Un piccolo robot vegetale metterà radici su Marte

Da Agraria dell'università di Firenze, una macchina con le proprietà delle piante che sfrutterà l'intelligenza della flora per studiare lo spazio

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Sarà il primo plantoide della storia. E se tutto andrà bene, metterà radici su Marte per esplorarlo come nessuno ha mai fatto prima, ovvero da fermo. Dopo aver scoperto che le piante hanno se non un'anima, qualcosa di molto simile alle cellule neuronali umane, il professor Stefano Mancuso della facoltà di agraria dell'università di Firenze sta mettendo a punto un "robot plantoide, cioè una macchina che si ispira al mondo vegetale. Finora sono stati costruiti robot umanoidi, insettoidi, animaloidi, ma mai nessuno che utilizzasse i principi delle piante", spiega Mancuso. Un peccato, perché a quanto pare potrebbero risultare utili anche per le esplorazioni spaziali.

Ma andiamo per gradi: perché prendere esempio proprio dalla flora? Perché due anni fa il professore ha messo a segno una scoperta che ha dell'incredibile. Negli apici radicali delle piante - le punte delle radici - si trovano delle cellule capaci di funzionare come neurotrasmettitori, cioè in maniera analoga alle sinapsi del nostro cervello. Questo gli permette non solo di allevare figli e provvedere al proprio sostentamento, ma anche di comunicare con sorelle della stessa specie, inscenando manifestazioni di intolleranza verso quelle di altre razze, con la possibilità di trasmettere segnali di allarme se minacciate, e minacciare a loro volta.

"A che serve studiare tutto questo? Prima di tutto a risolvere una questione etica: il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale di Firenze con cui collaboro per questo progetto è il primo che applica le ricerche sulle neuroscienze alla botanica. Se la cosa si diffondesse, si potrebbero usare le piante al posto degli animali", chiosa il professore di agraria. "In secondo luogo il mondo botanico è composto da organismi pionieri per eccellenza: dopo una colata lavica ad esempio, la prima forma vivente che si manifesta è quella vegetale. Studiando i suoi mezzi di sopravvivenza, e riproponendoli in un plantoide, realizziamo una macchina che ha molte più possibilità di attecchire e resistere in ambienti apparentemente ostili".

Il che, traslato sul suolo marziano, vuol dire innanzi tutto un robot che ha un costo di qualche "decina di milioni di dollari", contro le centinaia di Spirit e Opportunity secondo i calcoli di Mancuso e della Scuola Superiore di Sant'Anna che lo coadiuva. Robottini che peraltro si muovono con grande lentezza, impiegando giorni per spostarsi su Marte. Il plantoide invece non avrebbe alcun bisogno di muoversi. Il progetto infatti prevede che una navicella rilasci una serie di plantoidi nell'atmosfera marziana. Grandi poco più di dieci centimetri, i robot si spargerebbero sul pianeta rosso aprendosi all'istante e innestando le loro radici - provviste di cellule simili a quelle delle piante - a terra. Con quelle esplorerebbero il sottosuolo, mentre una serie di simil-foglie si occuperebbero della superficie, alimentando all'infinito il robot grazie alle cellule fotovoltaiche di cui sono ricoperte.

Per esplorare il pianeta non ci sarebbe bisogno di muoversi, perché verrebbero spediti diverse centinaia di esemplari, tutti in grado di comunicare tra loro i dati rilevati che solo due, i più costosi, si incaricherebbero di inviare sulla Terra. Il primo lancio? "E' ancora presto: abbiamo qualche finanziamento dall'Esa (l'agenzia spaziale europea), ma non basta. Quando avremo reso noti tutti i possibili impieghi dei plantoidi, forse arriveranno", conclude il professore. Qualche esempio lo fa già, indicandoli per attacchi terroristici di tipo batteriologico, e zone sottoposte ad inquinamenti radioattivi o chimici: rileverebbero il livello di contaminazione, tenendoci aggiornati sulla propagazione degli agenti patogeni. E sarebbero utili anche per fare una mappatura dei campi minati: le piante hanno sensori sensibili all'ossido d'azoto, un gas sprigionato dalle mine. Nell'università si pensa già al prossimo step, ovvero utilizzare cellule vegetali per comandare i plantoidi, ma questa è un'altra storia.
 

 
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Data: 10/04/06

Autore: GAIA GIULIANI

Fonte: Salento. com

Link http://www.salento.com

 

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