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Specchiarsi in una pozza d'acqua marziana, senza essere narcisi

 
   

Acqua, acqua liquida, oggi, adesso, sul

 suolo di Marte

di Margherita Campaniolo

 
     

 

C’è chi crede che gli scienziati, sul fronte marziano, ci dicano e non dicano, che facciano finta di non vedere, io penso non sia totalmente così. Tra gli appassionati il desiderio di scoprire vita extraterrestre è grande ma l’impazienza è un privilegio solo loro (nostro, mio), qualcosa dalla quale uno scienziato (per quanto non ne sia immune) deve tenersi bene alla larga; il rischio è compromettere di colpo l’immagine faticosamente costruita in anni di lavoro e questo, nonostante i desideri dell’opinione pubblica, è davvero un azzardo. La notizia di cui parleremo oggi, e che ha dell’incredibile proprio perché annunciata da uno scienziato, dimostra da una parte che se non è interesse della scienza “non dire”, dall’altro ci da un’idea di cosa accade quando affermazioni così forti sono dichiarate. Acqua, acqua liquida, oggi, adesso, sul suolo di Marte.

 

 

 

Quante foto scattate dal rover Opportunity abbiamo visto? E della zona del cratere Endurance? Quante volte ci siamo detti: eppure sembra che… Io molte, Alessio Feltri con il suo "Ghiaccio bollente" ancora di più. Ebbene, se lo sono chiesti anche alla Aerospace company Lockheed Martin (Arizona), tanto che hanno continuato ad osservarle e riosservarle con nuove ed approfondite analisi fino a dire che lì, acqua liquida, si crea formando delle pozzanghere e stilare un dettagliato rapporto che specifica i punti esatti in cui l’acqua è presente, il tutto contro la voce, altrettanto autorevole, di altri scienziati che, a causa dell’atmosfera marziana, definiscono ciò impossibile.

 
 

Il coraggioso “eroe” o il "pazzo scatenato", è il fisico Ron Levin che si occupa, per la Lockheed, dell’elaborazione delle immagini del JPL insieme all’Assistente tecnico Daniel Lyddy. La ricostruzione stereoscopica di alcuni scatti di Opportunity mostra zone bluastre che appaiono perfettamente piane e con superfici così regolari che il computer non è in grado di trovare punti di riferimento utili alla sovrapposizione di due scatti della stessa zona. Questi tratti di terreno così particolari, risultano essere più profondi e bassi dei circostanti ed inoltre appaiono come trasparenti poiché, attraverso essi, sembra di scorgere rocce e sassi sotto la loro superficie, come accade, appunto, per rocce e sassi sommersi da un liquido incolore.

Questi dati portano Levin ad affermare che è come vedere l’effetto prodotto da acqua o da uno strato molto chiaro di ghiaccio ma che, a conferma dell’ipotesi ghiaccio, non dovremmo avere la presenza costante di bordi netti alla stessa altezza (come invece accade) e costatare l’esistenza di residui di materiale e sabbia.  Anche al JPL c’è chi condivide, come Michael Hecht che, insieme ad altri ricercatori, concorda nel dire che i calcoli effettuati porterebbero ad affermare la possibilità concreta dell’esistenza di piccole zone di superficie in cui potrebbero formarsi pozze d’acqua e non solamente brevi percolazioni liquide, dalla vita brevissima, come dimostrato di recente dall’osservazione di immagini che riprendono, a più riprese e a distanza di anni, di fianchi di crateri o monti marziani.

 

Fino ad oggi non era mai stata annunciata la presenza di segni di acqua liquida in superficie e i risultati di Levin, che verranno presentati alla fine del 2007 ad un congresso  di “Electrical and Electronics Engineers”  dell’istituto Lockheed, sono una vera notizia bomba, una bomba che ha già cominciato ad avere i suoi effetti e le sue aspre critiche.

Phil Christensen, dell’Arizona State University, ritiene che non è tanto la temperatura quanto l’atmosfera di Marte ad impedire che ciò accada, provocando il quasi immediato passaggio allo stadio di sublimazione dell’acqua liquida. Ammette che è teoricamente possibile il formarsi di acqua liquida sotto terra ma, sopra la superficie? Possono esistere circostanze particolari in cui formarsi? Christensen ritiene che una di queste potrebbe essere la totale mancanza di vento, fatto che consentirebbe una evaporazione meno repentina ma, nel contempo, dichiara non realistica tale circostanza.

 

Provare anche solo ad immaginare la portata scientifica e la risonanza che le affermazioni di Levin possono avere è da capogiro, riaprirebbe uno scenario totalmente nuovo sul “discorso Marte” e sulle ipotesi di organismi marziani.

Alle critiche Levin ribatte per niente intimorito affermando che non è impossibile esistano zone, sulla superficie marziana, in cui si vadano a creare le condizioni ideali per la comparsa di pozze d’acqua, alla giusta temperatura e a riparo di venti, come l’interno di crateri, durante i mezzogiorno dell’estate marziana ma anche a temperature meno elevate.

Opportunity è adesso impegnato su altri fronti ma Levin lancia la sfida: basta condurlo nella zona delle “pozze” e consentire al robot di agire, su quelle superfici, con il suo trapano: se non si tratta di acqua avremo un bel buco ma se buco non si dovesse formare…

 

Un atteggiamento risoluto, quello di Levin, e che probabilmente ha origini lontane. Suo padre, Gilbert Levin, era “Principal investigator” della missione Viking Mars lander, quella che in prima analisi diede conferma della presenza di vita su Marte, notizia sconfessata da ulteriori analisi che portarono gli scienziati a negare la realtà di presenza di materiale organico sul pianeta rosso, supportati dalla teoria dell’impossibilità di presenza alcuna di acqua liquida sul suolo marziano, con strascichi e polemiche che si trascinano da più di 30 anni.

Gilbert Levin non ha mai smesso di credere in quei dati e deve essere un “fuoco” che ha coinvolto e “contagiato” anche il figlio Ron, nella ricerca di un riscatto ma anche di una verità acquisita. Estremamente interessante l’articolo scritto da entrambi già nel 1998 dal titolo “Acqua liquida e vita su Marte” (Instruments, Methods, and Missions for Astrobiology, SPIE Proceedings, 3441, 30-41, July 1998) che riprendeva tutte le obiezioni mosse alle prime analisi del 1976 del Viking.

 

Noi speriamo i Levin trovino pubblici consensi… la bottiglia è già in fresco!

 
 
 

Data: 10 giugno 2007

Autore: Margherita Campaniolo

Fonti: New Scientist Planet

Journal reference: R. L. Levin and Daniel Lyddy, Investigation of possible liquid water ponds on the Martian surface (2007 IEEE Aerospace Applications Confere

 

 
 

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