STAZIONE MARIO ZUCCHELLI (BAIA TERRA NOVA) -
Migliaia di anni fa la parte vicina alla riva del fondale della Tethys
Bay, vicino la base antartica italiana di Baia Terra Nova, era una terra
emersa ed esposta a temperature cosi' basse da formare il permafrost, lo
strato compatto e durissimo di terreno ghiacciato. Poi, probabilmente a
causa del riscaldamento del clima, i ghiacciai si ritirarono e il
livello del mare si alzo' fino a ricoprire il permafrost. E' la storia
raccontata dal fondale, dove una perforazione profonda 3,20 metri ha
permesso di misurare la temperatura rivelando la presenza del permafrost:
e' la traccia dell'esistenza, in passato, di una terra emersa.
''Finora c'erano solo prove indirette dell'esistenza del permafrost
sottomarino, e adesso per la prima volta e' stata misurata la
temperatura all'interno di una perforazione'', ha detto il geologo e
glaciologo Mauro Guglielmin, dell'universita' dell'Insubria a Varese,
che ha condotto la ricerca nell'ambito del Programma Nazionale di
Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal ministero per l'Istruzione,
universita' e ricerca e gestito dal consorzio formato da ENEA, CNR, INGV
e OGS. Oltre a raccontare una pagina di storia del clima, la ricerca
potrebbe essere il banco di prova della fattibilita' di prelevare
campioni di materiale in modo quasi asettico, in vista dell'esplorazione
di Marte.
Giorni di lavoro sul pack nella Tethys Bay, con la macchina per la
perforazione che scendeva sotto il ghiaccio, attraversava l'acqua, in
quel punto profonda circa 3 metri e poi scavava il fondale e scendeva
per piu' di 3 metri. E alla fine il risultato e' arrivato. A 3,20 metri
dal fondale i geologi hanno scoperto che la temperatura restava fino a
un certo punto la stessa dell'acqua marina, ma poi faceva un brusco
salto, scendendo a meno 2,5 gradi, ossia quasi di un grado in meno
rispetto a quella dell'acqua. ''Questa - ha osservato Guglielmin -
dovrebbe essere la prova che un tempo quel terreno era emerso ed esposto
a temperature piu' fredde, e che in seguito e' stato ricoperto dal mare.
A prima vista i campioni che abbiamo prelevato contengono ghiaccio, che
normalmente in condizioni sottomarine non dovrebbe esserci. La risposta
definitiva verra' pero' dalle analisi che verranno fatte a Varese non
appena i campioni arriveranno in Italia''. L'analisi dei campioni
permettera' anche di ricostruire quando e' avvenuto qual cambiamento
climatico. Al momento, secondo Guglielmin, si puo' dire soltanto che
quell'evento risale a piu' di 8.000 anni fa. L'augurio e' di trovare,
nella carota di fondale, tracce di materiali databili, come ceneri
vulcaniche. Ma gia' la misura della temperatura, secondo il geologo,
suggerisce che un tempo il livello del mare era piu' basso e che in
seguito si verificarono condizioni climatiche simili a quelle attuali,
con l'arretramento dei ghiacciai e la comparsa di un periodo piu' caldo.
Finora l'esistenza del permafrost sottomarino in Antartide era solo
un'ipotesi. Le uniche prove erano indirette: erano state raccolte per la
prima volta negli anni '70 da un gruppo americano nella zona della base
statunitense di Mc Murdo, e poi nel 1997 a Baia Terra Nova dallo stesso
Guglielmin. Nel primo caso era stata misurata la velocita' delle onde
sismiche sul fondale marino, mentre nella ricerca italiana correnti
indotte nel terreno avevano mostrato una differenza di potenziale
probabilmente dovuta alla resistenza del materiale presente sotto il
fondale. In entrambi i casi i dati facevano pensare che sotto il fondale
si trovava uno strato di terreno gelato.
Guglielmin e' ottimista sulla possibilita' di applicare indagini di
questo tipo alla ricerca spaziale, ad esempio all'esplorazione di Marte.
''Si possono sviluppare tecnologie che permettano di prelevare campioni
asettici in un terreno molto duro come il permafrost''. Intanto, ha
proseguito, e' importante sviluppare tecnologie come queste per
verificare se nei campioni prelevati sono presenti forme di vita, come
batteri o altri microrganismi. ''E' interessante - ha concluso -
studiare fino a che punto puo' spingersi la vita in condizioni estreme,
di assoluta assenza di luce, acqua e ossigeno e a temperature
bassissime. Una palestra utile per le future esplorazioni spaziali''.
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