Diversa da
quanto previsto la minaccia degli asteroidi
Gli asteroidi più grandi tenderebbero a
spezzarsi a contatto con l'atmosfera e quindi a colpire il suolo in più impatti
diversi e non in una "botta" unica. Lo hanno scoperto i ricercatori inglesi
dell'Imperial College di Londra e quelli russi dell'Institute for Dynamics of
Geospheres di Mosca. Gli studiosi spiegano come oggetti con un diametro maggiore
di 220 metri colpirebbero la Terra ogni 170 mila anni, invece che i previsti 3 o
4 mila. Corpi così grandi, se cadessero nell'oceano, provocherebbero enormi
ondate (tsunami) particolarmente distruttive. È improbabile però che al contatto
con l'atmosfera asteroidi di questa taglia rimangano intatti. Generalmente
infatti, i corpi più grandi piuttosto che essere blocchi unici di solida roccia
sono una pila instabile di rocce diverse. L'urto con lo "scudo d'aria" che
protegge il nostro pianeta probabilmente farebbe saltare il precario equilibrio,
spezzandoli in frammenti più piccoli. A questo punto gli effetti sulla
superficie planetaria dipenderebbero dal momento in cui l'asteroide si spezza.
In casi estremi, l'intera energia dell'asteroide potrebbe disperdersi
nell'atmosfera. Se questo accade però a poca distanza dal suolo, gli effetti
potrebbero essere ugualmente catastrofici, come è successo nel caso di Tunguska
in Siberia nel 1908. A entrare in gioco poi è anche la composizione dell'oggetto
celeste che oltre alla roccia tende ad avere anche un nucleo di ferro. I
ricercatori hanno simulato gli effetti provocati da impatti di asteroidi
diversi, solo di roccia o di roccia e ferro, di peso variabile tra un
chilogrammo e un miliardo di tonnellate. Hanno così calcolato che quelle
rocciose tendono a disintegrarsi prima di quelle con un nucleo di ferro.
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