Sbarchi immaginari

 Un’astronave pronta a partire. Con un equipaggio d’eccezione: scienziati, poeti, artisti, giornalisti. Ciascuno con un’idea sull’universo e sugli “altri”.

                        Tra il serio e il faceto, la Terra dialoga a distanza con Marte 
 
                                  di PAOLO MOSCA

 

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Ennio Flaiano ha sempre scritto controcorrente, in barba ai perbenisti e alle mode del suo tempo. Dal lungomare di Fregene, a braccetto con l’amico Fellini, lui inventava provocazioni: come la sua commedia Un marziano a Roma .
L’italiano fine anni 50 scrutava il cielo aspettando dischi volanti e piccoli mostri verdi? E Flaiano faceva arrivare un’astronave nel Galoppatoio di Villa Borghese: a bordo c’era “il signor Kunt”, un aitante marziano che si dichiarava l“angelo revisore di una nuova armonia universale”. Ma dopo un iniziale stupore, i romani, filosofi millenari, “divorarono” psicologicamente l’utopista Kunt: a lui rimase l’amore di Anna, sognatrice fuori degli schemi. Ma che cosa scriverebbe, oggi, il bastian contrario Flaiano? Nessuna commedia, perché i robot Spirit ed Opportunity non hanno voce, e lassù non c’è traccia di esseri verdastri. E allora proviamo ad accenderlo noi un dialogo Terra-Marte, invitando a bordo di una fantastica astronave del Messaggero (quella vera, Bush la prevede non prima del 2025) un equipaggio di scienziati, intellettuali, poeti, artisti, preti e giornalisti. Si parte. Bagaglio indispensabile per i viaggiatori: intelligenza, fantasia e speranza nel domani.
«Io lo sapevo - dice Margherita Hack, astrofisica fiorentina senza età - lo sapevo prima che Mars Express scoprisse l’acqua su Marte: lo sapevo che c’è vita su quel pianeta, come in tutto l’universo. Ma partire no, grazie. E lo sconsiglio anche ai più coraggiosi. Marte è a una distanza immensa dalla terra. Troppo rischioso. Ci pensino i robot senza anima e sangue a scandagliare quel pianeta».

E il padre di E.T., il creatore di effetti speciali Carlo Rambaldi, come l’immagina i marziani? «Sto con Flaiano. Li ricostruirei simili a noi. Perché credo che l’uomo, prima di approdare sulla terra, abbia abitato su altri pianeti, e anche su Marte. Nell’universo ci sono migliaia di nostri “doppioni”. Esistono uno, cento, mille Rambaldi. Io oggi sono a Lamezia, da mia figlia, ma un altro Rambaldi, nel cosmo, in questo momento sta parlando al telefono con un giornalista come lei. Poi conosco il cinema, tutti i suoi trucchi diabolici: e non escludo che certe imprese spaziali si possano anche inventare in studio. Quegli astronauti che saltellano su altri pianeti con il cielo tutto bianco o
tutto nero... Non mi convincono. Mi spiego?». 

Chi invece ha le valigie pronte, è Maurizio Nichetti, baffuto regista di film, dove futuro e pubblicità sono un razzo verso il 3000. «Il nostro mondo è ferito - sostiene - contaminato da virus. L’umanità ha bisogno di sognare, di poter sbarcare da un’altra parte ancora intatta. Certo, su Marte ci sono meno Pierrot che sulla Luna, ma è nuovo ossigeno fantastico, nuova vita. Perché atteggiarsi a conservatori di un mondo che ci ha stancato? D’altronde non li chiamavano “pazzi volanti” i primi uomini che prendevano quota con degli aerei di cartapesta? Col tempo, certi sogni si rivelano più veri della realtà». 

Alda Merini, poetessa dei Navigli milanesi, non vuole comprare il biglietto per Marte. «Se me lo regalate accetto, ma non partecipo con un solo euro a questa corsa all’oro degli americani. L’oro è un vecchio pallino dei trisavoli di Bush. Per me, nello spazio ci vanno soltanto le anime dei poeti, ma solitarie e gratis. Come quella del mio amico Vanni Scheiwiller, al quale ho dedicato “Ninna nanna per un poeta”, una poesia verso l’infinito: E’ stata una vestale/una giovane donna a portarti il silenzio/sui monti della morte/. All’uomo la solitudine fa paura/ma tu hai varcato i confini/di ogni visibile spazio/. Sei più in alto di qualsiasi astronauta/. Tu sei oltre la Luna dei manicomi/sei ormai nella parola di Dio... ».


Non parte anche Gino Paoli, cantautore genovese che pure si commuove davanti agli istinti del cuore. «Portate su Marte mio figlio Tomaso, che ha undici anni e vive come in un telefilm. Quel robottino che scivola sulle dune di Marte lo fa impazzire. Ma la sua è una felicità virtuale. Se veramente esistono i marziani, sanno anche come si vive o si sopravvive sulla terra: e allora aspettiamoci che da un momento all’altro loro compaiano sui teleschermi per distruggere i robottini. Lasciamoli in pace, poveri extraterrestri, nella loro beata civiltà: non facciamo come il mio concittadino Cristoforo Colombo, che per scoprire l’America ha annullato schiere di pellerossa o la cultura Maja.
No, non cambierò i miei vecchi versi di “Senza fine”. Ricordate? Tu per me sei Luna e stelle, tu per me sei sole e cielo , non diventeranno mai Tu per me sei Marte e stelle ...».


Il professor Antonino Zichichi è della compagnia, affascinato dall’acqua su Marte. Ma prende le distanze da chi crede ciecamente nell’esistenza di esseri verdi simili a noi sul pianeta rosso. «Il vero problema - spiega - è capire il passaggio dalla materia inerte a quella vivente. Dalla pietra al gatto, alla farfalla o all’uomo. Sono importanti le date della “ragione”. Sul nostro pianeta c’è acqua da milioni di anni, eppure l’uomo è spuntato all’improvviso, la civiltà ha soltanto diecimila anni, e la scienza è appena nata quattrocento anni fa. Opportunity e Spirit non sono robot americani, europei o giapponesi: sono frutti della ragione umana collettiva. Ma la scienza studia l’immanente  non potrà mai documentare quell’attimo trascendente, in cui la pietra diventa gatto o uomo: altrimenti scoprirebbe Dio».


E Tito Stagno? Il popolo televisivo di mezza età ricorda il biondo e occhialuto giornalista che annunciava “l’allunaggio” del Lem nel luglio del 1969. Bruciò in diretta nientemeno che Ruggero Orlando, che invece da New York sbagliò i tempi dell’arrivo storico dell’uomo sulla Luna. «Francamente non m’illudo una seconda volta - confessa - ci avevano anche raccontato che l’impresa lunare non dipendeva dalla guerra fredda... Ricordo le teorie di un ingegnere cinese, che prevedeva per il 2025 la prima nascita umana sulla Luna. E adesso Bush ci dice che in quello stesso anno l’uomo arriva su Marte? No. Scusate, ma io sono il primo di otto figli, ho fatto l’insegnante e nel 1943 lavoravo a Radio Sardegna... non avevo nemmeno una bicicletta, altro che razzi e sonde. I miei attuali contatti con gli americani, sono con il Centro Studi Anticancro in California. Solo i narcisi vogliono volare su Marte: io sogno di guarire i miei simili dal cancro e dell’aids. Passo e chiudo».


Con valigie e sorriso, pronto al meno 3, 2, 1... è Don Mazzi, cuore e anima della comunità milanese Exodus, dove lui strappa dalla disperazione della droga centinaia di ragazzi ogni anno. «Mi metto in fila e via. Ma volete scherzare? Aria nuova, nuovi orizzonti. Che cos’è questa presunzione di pensare a miliardi di stelle tutte per noi umani? Parto subito, e con me vorrei portare tutti quei
ragazzi che perdono le ore penzolando nelle vie del centro di paesi e città, con il gel tra i capelli e sculettando. Tutti su Marte. Dio ci aspetta nei crateri e nei deserti rossi: ed è lo stesso Dio delle baracche delle nostre periferie».


Gino Strada è polemico e amareggiato. «Adesso mi tirerete addosso le pietre terrestri, ma dove mettiamo due miliardi di creature che vivono sul nostro pianeta con un paio di dollari al giorno? Che cosa mangiano? Sabbia marziana? Io penso che dietro Spirit e Opportunity ci siano strategie militari e basta. Altro che ideali e bandiere. E’ una follia che oggi gli americani destinino il 51 per cento delle loro tasse per il riarmo. Niente sonde o robot: con mia moglie Teresa e mia figlia Cecilia continuerò a vivere per Emergency. Il nostro sito è www.peacereporter.net  . Cliccate con noi, diteci se preferite volare su Marte, o viaggiare in Iraq e Afghanistan, dove c’è tanto da scoprire».


All’equipaggio s’aggiunge Gabriele La Porta, direttore di Rai notte, che nella sigla dei suoi programmi ha una Luna piena. «Marte sarà l’ennesimo sbarco esteriore, che porterà nuove gioie, ansie e nostalgie. Certo, volerò anch’io fino lassù, ma sognando lo sbarco interiore. L’universo, ricordiamolo, è dentro di noi».

Per ultimo Giovanni Raboni, critico e poeta. «I più bei libri della mia adolescenza, sono firmati da Giulio Verne. Mi affascinano da sempre Luna e Marte: ma c’è una distanza enorme tra l’immaginazione privata e la realtà scientifica. Sono tentato di sognare, ma come critico di poeti e di me stesso, preferisco viaggiare negli occhi di un bambino disperato dell’Africa».


L’astronave è ancora là: meno 3, 2, 1... E nell’aria fredda di questo marzo romano risuona la voce pacata di Kunt, marziano incompreso nel finale della commedia di Flaiano: «La cosa significa tutto e niente, è soltanto un rito, sta a noi darle costrutto, fingendo d’aver capito tutto».

 
   

Data: sabato 13 marzo 2004

Autore: Paolo Mosca

Fonte: Il Messaggero

 

 

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