primo atterraggio sulla Luna, che il 20 luglio 1969
vide scendere dai nove gradini della scaletta del modulo
lunare “Aquila” il comandante Neil Armstrong e il pilota del
Lem Edwin “Buzz” Aldrin, è ancora oggi, 34 anni dopo,
ricordato come un evento unico.
L'altro membro dell'equipaggio della leggendaria missione
“Apollo 11” era Michael Collins, nato a Roma il 31 ottobre
1930 in via Tevere, dove suo padre era addetto militare
all'ambasciata americana nella capitale italiana, pur
essendo americano a tutti gli effetti.
Mike Collins, nonostante il fatto che fu l'unico dei tre a
non toccare fisicamente la Luna (restò in orbita sull'Apollo
in attesa dell'esplorazione selenica di Neil e Buzz), è
forse quello che più di tutti è un convinto assertore della
conquista umana su Marte. Quando lo abbiamo incontrato
qualche anno fa a Torino, il pilota del modulo di comando
dell'Apollo 11 ci disse: “Credo che l'unica vera impresa che
possa creare motivazioni importanti, e per la quale valga la
pena di dedicare ingenti finanziamenti, sia l'invio di
equipaggi umani su Marte”.
“Ci credo moltissimo, tanto che ho scritto un libro dedicato
proprio ai progetti di conquista del Pianeta Rosso”,
aggiunse Collins, “La Luna è stata il primo, logico passo
per la conquista dello spazio da parte dell'uomo, ma ormai
appartiene al passato, è superata. Bisogna andare su Marte,
e lo si può fare in tempi brevi, l'uomo è in grado di
organizzare una spedizione sul Pianeta Rosso già con le
competenze tecnologiche attuali, e le conoscenze oggi
accumulate sulle reazioni alle lunghe permanenze nello
spazio”.
“Con l'attuale programma di sonde automatiche si sta
procedendo, certo in tempi più lunghi, come si fece prima
dell'Apollo, e con le sonde Lunar Orbiter, Surveyor e
Ranger. Con gli attuali veicoli robotizzati, tra poco
sapremo tutto su Marte, e si potrà preparare una spedizione
umana. Inoltre, Marte è scientificamente importante, è stato
un pianeta vivo, per certi aspetti lo è ancora. Su di esso
si potrà fare della ricerca. È naturale che io mi senta
felice e privilegiato”, disse ancora Collins, “come uomo che
ha partecipato alla prima spedizione di sbarco lunare, ma
forse dovevo nascere qualche anno dopo, così avrei avuto
qualche speranza di andare su Marte…”.
Che si debba procedere per Marte è convinto anche Buzz
Aldrin, l'uomo che seguì di 19 minuti Armstrong sul suolo
lunare: “La Luna? È sempre qui in testa, non ho dimenticato
nessun particolare. Un'impresa impareggiabile, ma l'unica
missione che potrà alimentare entusiasmi simili o maggiori è
lo sbarco su Marte”, ci disse Aldrin, “Oggi lo si può fare
tramite la cooperazione internazionale: può accorciare i
tempi, può consentire maggiori soluzioni tecniche e con
maggiore distribuzione finanziaria. In effetti quando
sbarcammo nel 1969 pensavamo che quelle passeggiate
seleniche aprissero subito un capitolo per Marte: alla Nasa
alcuni ci stavano già pensando seriamente”.
“La Luna comunque”, aggiunge Aldrin, “può essere nuovamente
un obiettivo di missioni future, ma per installarvi una base
intermedia per lanciare astronavi con equipaggio dirette a
Marte”.
Meno ottimista, ma anch'egli convinto che Marte debba essere
l'obiettivo del prossimo futuro della conquista umana dello
spazio, è il comandante Neil Armstrong, il primo uomo a
scendere sulla Luna: “L'uomo deve puntare a Marte”, dice il
comandante dell'Apollo 11, “ma non è un'impresa facile ed è
assai complessa. Bisognerà fare tutto il possibile per
inviare l'equipaggio sul Pianeta Rosso, però poi bisognerà
farlo tornare a casa sano e salvo. Saranno necessari molti
mesi di missione e bisogna superare alcuni ostacoli, come
l'attraversamento di fasce di radiazioni pericolose in certe
zone dello spazio. E poi bisognerà realizzare un'astronave o
più astronavi con motori che riducano i tempi del viaggio di
andata e quello di ritorno. Ma non sono problemi
insuperabili. Quando ero pilota collaudatore per la NASA, a
fine anni Cinquanta, girò voce che si voleva sbarcare sulla
Luna entro dieci anni. Nessuno di noi ci avrebbe scommesso
un dollaro, però poi...”.
Antonio Lo Campo
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