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Tirreno, un mare in crescita

 
 

 

 
 

Nel cuore del Mar Tirreno, ad una latitudine che corrisponde all'incirca a quella della città di Cosenza, il fondo marino si è espanso al ritmo di circa 20 cm all'anno: nuovo materiale è risalito dalle profondità della Terra in un processo di generazione della crosta del tutto simile a quello che avviene nel mezzo dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico.

"Non volevamo credere ai nostri occhi, quando abbiamo ottenuto le prime immagini magnetiche del fondo del Tirreno che ci hanno evidenziato questa velocità di espansione che è probabilmente la più alta fra quelle osservate sul nostro Pianeta", riferiscono Iacopo Nicolosi, Fabio Speranza e Massimo Chiappini, ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La tecnica che ha portato alla scoperta consiste nella realizzazione di una mappa delle anomalie magnetiche, e di una sua successiva elaborazione. Questa analisi mette in evidenza le anomalie del campo magnetico terrestre provocate dalla particolare natura del sottosuolo. Per compilare tali mappe i ricercatori si avvalgono di speciali sensori magnetici posti su aerei, elicotteri o navi che indagano la zona da esplorare.

I ricercatori dell’INGV hanno rielaborato in chiave critica tutti i dati magnetici raccolti nel Tirreno meridionale sin dal 1965 ad oggi dall’INGV, da AGIP, ma anche da altre istituzioni di ricerca ed università.

Che il Mar Tirreno fosse soggetto a un processo di "oceanizzazione", cioè di lentissima espansione, era noto da tempo ai geologi. Il fenomeno è iniziato ben dieci milioni di anni fa e con accelerazione e rallentamenti è andato avanti fino ai nostri tempi, accompagnato anche dalla nascita di vulcani sottomarini, dall’apertura di fratture profonde e dalla rotazione in senso antiorario dell'Appennino meridionale.

Le nuove elaborazioni sviluppate dai ricercatori INGV non solo confermano che il fenomeno è avvenuto in tempi geologicamente recenti (circa 2 milioni di anni fa), ma anche che è avvenuto a velocità superiore al previsto, tanto da segnare il record mondiale delle velocità di espansione dei fondali oceanici.

Questa scoperta, al di là del valore scientifico, confermato dalla tempestiva pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale “Geology”, assume una particolare importanza perché la zona interessata dall’espansione si trova a ridosso del più grande vulcano europeo: il Marsili, un gigante sommerso ancora più grande dell’Etna (50 km di lunghezza e 3000 m di altezza).

 

Il vulcano sottomarino Marsili rilevato col multibeam sonar. Immagine CNR

“Lì, alla profondità di 3500 metri, c’è la piana abissale su cui si è innalzato il Marsili meno di un milione di anni fa – spiega Fabio Speranza - . E da vari segnali sembra proprio che questo vulcano sia ancora attivo”.

“La ricerca assume anche una grande importanza per i suoi risvolti relativi alla prevenzione e alla previsione dei rischi sismico vulcanico e di maremoto – sottolinea il Professore Enzo Boschi Presidente dell’INGV. Infatti, in questa parte del Tirreno, oltre al Marsili, sorgono numerosi altri vulcani sottomarini (Palinuro, Glauco, Sisifo), e più a Sud quelli emersi dell’arcipelago delle Eolie e di Ustica. Il fondale del Tirreno inoltre è solcato da numerose faglie probabilmente sismogenetiche. Sono tutti validi motivi per dedicare tempo e risorse a questa parte del Tirreno”.

 

 
 

Data: 19 settembre 2006

Autore: Sonia Topazio

Fonte: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

 

 

 

 
 

 
 

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