|
WASHINGTON (USA)
-
Se un giorno, forse non lontano, gli organi umani potranno essere
conservati a lungo termine per i trapianti, e potranno quindi essere
custoditi in vere e proprie banche, il merito sarà delle rane boschive
che popolano l’intero Canada e la parte settentrionale degli Stati
Uniti. Come lo sarà se un giorno, per ora molto remoto, gli uomini
potranno essere ibernati e riportati in vita in epoche successive. Lo
dimostrano ricerche in corso da oltre 15 anni, anche in Italia, e
recenti esperimenti compiuti su topi e maiali. Le rane boschive, ha
ricordato ieri il Washington Post riferendo di questi
esperimenti, hanno una caratteristica eccezionale: a temperature sotto
zero si congelano, restano in ibernazione anche per mesi, e col caldo
«rinascono» nel giro di poche ore. Il processo è semplice: il ghiaccio
si forma prima sotto la pelle, poi penetra nelle arterie e le vene e
ferma - ma non distrugge - il cuore e il cervello. Non li distrugge
perché le cellule della rane boschive si proteggono con un
anticongelante naturale. Spiega uno dei più eminenti ricercatori, Jack
Lynn della università di Slippery Rock in Pennsylvania:
«Diventa ghiaccio quel 65 per cento del corpo
della rana che consiste d’acqua. Ma prima che arrivi il freddo, la rana
accumula un’enorme quantità di lipidi (grasso) nel fegato, e lo
trasforma in glucosio. Esso mantiene le cellule a una
temperatura normale».
Ci sono altri animali che si difendono dal gelo
in modo analogo, i bruchi e la piccola tartaruga verde. Ma
essi perdono questa capacità invecchiando. Le rane boschive la
mantengono. Un altro scienziato, Ken Storey dell’università Carleton in
Canada, ne ha mostrata una al Washington Post : ha la forma di un
cubo di ghiaccio, è bluastra, gli arti e la testa sono distorti, gli
occhi di un bianco spettrale. Osserva Storey: «Noi non siamo in grado di
congelare un singolo organo umano senza distruggerne le cellule, altro
che un intero organismo».
Trovare rane boschive in ibernazione, precisa John Costanzo
dell’università di Miami nell’Ohio, non è facile, perché si nascondono
sottoterra. Ma è essenziale per capire il
funzionamento del paraflu naturale di cui sono dotate, che riduce
il loro metabolismo al minimo o addirittura lo sospende. A
differenza degli embrioni, che sopravvivono anche due anni, gli organi
umani possono essere conservati col ghiaccio - ma non congelati - solo
poche ore: 48 al massimo un rene, 4 un cuore. «Se riuscissimo a fare
come le rane boschive - commenta Costanzo - ci si aprirebbero nuove
frontiere». Si potrebbero trapiantare organi dopo mesi o almeno
settimane. Si potrebbero fermare un cervello colpito da ictus o il cuore
di un infartuato e operare su di essi, e poi «resuscitare» i pazienti. O
ibernare una persona e risvegliarla anni dopo.
Boris Rubisnky dell’università della California
ha appena fatto il primo passo in tale direzione con i topi. Ne ha
congelato il fegato con glicerolo e lo ha trapiantato dopo alcuni
giorni. Altri scienziati hanno usato una speciale sostanza chimica
prodotta da un pesce artico, analoga al paraflu delle rane: hanno
ghiacciato il cuore di un maiale per 24 ore, sei volte la norma, e poi
eseguito un trapianto. Per questo Rubisnky pronostica rapidi progressi
nel campo degli organi umani.
Ma non nella criopreservazione, ossia nel mantenimento di un individuo
in sonno a temperature sottozero e nel suo ritorno indolore in vita in
epoca più tarda. Per ora, obietta Rubinsky, è un sogno: «Non c’è nulla
di magico nelle rane, è questione di chimica. Tuttavia ogni organismo ha
le sue caratteristiche, ed è troppo presto per sperimentare sugli esseri
umani». |
|