Fino al VI secolo
i canti venivano trasmessi oralmente. Poi si cominciò a usare una
“notazione” di origine greca che utilizzava le lettere dell’alfabeto e
che nei paesi anglosassoni è ancora in uso (A = la, B= si, C = do, D =
re, E = mi, F = fa, G = sol).
Canto libero.
I nomi delle note come li
conosciamo noi, invece, risalgono al Dodicesimo secolo e corrispondono
alle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno a San Giovanni
Battista:
UT queant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum,
SAncte Iohannes
("affinché i tuoi servi possano
cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il
peccato, o santo Giovanni, dalle loro labbra indegne")
Fu Guido d’Arezzo,
un famoso teorico della musica, a notare che ciascun versetto
corrispondeva a una diversa tonalità e a utilizzarne le iniziali per
definire le note.
Si dovrà attendere però il XVI secolo prima che la
settima nota riceva un nome definitivo (SI, dalle iniziali di Sancte
Iohannes), e il XVII secolo perché anche in nel nostro Paese venga
sostituita la nota UT con il DO.