Era la teoria di Weinberg, Glashow e Salam a suggerire che due forze
fondamentali della natura, quella elettromagnetica (che domina la nostra
vita, regolando la chimica, l’elettronica, la luce e le altre
radiazioni) e l’interazione debole (che regola i fenomeni legati alla
radioattività) hanno una radice comune. E la teoria nel 1979 aveva avuto
anche la consacrazione del premio Nobel ai suoi tre ideatori. Mancava
però ancora la prova sperimentale. Bisognava trovare le particelle W e Z
che trasportano la forza unificata, cioè l’interazione elettro-debole.
La loro scoperta, compiuta nel 1982 al Cern, ha segnato il sorpasso
della fisica europea su quella americana. «Sono contento che W e Z
esistano davvero - commentò all’epoca Weinberg - perché così non dovrò
restituire il Nobel». Nel 1976 al Cern era entrato in funzione il Super
Proto Sincrotrone, SPS, un anello di magneti lungo sette chilometri
costruito in un tunnel a 40 metri di profondità tra Svizzera e Francia.
Questa macchina era in funzione da due anni quando Carlo Rubbia propose
di modificarla per fare scontrare non più protoni contro bersagli
esterni ma protoni e antiprotoni accelerati in direzioni opposte nello
stesso sottile tubo a vuoto, raddoppiando così l’energia di collisione.
La difficoltà stava nel tener insieme i pacchetti di protoni e
antiprotoni: entrambi, infatti, essendo formati da particelle con la
stessa carica elettrica (positiva i protoni, negativa gli antiprotoni)
tendono a disperdersi in quanto le cariche uguali si respingono.
L’ingegnere olandese Simon Van der Meer riuscì a risolvere questo
problema: si ottennero così collisioni ad energia due volte più alta e W
e Z divennero una realtà sperimentale. Già nel 1984 Rubbia e Van der
Meer ricevevano il Nobel per la fisica. La macchina successiva, il Lep,
Large Electron Collider, lunga 27 chilometri ed entrata in funzione nel
1989, ha poi studiato a fondo le due particelle ed ha fornito la prova
indiretta che esistono tre e soltanto tre famiglie di particelle, a
conferma del Modello Standard elaborato dai fisici negli ultimi quarant’anni,
contribuendo inoltre all’individuazione del sesto e ultimo quark, il
Top, scoperto poi al Fermilab di Chicago. Nel 1992 un altro premio Nobel
andava a un fisico del Cern, Georges Charpack, per l’invenzione della
«camera multifili», un rivelatore di particelle subnucleari che ha poi
trovato applicazione anche nella diagnostica medica. Tre anni dopo, nel
1995, Walter Oelert, con la collaborazione di Mario Macrì, riusciva a
creare per la prima volta atomi di anti-idrogeno: 9 in tutto, che però
nel 2002 divennero più di 50 mila: era l’inizio dello studio fisico del
primo anti-elemento della anti-tavola di Mendelejev. Un altro risultato
di grande rilievo è datato 2000: la produzione di un plasma di quark e
gluoni 20 volte più denso di un nucleo atomico che ha riprodotto le
condizioni dell’universo a meno di un miliardesimo di secondo dal Big
Bang. Intanto, per rendere più efficiente lo scambio di dati tra i
fisici di tutto il mondo, Tim Berners Lee e Robert Caillau avevano
ideato il software ipertestuale www per mettere in contatto computer con
standard diversi tramite Internet: il primo server entrò in funzione al
Cern nel 1990, il secondo a Stanford nel 1991, nel 1994 i server
collegati erano 10 mila, oggi sono 50 milioni. Quelle tre w hanno
rivoluzionato l’informazione, il costume, l’economia, forse anche la
politica. Ora al Cern sta nascendo LHC, Large Hadron Collider, un
acceleratore di protoni che aprirà nel 2007 una nuova fisica dando la
caccia alla particella di Higgs, l’ultimo tassello latitante del Modello
Standard. Per analizzare i dati si userà Grid, un software che mette in
comune la potenza di calcolo dei computer in Rete. L’impatto di Grid
sulla nostra vita quotidiana al momento non è prevedibile, come non lo
era quello delle tre w nel 1990.
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