Il Paradiso

 DI

Margherita Campaniolo

Home

   

Nostro Signore ha fatto nella Creazione due errori visibilissimi. Con tutti i pianeti liberi che c'è nel mondo, cinque miliardi di persone tutti stretti su questa palla! O che sistemi sono con i propri figlioli?! Come se il mio babbo c'ha, che so, venti figli, un palazzo di cinquanta piani e mette tutti in garage! Distribuisci un po', no? A parte poi che non è che ci ha messo cinque miliardi qui da soli: insieme ad animali, vegetali, minerali, cacciaviti, chitarre, seggiole, teatri-tenda... un casino! Poi dice: all'inizio era il Caos e Dio fece l'Ordine. O che c'era prima?”

 

Questo che avete appena letto è uno stralcio da un intervento di Roberto Benigni, una delle sue battute-riflessioni. Surreale e sottile…non c’è che dire!

A Benigni però, grande cultore e declamatore della Commedia Divina sfugge qualcosa, proprio a lui, a cui il Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna ha deciso di conferire una laurea honoris causa per:

 

"L’ alta qualità interpretativa della Divina Commedia e per la capacità dell'attore-interprete di rendere il testo accessibile anche all'ascoltatore che mai vi si avvicinerebbe".

 

Secondo la visione dantesca del cielo, tanto cara a Benigni, l’abitare i pianeti a noi vicini è privilegio delle anime celesti e dei giusti trapassati, quindi, verrebbe di dire:“Caro Roberto, stringiamoci un po’ e rimandiamo a poi questo trasloco!”.

Tra tutti gli umani, l’unico che può vantare un viaggio d’andata e ritorno tra i pianeti e le costellazioni è Dante Alighieri, ovvero: il primo astronauta della storia dell’uomo.

Un viaggio astrale ma non extra corporeo, un viaggio dell’uomo con la sua carnalità e pochezza tra esseri incarnali e superiori che popolano le meraviglie del cielo, un viaggio certo letterario ma non per questo privo di fascino e valore.

E’ lì che il Paradiso viene ambientato, nella volta celeste, a dimostrazione che la magnificenza del firmamento supera quanto d’umanamente ipotizzabile e diviene, nell’immaginario dantesco, il premio per i giusti.

Da un canto all’altro del Paradiso (ne conta XXXIII) egli visita i pianeti del sistema solare fino a quel tempo conosciuti, la Luna, il Sole, le Costellazioni e i vari Cieli, secondo la concezione Tolemaica dell’universo, quella che vede la terra come “fulcro centrale” attorno al quale ruota il tutto.

 

Quest’opera così enigmatica, spesso poco apprezzata, è avvolta nella leggenda: Dante muore a Ravenna la notte fra il 13 e il 14 settembre 1321, i figli, certi che sia stata terminata, la cercano invano. Ciò che riescono a trovare è solo una parte poiché vengono a mancare i tredici Canti finali. A questo punto interviene un fatto strano che conferisce al Paradiso un alone di mistero e un fascino particolare: dopo otto mesi d’invane ricerche, le cantiche mancanti vengono ritrovate ma solo grazie alle indicazioni dello stesso Dante. E' lui che appare in sogno al figlio Jacopo e a questi svela l’esistenza, dietro una tenda, d’una nicchia che le custodisce.

Finalmente l’opera è completa e può essere divulgata.

 

Ma come appare il Paradiso di Dante?

Lo "immagina" composto da nove Cieli, fino all’Empireo, luogo trascendentale dove risiede Iddio che risulta essere un “punto matematico” di grande luminosità.

Vi abitano inoltre le schiere angeliche e le anime dei defunti, queste ultime scendono nei vari cieli solamente per potersi mostrare agli occhi del “mortal visitatore”. Ogni Cielo è governato da un pianeta che trasfonde quelle caratteristiche che contraddistinsero l’esistenza delle anime che vi abitano.

 

E come appaiono le anime dei beati? Niente di quanto solitamente riferito riguardo alle anime: nel cielo di Mercurio come spiriti splendenti che si celano nel loro stesso splendore. Nel cielo di Venere come splendori che si muovono velocemente. Nel cielo del Sole come luci che danzano e formano tre corone concentriche, in quello di Marte, punti luminosi che formano una croce.

Persino gli Angeli (Serafini, Cherubini, Troni ecc..) hanno aspetto ben diverso dai soliti “piume ed ali”: ad esempio i Cherubini sono luci accese e la più luminosa è l’Arcangelo Gabriele, i Serafini sono cerchi luminosi che ruotano a velocità diversa…

Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli e Angeli, guidano e vigilano il proprio cielo come “intelligenze motrici” in un viaggio che appare come un susseguirsi di illuminazioni crescenti e volteggi sempre più rapidi.

Spesso Dante è costretto ad usare la “recusazio”, cioè un espediente retorico là dove le parole non possono descrivere la magnificenza di quelle luci e di quei voli.

La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.

Nel ciel che più de la sua luce prende
fu' io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;

perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.

 

 

Luci, voli, intelligenze motrici, punti luminosi nel cielo…chissà se Dante nella sua vita terrena ebbe mai esperienza diretta e reale di fenomeni simili, certo a tale forma attribuisce quanto di più bello e inimmaginabile, la visione dell’imperscrutabile.

Mi sovvengono a tal proposito gruppi esistenti che ritengono di vedere, nel cielo del nostro tempo, manifestazioni angeliche, messaggeri divini che si mostrerebbero proprio con immagini perfettamente assimilabili alle visioni dall’Alighieri. Con l’esponente di uno di questi gruppi ho avuto diversi contatti e, al di là del mio personale pensiero su queste teorie, la loro determinazione è grande: certo con garbo, ma con fermezza, mi s’invitava a leggere in tutto ciò che noi interpretiamo come possibili manifestazioni di oggetti volanti non  ancora identificati, in incontri con il Divino, o meglio con i suoi messaggeri, in special modo con l’Arcangelo Michele. Questi, con le sue apparizioni, ci affiderebbe un messaggio di salvezza e si manifesterebbe non a caso e non a tutti, solo ai privilegiati, ad anime terrene degne di cogliere questi messaggi salvifici.

Da sempre l’uomo ha creduto di vedere voli inspiegabili e da sempre ne cerca una spiegazione, dai presagi ai messaggeri degli Dei fino agli Arcangeli il passo storico è lungo ma la sostanza è assolutamente la stessa: l’incontro col soprannaturale ma soprattutto il sentirsi “i prescelti” per questo dialogo.

Dante, all’inizio delle sue cantiche ci dice:

………………………….
 Io non so ben ridir com'i' v'intrai,

………………………..
 là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor compunto,
guardai in alto, e vidi le sue spalle
vestite già de' raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta

…………………

ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,

 

Egli perciò non sa come ciò sia accaduto, ha inizialmente paura, si calma alla vista della luce solare, una luce che lo guida, ma è certo che il suo essere lì, all’inizio di un viaggio misterioso tra i tre mondi dell’aldilà, è comunque un privilegio, è stato scelto per trattare del bene!

 

C’è quindi, ieri come oggi, una visione di rapporto esclusivo tra Dio e l’uomo, tra il Divino e la sua creatura, con la Terra stessa che, centro di tutto, dopo i nove Cieli,  riceve un abbraccio cosmico da questo Empireo infinito che la circonda.

Personalmente ritengo l’uomo ben lungi dall’aver superato la concezione tolemaica dell’esistenza, nel senso psicologico del termine; egli trova estremamente difficile credere in altre umanità poichè si sentirebbe improvvisamente privato, e quindi “orfano”, di quel titolo di figlio che lo rende unico ed insostituibile, secondo un rapporto privilegiato ed esclusivo.

 

Ho chiesto alla dottoressa Stefania Genovese di rispondere ad alcune mie domande su Dante, sui misteri del cielo e su argomenti a carattere filosofico a questi legati. La dottoressa Genovese infatti è laureata in Filosofia all’Università Statale di Milano, con una tesi tanto famosa quanto unica nel suo genere, sulla costruzione mitica del fenomeno UFO. La tesi è stata insignita del Premio Zurich, come miglior saggio scientifico dell’anno 1999 sullo studio dei fenomeni anomali. La dottoressa Genovese, che mi onoro d’annoverare tra le persone a me più care, ha pubblicato inoltre "U.F.O. Complessità ed anomalie di un mito" (ediz. Segno). Attualmente collabora con la rivista il Giornale dei Misteri ed il quotidiano ERASMO.

 INTERVISTA A STEFANIA GENOVESE

  1. Dottoressa Genovese, anzi, cara Stefania, grazie d’aver accettato di rispondere a queste mie domande. Innanzi tutto, che ricordo hai del Dante scolastico? L’hai più ripreso nel corso degli anni?

  

Mi è sempre piaciuta moltissimo la Divina Commedia: mi rammento che al liceo imparai a memoria alcuni dei versi delle più famose cantiche dell’Inferno , alcuni versi endecasillabi appartenenti al Primo canto, al Terzo ed al Quinto Canto…Ma rammento di aver studiato con passione anche le opere minori come il Convivio, il De Vulgari Eloquentia, e le sue celebri poesie…Ritengo importantissima e fondamentale la Divina Commedia; molto differente fu l’approccio critico e storiografico, che imparai ad applicare alle sue opere, durante i miei studi all’Università Cattolica. Lì ebbi come insegnanti i migliori dantologi d’ Europa, le cui lezioni, molto interessanti e dotte, nonché pregne di passione, erano sempre gremite da studenti! Ho usato questo aggettivo perché, a mio giudizio per affrontare “Dante” il suo mondo, la sua immensa erudizione, e la sua incommensurabile capacità trasfigurativa ed allegorica, occorra apprezzarlo al di fuori dei consueti schemi nozionistici didattici: Dante non è solamente il “sommo poeta” per eccellenza, ma un grande maestro di etica e di dottrina, le cui osservazioni morali possono ancor oggi essere considerate attuali, e che non si può completamente conoscere se non si aderisce con entusiasmo alla sua versatile “forma mentis”, ed alla sua  arguta e dissacrante esegesi del mondo!

 

 

  1. Nel cielo dantesco è presente la concezione Tolemaica dell’Universo, cioè quella che pone la terra ( e conseguentemente l’uomo) al centro di tutto. Tale concezione fu soppiantata dalla rivoluzione Copernicana  e da tutte le scoperte scientifiche degli ultimi secoli. Ritieni sia stata ad ogni modo “psicologicamente superata” o permane nel substrato inconscio dell’uomo odierno?

 

Dalla rivoluzione copernicana a quella newtoniana fino a risalire alle grandi scoperte scientifiche avvenute in ogni campo dello scibile umano, si potrebbe dire che l’uomo abbia acquisito il dominio evolutivo delle proprie idee,  rinnegando i propri vetusti paradigmi, dirimendo le proprie controversie

teoriche per acquisire un progresso sicuro e felice. In tal modo pare essersi liberato dalle pastoie della superstizione e dal cieco fideismo. Ma ciò non corrisponde completamente a verità! Qualcuno inoltre potrebbe obiettare che si sia sostituito il timoroso asservimento ai propri Dei con quello alla Dea Ragione, assolutizzando così ogni fine, al logico e reiterabile assenso di un canone positivista altrettanto tiranno ed unilaterale…Io non sono così pessimista, ma mi avvedo spesso che l’uomo non ha imparato molto dagli errori del passato: la rivoluzione copernicana ha lasciato lunga la sua strada molti ed eminenti martiri, prima di essere completamente accettata e riconosciuta nella sua validità.

Questo perché il retaggio culturale e scientifico dominante si nutriva di sterili preconcetti e non considerava la possibiltà che il suo apparentemente perfetto, consacrato e intangibile “ordo rerum” potesse vacillare di fronte ad una nuova timida concezione capace tuttavia di affossare completamente una epistemologia ormai decadente e parziale. L’antropocentrismo è ancora vivo e vegeto, e non certamente a livello inconscio: esso si è mutato nella tracotante presunzione di quella Scienza che pretende di asservire a sé la Natura e di misurare con dogmatico scettismo tutto ciò che pare inficiare la sua stessa ragion d’essere, considerandosi così perfetta da essere esentata da ogni genere di contraddizione ed incertezza. Non sto contestando il progresso bensì un genere di atteggiamento scientifico monolitico e totalitarista che come impassibile Leviatano, minaccia l’uomo perché, programmandone il destino, lo priva delle sue componenti spirituali ed emotive: essa acuisce il dualismo di res cogitans e res extensa da una parte, mentre dall’altra lo rende ancor più bisognoso delle consolatorie e mistificanti profferte dalle pseudoscienze occulte.

Blaise Pascal osava spesso dire: << Due sono gli eccessi dell’uomo: escludere la ragione, non ammettere che la ragione>.

 

  1. Lo sguardo al cielo dell’uomo medievale era limitato dalle conoscenze scientifiche e condizionato dalla religiosità del tempo, oggi, lo sguardo al cielo dell’uomo è “illimitato” dallo scientismo e permeato dal disincanto morale. A cosa pensi possa portare un tale atteggiamento?

 

Ciò che temo è un uomo incapace di guardarsi dentro di sé, disequilibrato e continuamente tormentato dalle necessità di aderire completamente al razionalismo, costantemente vacillante tra il desiderio di comprendere l’Universo e di sopraffarlo, prono ai parametri dell’interesse e del profitto.

Egli soffre perché è disorientato da un progresso che pare perfetto e tecnicamente solutore di ogni problema,ma che lo allontana sempre più dalla sfera etica, estetica, mitologica ed anche metafisica, costituenti basilari e peculiari della propria personalità. Al liceo la mia insegnante di filosofia ci insegnava a stare in guardia da tutte le parole che terminassero con il suffisso “ismo” perché indici di ristrettezza mentale e di limitata comprensibilità del mondo! Insomma occorre essere relativisti come spesso diceva il filosofo Paul K. Feyerabend, imparare a dubitare sia delle troppe chimere che irretiscono la mente umana sia a preservarci dagli eccessi di una ragione monolitica che recusa ogni prospettiva che modifichi il suo assetto di arbitro supremo della realtà e delle svariate tradizioni culturali.

 

 

  1. Molti ritengono la nostra umanità come l'unica esistente nell’universo. Qual è il suo personale pensiero riguardo a ciò?

 

Certamente ritengo sia molto presuntuoso ritenere che la vita si sia presentata solamente su questo pianeta.                                                                     Mi sento una ostinata detrattrice del principio antropico di Brandon Carter che ritiene l’esistenza peculiare della Terra un fenomeno alquanto improbabile dall’essersi realizzato in altre parti del cosmo. Inoltre le recenti scoperte astrofisiche sembrano decisamente avvalorare la possibilità che la vita si sia espansa ovunque avesse trovato prerequisiti fertili e propizi al suo sviluppo. Trovo affascinante la teoria della “panspermia” e sono una sostenitrice del SETI e del protocollo SETV, di cui rientra in parte anche il Project Hessdalen, che tutti sanno quanto ritenga importante e di notevole interesse. Inoltre concordo pienamente con la simpatica ma significativa affermazione di Carl Sagan, citata da Jodie Foster nella conclusione del film “ Contact”: << Se fossimo soli, ci sarebbe uno spreco di spazio>>.

 

 

  1. Poesia e filosofia. L'una è il regno della fantasia e della creatività l'altra il campo in cui dominano la logica, il ragionamento rigoroso. Il poeta è  un sognatore che s’esprime attraverso un linguaggio immaginifico, il filosofo è colui che costruisce complicati sistemi speculativi argomentati razionalmente. Per molto tempo questo si è pensato e, conseguentemente, personaggi che hanno contribuito al pensiero occidentale, come Eschilo, Sofocle e Dante furono esclusi dall’ambiente filosofico. Qualcosa di molto simile accade oggi tra ufologia e scienza. Pensi ci siano analogie tra i due fatti e che ciò che è accaduto poi, con la rivalutazione della poesia in campo filosofico, possa accadere anche per una rivalutazione dell’ufologia in ambito scientifico?

 

I tragediografi Eschilo e Sofocle e lo stesso Dante Alighieri non sono mai stati realmente esclusi dall’ambito filosofico:le loro stesse opere sono un crogiuolo di dottrine e di saperi fondamentali che hanno per oggetto i principi più alti del conoscere,nonché una critica visione delle sfere sociali, etiche, estetiche e gnoseologie, pertinenti al contesto in cui sono vissuti, ma, altrettanto attualizzabili.Non dimentichiamo che la filosofia è la madre di tutte le conoscenze, e che la poetica, la retorica, l’estetica da un parte e la fisica, la politica, la logica, la cosmologia, la matematica dall’altra, sono tutte forme specifiche di questa disciplina che ricerca i principi primi delle strutture più generali dell’essere, e che esplora il rapporto dell’uomo con il mondo sensibile ed intelligibile…Aristotele fu il primo inoltre a riconoscere che la poiesis pur legata al divenire, all’uso, ed alle scelte dell’uomo ( quindi priva di assiomi necessari e dalla quale dunque non è possibile esigere la stessa dimostratività specifica delle discipline scientifiche) possedesse una sua dignità ed una sua valenza autonoma nel perseguimento della conoscenza. La poesia interroga l’interiorità psichica umana, che viene poi ampliata e proiettata verso l’esterno, offre voce alle valenze mitiche ed archetipe inconscie, successivamente  reificate in forma di potenze divine. L’ufologia invece non ha un suo “status” specifico: si presenta come una disciplina spuria costituita da più scienze diverse che cercano di convergere in un unico approccio metodologico spesso poco credibile ed applicabile. L’ufologia consta di un insieme di fenomeni che riguardano l’uomo nella sua interezza, ma che compenetrano talmente tanti aspetti differenti e contrastanti tra loro che difficilmente si riesce a conseguire una eziologia applicabile universalmente. Tuttavia per quanto mi riguarda, auspico che l’ufologia possa essere considerata e rivalutata dalla scienza, come è stato per la poesia da parte della filosofia:occorre però sottolineare che la poesia è una figlia minore della stessa filosofia, mentre l’ufologia è considerata una sorellastra scomoda ed irrazionale dalla stessa scienza, molto spesso equiparata, ingiustamente alle miscellanee esoteriste e paranormali oggi troppo in auge! Se un giorno l’ufologia acquisirà un rigore ontologico e gnoseologico di scienza, questo certamente avverrà grazie all’opera di coraggiosi studiosi che sapranno epurarla da tutte le scorie di fanatismo e di esaltazione schizofrenica che si porta da molto tempo appresso…Forse solo allora, delineato il fenomeno nella sua interezza e supportato da incontrovertibili tradizioni critiche, da una valida euristica, nonché da uniformi principi speculativi predittivi, l’ufologia potrà ottenere la giusta equiparazione alle altre forme del sapere. Purtroppo vedo ancora molto aleatoria e lontana questa realtà: questo perché sia l’ostinazione di alcuni ufologi da una parte, ed una certa rigidità dell’ establishment scientifico dall’altra, alimentati entrambi da protervi ed apparentemente inoppugnabili preconcetti, non favoriscono certamente l’accellerazione della trasformazione della stessa ufologia in una scienza a pieno diritto.

 

  1. Tu guardi il cielo? Come, e cosa vi vedi?

 

Lo guardo con spirito filosofico: osservo le stelle, le costellazioni, lo splendore della Via Lattea con l’animo speculativo dei primi uomini che si rapportavano al cielo con il desiderio di comprenderne i propri segreti , di scoprirne le sue leggi ed i suoi moti.                                                                                           Mi sforzo di assaporare mentalmente quella meravigliosa ed armiosa volta che ci sovrasta e ci rammenta la nostra finitudine temporale, cercando di comprendere l’incantevole voce segreta della Natura che lo stesso Kant precritico, affermava potesse essere carpita solamente da chi si avvicina allo spazio, anelando la libertà e la fusione con quel cosmo in sé fisico, e metafisico. Avrei voluto moltissimo diventare una astronoma da piccola: leggevo i libri sui segreti dell’Universo e, nelle notti molto serene, e molto luminose, mi sedevo per terra sul mio terrazzo,appoggiavo la schiena al muro, con le braccia conserte alle ginocchia, alzavo gli occhi al cielo, e fissando a lungo una stella o a stessa luna, mi pareva di volare via, elevarmi dal mio stato terreno, espandere la mia coscienza e giungere lassù…Non mi sono mai sentito sola, nell’osservare la volta stellata: anzi sentivo in me una grande pace interiore. Non era un anelito religioso il mio: non aspettavo segni o presenze divine dal cielo, ma mi entusiasmava la possibilità di essere parte di quel meraviglioso e misterioso Universo…  Più avanti, influenzata da alcune letture fantascientifiche e, con animo ingenuo e profano, iniziai a voler ravvedere tra le stelle, bagliori di vita ed a ritenere che lassù avrebbe potuto esserci qualcuno, creature amiche, che sarebbero giunte fino sul mio pianeta per fare conoscenza con me. Ma questi sono i sogni e le fantasie di una Stefania bambina che non esiste più! Oggi rimane solamente nel mio cuore la gioia di poter conoscere gli astri, i mutamenti celesti, le nuove coperte astrofisiche, l’esobiologia: per questo motivo mi reco spesso al Planetario di Milano per seguire conferenze e seminari. Oggi purtroppo non si guarda più il cielo che, molto spesso è reso opaco ed invisibile ai nostri occhi a causa delle illuminazioni e dell’inquinamento delle nostre città.                                   

Forse come dice Ermanno Olmi, si è persa la sensibiltà e soprattutto quella capacità di stupirci, e di percepire le semplici meraviglie della natura che ci circondano, qualità indispensabili all’essere umano per crescere ed essere veramente felice.

 

§§§

 

Quest’ultima risposta è tanto “vera” quanto pregna d’umani dubbi e speranze.

“Vassene il tempo e l'uom non se ne avvede”

 

La grande modernità di Dante sta proprio nella sua umanità, nel saper interpretare le inquietudini e lo smarrimento che l’uomo prova nei confronti del significato misterioso del proprio esistere.

Dopo settecento anni di storia, tale smarrimento non è  mai stato colmato, è sempre presente. Col suo “Paradiso”, il Sommo Poeta, trova il modo di superare una visione troppo terrena dell’esistere, permeandola di voli, di luci divine e intelligenze motrici capaci di restituire “sapore” all’esistere. Ciò che appare agli occhi dei più disincantati una vita priva di significati, grazie a questa pulsione, supera il terreno; la Storia si eleva e diviene Metastoria, un progetto sì dell’uomo, ma pensato ed illuminato da insondabili luci e voli, che avvicinino, in modo inscindibile, la terra e il cielo.

 

 

 

 
   

Data: giugno 2003

Autore: Margherita Campaniolo

Fonte: Space Freedom

 

 

 Vietata la riproduzione senza autorizzazione della stessa. 

Tutto il materiale di questo sito è © di Margherita Campaniolo salvo diversa indicazione