Il professor
Peter Butler, chirurgo plastico al Royal Free Hospital di Londra, ha messo a
punto una tecnica che consente di effettuare un trapianto di faccia
prelevandola da una persona deceduta; la tecnica prevede la rimozione dei
muscoli facciali e della pelle di un donatore morto e il loro impianto sul
ricevente; questa tecnologia è un'appendice diretta e naturale delle
procedure per il trapianto di organi ed il rischio di fallimento si aggira
intorno al 4 o al 6 per cento, forse persino meno.
Gli ostacoli maggiori sono l'opinione pubblica ed i finanziamenti dato che
il costo è di 50 mila £ sterline (75 mila €), la durata dell'intervento è di
10 h. La prima paziente, che si è offerta volontaria, è stata una ragazzina
irlandese di 14 anni sfigurata da un incendio quando era bambina. Bisognerà
vedere se e come la ragazzina irlandese supererà il trauma che potrebbe
venirle dall'aver acquisito una nuova identità.
In ogni caso, secondo il dottor Butler, il paziente non assumerà le
sembianze esatte del donatore, perché ogni individuo ha una struttura ossea
diversa. Altre tre candidate sono già in lista d'attesa, tutte deturpate da
terribili ustioni: un'americana, una ragazza inglese di vent'anni e una
donna turca. Il professor Butler, che è in competizione con un'equipe di
medici americani nella corsa al primo trapianto facciale del mondo, sostiene
che ci vuole un dibattito pubblico per affrontare il problema più grosso:
una notevole resistenza al concetto di una persona vivente che cammina con
addosso la faccia di un morto; infatti la prima operazione è stata approvata
da un comitato etico presieduto da Simon Weston, veterano della guerra delle
Falkland che ha subito ustioni al 46 per cento del corpo.
Secondo lo psicologo Aric Sigman, che ha condotto una ricerca sul rapporto
tra viso e concetto di sé, i trapianti facciali diventeranno una realtà in
quanto curativi, ma sarebbe un errore abusarne perché un trapianto facciale
implica un profondo cambiamento di identità ed è un territorio ancora
inesplorato. |
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