Entro
il 1994 oltre 80 formazioni e i relativi campioni di piante (da Stati
Uniti, Canada, Australia e Inghilterra) erano stati esaminati dal BLT.
Secondo quando indicato da W. C. Levengood e Nancy P. Talbott
[4] le piante appartenenti a più del 95% dei crop
circles presi a campione rivelavano anomalie (sia singole che multiple).
Come mai tutto questo? La presenza di queste anomalie era da
interpretare come l'indicazione che un crop circle trova origine in
qualcosa di totalmente estraneo a quanto da noi conosciuto? Sono
dell'idea, come disse Charles Fort, ricercatore statunitense dei primi
del secolo scorso detto il "profeta dell'insolito", che "l'anomalia è la
stella polare della ricerca scientifica: lo spiraglio attraverso il
quale si intravede il nuovo" ma cos'è il nuovo? È possibile che nello
studio dei crop circles si sia tralasciato o non valutato abbastanza
qualcosa? Oppure la metodologia d'indagine e di ricerca adottata e,
conseguentemente, le osservazioni scientifiche dei vari cereaologi
sparsi per il mondo sono da ritenersi assolutamente valide e ci troviamo
perciò di fronte ad un inequivocabile e misterioso fenomeno? Ciascuna
anomalia meriterebbe una lunga e seria rivisitazione ma esigenze di
spazio ci impongono di tentare di considerarne una solamente; quella più
facilmente rinvenibile e alla portata di chiunque si trovasse a visitare
un agroglifo è senza dubbio l'anomalia dell'allungamento dei nodi.
Quegli
strani nodi
Alla
luce di quelle che sono le regole fondamentali per la comprensione del
comportamento dei vegetali vediamo cosa accade all'interno di un crop
circle o meglio iniziamo con lo stabilire cos'è, agronomicamente
parlando, un crop circle. Un crop circle, dal punto di vista della
pianta, è una formazione di spighe allettate, termine specifico con il
quale gli agronomi definiscono la situazione fisica di piante non in
naturale portamento (eretto) ma prostrate al suolo.
Questa
condizione fisica innaturale non scoraggia le piante che, in tutti i
modi possibili e secondo le leggi che ne regolano lo sviluppo, cercano
di assolvere al loro ciclo riproduttivo [5] anche se
l'allettamento ha degli effetti inevitabili sulla produzione e/o sullo
sviluppo delle piante stesse (come conseguenza alla legge del Minimo
[6] e della Tolleranza
[7]
).
Constatare come i nodi delle piante di un crop circle su graminacee,
nella stragrande maggioranza dei casi, si presentano allungati e piegati
lungo uno di questi è un dato di fatto incontrovertibile. Il significato
che il BLT diede alla diversa dimensione e conformazione dei nodi fu di
anomalia. Adriano Forgione, insieme ad Alfredo di Prinzio, nel suo
Cerchi nel grano - Messaggi tra cielo e terra a tal proposito scrive: "È
stato determinato senza possibilità di errore che il fenomeno presenta
un'origine non adducibile all'opera umana" [8].
Levengood infatti ipotizzò che a causare l'anomalia dovesse essere una
radiazione elettromagnetica assimilabile alle microonde; prese in
considerazione la possibilità che il fenomeno fosse una risposta
naturale dipendente dall'allettamento delle piante, ipotesi comunque
presto abbandonata perché il numero comparativo tra la misura dei nodi
delle spighe non prostrate e quelle al suolo sembrò lui essere
eccessivo. In seguito, l'ingegnere Eltjo H. Haselhoff, cereaologo
olandese, riprendendo una osservazione già fatta da Levengood
[9], registrò come, in un paio di misurazioni su
porzioni di piante prostrate a sviluppo circolare, la lunghezza del nodo
appariva variare all'interno dell'area del cerchio; non si trattava di
piante tutte ugualmente allettate? Perché mai si presentavano nodi più
lunghi di altri e perché sembravano occupare una disposizione geometrica
all'interno del crop circle? "Forse può sapere una pianta che nel campo
è presente una traccia circolare e conoscere la propria posizione
all'interno del cerchio? La risposta è semplice: la pianta non lo sa"
[10] - così si esprime Haselhoff in merito.
Effettivamente, nell'analisi del fenomeno dei crop circles, la questione
dei nodi non può non colpire, su questo argomento è centrata gran parte
dell'attenzione e degli studi dedicati ai cerchi nel grano. Giusto
ascoltare le tesi dei cereaologi ma altresì giusto fare ciò che,
apparentemente, può sembrare un passo indietro da tali certezze e, cum
grano salis, provare a chiedere agli esperti della terra se tale
fenomenologia è nota, con quali caratteristiche e incidenza. Le
indicazioni che se ne traggono dimostrano come il mondo delle piante è
un mondo estremamente complesso (non meno di quello degli umani),
alieno, veramente alieno alla maggior parte di noi!
Partiamo con l'analizzare qual è la struttura delle graminacee e, in
particolare, dei cereali: presentano un fusto eretto detto culmo di
altezza variabile (a seconda della specie e della varietà della
graminacea) cavo internamente. Lungo il culmo sono distribuiti dei nodi
che l'intervallano in zone dette internodi (circa 7/9 per pianta). Nella
fase iniziale dello sviluppo della pianta questi nodi sono molto vicini
gli uni agli altri, poi, a causa della crescita del culmo, si
allontanano, allungando gli internodi (e non come spesso si legge in
certi articoli sui cerchi nel grano apparsi in Italia in cui si parla di
nodi in termini di noduli e di nodi d'accrescimento, i nodi non lo sono,
la crescita avviene negli internodi).
Eppure
i nodi sono punti di grande importanza, punti che potremmo definire dei
"crocevia": da questi nascono e si diramano le foglie nonché, altra
caratteristica molto importante, permettono il movimento della pianta.
Le
piante, lungo la loro evoluzione, hanno dovuto affrontare e risolvere
una grande molteplicità di problemi legati alla sopravvivenza:
sviluppare una struttura di sostegno, inventarsi un sistema di trasporto
delle sostanze minerali nutritive attraverso le varie parti
dell'organismo, proteggere i delicati organi riproduttivi, assicurare la
riproduzione nel periodo più adatto, dare protezione e alimento alle
giovani plantule, perfezionare i meccanismi di adattamento alle
variabili condizioni climatiche in rapporto alla stagionalità eccetera.
Tutto ciò ha comportato grosse modifiche al loro metabolismo e ha reso
necessaria l'acquisizione di complesse strutture sensorie per la messa a
punto di un preciso orologio biologico interno. Oltre al tempo le piante
sono in grado di misurare la gravità, la temperatura, la luce e molto
altro e agire di conseguenza (dire quindi di sapere ciò che la pianta
"sa", possiamo solamente considerarla una battuta tanto semplicistica
quanto superficiale); si nutrono, respirano, combattono le infezioni,
interagiscono e attuano forme di comunicazione chimica tra loro; in
alcuni casi, entrano in simbiosi con funghi e batteri e si possono
rigenerare in vari modi anche utilizzando singole cellule, poiché ognuna
di queste contiene le informazioni genetiche per ricostituire qualunque
parte della pianta.
Ciò non
di meno le piante vivono fortemente in continua competizione sia con
l'ambiente che con gli altri vegetali per la conquista della luce, dello
spazio e delle sostanze nutritive, elementi necessari alla loro
sopravvivenza. Gli animali, dotati di movimento proprio, riescono a
rispondere meglio alle variazioni climatiche e alle condizioni
logistiche avverse ma le graminacee hanno scoperto, si sono "inventate",
un sistema che nel nodo trova un meccanismo magnifico per poter in
qualche modo muoversi e ripristinare situazioni ottimali di crescita
legate principalmente al fattore luce.
Le
piante hanno sviluppato la capacità di attivare dei tropismi (piegature
o rotazioni delle piante verso stimoli esterni); due di questi
riguardano la risposta dei coleoptili [11], dei
germogli e della parte aerea delle piante alla gravità e alla luce e
prendono il nome di geotropismo o gravitropismo negativo (negativo in
quanto direzionato in senso opposto alla forza di gravità) e
fototropismo positivo (positivo in quanto direzionato verso la fonte
luminosa). Queste abilità sono ancora oggi oggetto di serio studio da
parte degli scienziati; sappiamo che sia il geotropismo che il
fototropismo sono veicolati principalmente da un particolare ormone,
l'Auxina, ormone vegetale che regola una vasta gamma di effetti:
sviluppo di foglie e frutti, accrescimento secondario e, appunto,
risposta geotropica (o gravitropica) e fototropica, la prima forse
associata ad una redistribuzione di ioni Ca++ che rafforzerebbero
l'effetto dell'ormone.
Qualsiasi sia la posizione del seme in terra, l'apice delle graminacee
(coleoptile o coleottile), guidato dal geotropismo negativo, fuoriesce
dal terreno; da quel momento passa ad orientarsi secondo la struttura
propria della specie (eretta per i cereali) e, sotto l'influenza delle
condizioni ambientali e guidato dal fototropismo positivo, si orienta
verso la luce. Una prima spiegazione sui tropismi dei coleottili fu data
dalla teoria di Cholodny-Went. Secondo tale teoria in un certo modo lo
stimolo fototropico risulterebbe da una distribuzione disuguale e
laterale dell'auxina nell'apice (maggiore concentrazione dell'auxina
nella parte in ombra). Più complessa e ancora non del tutto chiarita la
risposta al gravitropismo negativo poiché i risultati dei numerosi e
recenti studi sono stati contraddittori. È certo che le varie parti
della pianta rispondono in maniera diversificata allo stimolo
gravitropico, ragion per cui non è possibile avere, ancora oggi, una
spiegazione generale della fenomenologia.
Graminacee in campo e in situazione di allettamento (situazione che può
avvenire per cause naturali o artificiali) sia per poter ripristinare
accettabili condizioni di luce che per orientarsi secondo gravità,
producono una quantità maggiore di auxina (a sua volta controllata dal
criptocromo, una flavoproteina che si attiva con la luce) che va a
depositarsi nelle cellule della parte del nodo meno esposto alla luce;
l'auxina induce questo ad un accrescimento differenziato, anomalo,
sproporzionato, al punto che il nodo si piega, ginocchia e fa in modo
che la pianta possa raddrizzarsi. Ho chiesto in modo specifico alla
dottoressa Bruna Saviotti, presidente dell'AIS e dell'APSOV
[12] e ritenuta una delle massime esperte cerealicole
d'Italia, se questo accrescimento è uguale per tutte le piante e per
tutte quelle presenti in una porzione di raccolto allettato e lei mi ha
risposto essere questo impossibile; di quanto si allunghi il nodo
dipende dalle caratteristiche genetiche della pianta, (più una pianta è
geneticamente alta più il nodo si allunga), dal grado di fittezza della
coltivazione (più piante competono più si allungano), da come è avvenuto
l'allettamento (maggiore o minore compressione, intrecci ecc...), se
coperte da altre (le piante sotto si allungano di più di quelle sopra).
In buona sostanza tutte le piante cercano la luce e si allungano a
cercarla ma in modo differenziato.
Un'altra domanda specifica che ho posto riguardava l'esistenza di
eventuali studi che riportassero la misura standard di questi nodi anche
se tutto indicava già chiaramente come non ci fossero nodi all'interno
di un campo allettato di pari misura se non quelli che potrebbero
trovarsi in uguale privazione di luce o che ricevessero la stessa
quantità di radiazione luminosa o schiacciate con ugual forza o
intrecciate nello stesso gruppo di spighe producendo una uguale quantità
di auxina e, non volendo qui parlare dell'ulteriore complicazione che
nasce dalla consuetudine contadina di effettuare semine in pieno campo
composte da mix differenti di varietà dello stesso cereale (diversità,
nella maggior parte dei casi, assolutamente invisibili all'occhio umano
inesperto), con variazioni presenti finanche tra pianta e pianta della
stessa varietà al variare della condizione genetica iniziale di ciascun
singolo seme. Mi è stato chiaramente indicato come in letteratura
agronomica vi siano studi e pubblicazioni che parlano dell'allettamento
e dei nodi ma che non esistono assolutamente studi su quanto questi nodi
si allunghino; sarebbe pressoché assurdo, impossibile per la
scientificità dei dati, dare oggi dei numeri.
Se ne
deduce che occorrerebbe un lungo e serio studio per arrivare a poter
dare numeri significativi, uno studio che, oltre alle problematiche già
dette, dovrebbe tenere in considerazione non solo le caratteristiche di
ciascuna specie e, all'interno di una specie, delle differenti cultivar
[13] (e per ogni cultivar della situazione genetica di
partenza) ma, per ciascuna di queste, le variabili al mutare
dell'umidità, delle correnti d'aria, della luce ricevuta, della diversa
situazione del terreno, delle condizioni ecologico-ambientali,
colturali, climatiche ecc.. un'infinita molteplicità di situazioni che
inciderebbero inevitabilmente sui dati venendo a creare una serie
numerosissima di indici standard di lunghezza dei nodi per allettamento
umano o atmosferico, uno per ciascuna singola situazione e poi...
avrebbe senso, ai fini agronomici, l'effettuazione di una tale complessa
analisi con un numero così sconfinato di variabili? Effettivamente
un'indagine così vasta e lunga (in ordine di tempi di realizzazione)
oltre che onerosa (da un punto di vista finanziario e di unità
scientifiche da impiegare) non avrebbe certo come scopo ultimo il
miglioramento del rendimento colturale quindi è logico comprendere come
un'indagine di questo tipo possa essere stata ritenuta "inutile"
rispetto ad altre emergenze, ad esempio lo studio e la selezione di
cereali maggiormente resistenti a fenomeni di allettamento naturale.
Eppure
nello studio dei crop circles si parla dell'esistenza di un indice della
misura della lunghezza dei nodi delle piante allettate per cause note,
uno standard che, conseguentemente, funge da termine di paragone per
misure oltre la norma e che ha così permesso definire anomala l'entità
di un nodo all'interno di un crop circle e decretarne quindi la
possibile natura misteriosa. Il dottor Haselhoff nel suo libro La natura
complessa dei cerchi nel grano, accenna: " [...] tuttavia, studi
precedenti hanno indicato che tale meccanismo (si parla della
ginocchiatura per cause naturali o artificiali) non può incidere più del
10, (si parla della lunghezza del nodo) massimo 20% sulla crescita dei
nodi in una settimana" [14]; studi che, per le
motivazioni di cui abbiamo parlato prima, sarebbero d'immane portata
(qualora qualcuno avesse trovato le motivazioni per consentirne
l'espletamento), ma di cui la comunità scientifica agronomica non è a
conoscenza. Perché? Haselhoff li cita nelle note: Studi effettuati da
Burke, Levengood and Talbott (BLT Research), Vedi lab reports #27 (1994)
and #86 (1997).
Secondo
Levengood, l'indicazione numerica a partire dalla quale possiamo
ritenere essere presente un'anomalia nella lunghezza di un nodo di una
pianta all'interno di un crop circle di dubbia natura, tratta dalla
comparazione con un indice standard rilevato statisticamente in piante
in situazione di allettamento controllato (entrambi da lui determinati),
quello che presumibilmente viene usato da tutti i ricercatori di crop
circles su tutti i crop circles, qualsiasi e ovunque essi si trovino, in
qualsiasi tipo di terreno, in qualsiasi condizione climatica, in
qualsiasi condizione d'allettamento, in qualsiasi periodo di sviluppo
della pianta, per qualsiasi tipo di graminacea e, nello stesso tipo, per
qualsiasi varietà eccetera, sono un esperimento effettuato nel 1994 in
Michigan e uno nel 1997 in Maryland su crop circles (nel primo caso
esattamente n. 4, nel secondo caso n. 3 coppie di 2 cerchi)
appositamente realizzati in due campi e su due non meglio identificate
varietà di grano tenero (una vernino) "commercialmente coltivato".
Sarebbe
interessante chiedere ai cereaologi qual è la misura, in termini
numerici, che essi usano per giudicare anomala la grandezza di un nodo,
come ne sono venuti a conoscenza e le motivazioni che li inducono a
utilizzarla; forse ritengono sufficiente la frase di Haselhoff, 10 - 20%
rispetto alle piante erette e l'accenno ai due studi oppure fanno
riferimento al resoconto del solo esperimento del Maryland presente
nell'articolo su Physiologia Plantarum n.105: 615-624 (1999) a
firma Levengood-Talbott. Quell'articolo è sicuramente una delle più note
pubblicazioni riguardo lo studio dei crop circles, una vera "bibbia" per
gli interessati al fenomeno; nota, sicuramente nota, ma quanto realmente
letta? Persino il più scrupoloso e puntiglioso ricercatore, in grado di
seguire le varie attività dei "dottori in crop circles" e di analizzare
ogni pubblicazione d'interesse, si sarebbe trovato nella difficoltà
estrema di non sapere come agire sulla questione nodi; perché? I
risultati presentati in quell'articolo a riguardo dell'esperimento del
Maryland sono davvero parziali, dicono e non dicono praticamente nulla
di esaustivo, a mio parere visibilmente scarni e assolutamente lacunosi.
Il solo fatto di essere a conoscenza dell'esistenza di quei report è
possibile sia riuscito a tranquillizzare a tal punto appassionati e
ricercatori da ritenere loro inutile andarli a visionare attentamente?
No, sarebbe una leggerezza a cui rifiuto di credere. Di certo sul sito
del BLT, alla pagina in cui vengono presentati i rapporti di laboratorio
[15], non si fa nemmeno un accenno al Lab Report
#27 (1994); viene riportata la voce "Lab Report #86 1997 Maryland
(USA) Control Study", ma non viene offerto alla libera
consultazione; la pagina contiene l'elencazione di uno scarno numero di
rapporti di laboratorio (solo pochissimi visionabili), una breve
introduzione e l'affermazione che i report saranno pubblicati tempo
permettendo. Gli appassionati aspetteranno pazientemente e magari
qualcuno attende dal 1994 e cioè da ben undici anni che il BLT li renda
disponibili; è possibile scrivere a Nancy Talbott (io l'ho fatto) e
chiedere di visionare i report d'interesse; lei vi darà tutte le
indicazioni di come acquisirli a pagamento. Per chi volesse farlo più
velocemente e senza oneri di spesa consiglio la consultazione del link:
www.cropcirclenews.com/modules/mysections/viewcat.php?cid=3.
Vuoi
per averli ricevuti vuoi perché se li sono procurati, è evidente che
almeno i ricercatori devono aver consultato gli studi menzionati e da
questi tratto le indicazioni che utilizzano "giornalmente" nell'analisi
dei nodi di un crop circle; logico pensare che una maggiore chiarezza
devono aver tratto visionando direttamente i due report, quelli citati
da Haselhoff e che egli valuta prove scientifiche talmente
inconfutabili da rendere assolutamente sereno ogni ricercatore ritenesse
di giudicare non causato dai tropismi un nodo trovato di lunghezza
superiore al 10% rispetto al campione di controllo o, per ripetere
l'esatta espressione di Haselhoff, "più del 10, massimo 20% in una
settimana". E gli interrogativi crescono... logico pensarlo ma
nella realtà dei fatti quei due report sono ben lontani dal potere
essere considerati studi, nel senso alto del termine, sulle risposte
gravitropiche e fototropiche dei cereali; possibile che nessuno abbia
notato e si sia posto la questione trattarsi di due esperimenti che,
secondo basi scientifiche agronomiche, non possono essere assolutamente
utilizzati per l'analisi della grandezza dei nodi dei vari crop circles?
Che potrebbero limitarsi ad essere un numero "significativo" solo per
crop circles di natura ignota apparsi sulla stessa identica varietà di
grano tenero (quale?), in uguali condizioni fisico-ambientali presenti
in quel campo del Michigan nel 1994 o del Maryland nel 1997 e in più
effettuati con uguali tecniche, nella medesima condizione di
prostrazione e sottoposti a verifica negli stessi intervalli di tempo? E
tutti gli altri casi?
Sono
appena 396 le varietà di triticum durum (ovvero di grano duro)
presenti nell'elenco delle varietà delle Specie Agrarie iscritte
nel Registro dell'Unione Europea dell'anno 2005 [16],
dalla varietà Acalou a quella Zenit passando per
Casanova ed Exalibur, Icaro, Nerone e Sfinge; molte,
molte di più quelle di grano tenero (triticum aestivum) circa
1250.
Qual è
poi la risposta all'allettamento nel nodo dell'orzo (vero "campione" in
fatto di risposta tropica, quello che risponde con più immediatezza e
incisività), dell'avena, della segale, del mais? E, non
dimentichiamo, vengono persino analizzati e valutati nodi di colza e di
altre piante che non sono neppure graminacee. Oppure, molto più
semplicemente (e assurdamente) si è continuato a mettere a confronto i
nodi dentro ad un crop circle con quelli fuori dal cerchio stupendosi di
trovarli di misura differente, leggerezza commessa tutt'oggi da
moltissimi e alla quale, probabilmente, Levengood ha tentato di "mettere
una pezza" con lo studio comparativo #27 ma soprattutto con
quello #86 dove sottolinea come: "Nei nostri studi delle lunghezze dei
nodi degli steli in relazione alle energie della formazione dei crop, è
diventato importante definire quantitativamente il ruolo del
gravitropismo nelle formazioni allettate".
Verrebbe inoltre spontaneo chiedersi: in tutti i sopralluoghi effettuati
sui vari crop circles sparsi per il mondo e ritenuti, anche per
l'anomalia dei nodi, di natura non umana o naturale e precedenti al 1997
quale metodologia è stata adottata per misurarli e valutarli se non
esisteva neppure un tentativo di studio sulle risposte tropiche dei nodi
di piante in situazione di allettamento controllato?
Pur
volendo dimenticare per un colpo improvviso di insanità mentale tutte
quelle considerazioni di cui abbiamo in precedenza parlato (varietà di
pianta, clima, terreno, temperatura, stadio vegetativo, stato genetico,
fitopatologico, ecologico, tipo e stato d'allettamento, posizione e
fittezza delle piante, sollecitazione subita ecc...) i due report, se
messi a confronto, fanno riflettere anche per altri aspetti:
- i
cerchi del Michigan, effettuati (con rullo di metallo di 45 libbre) in
data 27 maggio, 4 giugno, 10 giugno, 18 giugno 1994; al controllo davano
rispettivamente un allungamento nodale medio di 2.2%, 6.8%, 8.6% e 5.2%;
nei comments Levengood non fornisce medie conclusive, dice
solamente che l'incidenza massima di accrescimento nodale trovata è
stata dell'8%;
- le
coppie di cerchi del Maryland, effettuati (con tavola) il 3 giugno, il
13 giugno e il 25 giugno 1997 su due strisce di terra (A e B), una
maggiormente fertilizzata (striscia B), al controllo Levengood ci dice
di registrare un aumento medio del 10%.
I conti
tornano? Vediamo: il primo esperimento è stato verificato in data 13
luglio 1994 e cioè a distanza di 47 giorni dalla realizzazione del primo
cerchio, il secondo è stato verificato in itinere e, senza fornire dati
precisi, viene solamente indicato come, facendo una media tra i dati
ottenuti nella striscia A e B al terzo giorno dall'avvio
dell'esperimento, è stato notato un allungamento del 10%. Numeri più
precisi vengono presentati unicamente per quanto riguarda la situazione
nodale, sempre al terzo giorno (16 giugno), per le coppie di cerchi
effettuati in data 13 giugno con un allungamento medio, per ogni singola
striscia, rispettivamente del 9.6% e dell'11.8%. Tra le annotazioni a
carattere generale si dice che i dati che sono tratti dall'analisi dei
crop circles di natura ignota registrano allungamenti dal 40 al 200%
(diventati dal 30 al 200% nell'articolo n.105 su Physiologia
Plantarum). Sempre riguardo all'esperimento, Levengood dice che nei
primi set di cerchi la risposta fototropica, essendo piante in fase di
sviluppo, è stata immediata, visibile a poche ore di distanza dalla
realizzazione delle tracce circolari e si sottolinea come la scelta di
puntare l'attenzione sui dati del terzo giorno trova giustificazione dal
fatto che i cerchi nel grano vengono solitamente scoperti e vagliati da
immediatamente dopo la loro comparsa ai tre giorni successivi. Si
commenta davvero poco altro su quell'esperimento, un report realmente
molto, molto scarno per essere l'unico studio al mondo sulla risposta
dei nodi dei cereali (anche solo di quella varietà di grano tenero) a
una condizione di allettamento. Dopo la terza (e ultima) pagina fornisce
uno schizzo a mano delle strisce di terreno e dei cerchi effettuati e un
grafico riassuntivo di una popolazione totale di 60-80 piante sia della
striscia A che B, lo stesso presentato sull'articolo n.105 di
Physiologia Plantarum e in questo presentato come lo schema della
coppia di cerchi effettuati il 25 giugno (figura sotto):
Grafici
riassuntivi sulla risposta all'allettamento (effettuato con tavola) dei
nodi di una popolazione totale di 60-80 piante su due strisce di terra
(A e B), una maggiormente fertilizzata (striscia B).
Nel
report #86 si dice che i dati medi al terzo giorno dei campioni vagliati
il 16 giugno (9.6% e 11.8%) sono pressoché uguali a quelli indicati nel
grafico. A noi non sembra affatto così: non c'è nessuna similarità di
risultati per la striscia A, nemmeno se consideriamo il dato di
deviazione standard (indicato con le barrette sopra e sotto il punto).
Eppure questa dichiarata similarità di risultati fa affermare a
Levengood: "Queste risposte molto simili a tre giorni in due set di
campioni formati circa a due settimane di distanza suggeriscono che le
risposte gravitropiche rimangono piuttosto costanti al di là dello
sviluppo della pianta in fase primaria". A noi sembra che le
piante "più giovani" della striscia A (normalmente concimata) hanno
risposto in maniera più incisiva all'allungamento del nodo rispetto a
quelle più "vecchie" della medesima striscia. Tra 9.11 e 3% c'è
una considerevole differenza. Se invece dei soli dati al terzo giorno
Levengood avesse fornito tutti gli altri dati avremmo potuto verificare
la percentuale di similarità; su quattro soli dati, due sono simili a
due no, con una percentuale quindi del 50%. Sempre in relazione
ai dati ottenuti dall'esperimento, Levengood dice che questi dimostrano
come "le analisi della regressione lineare (linee continue) hanno
essenzialmente costanti identiche di inclinazione, una chiara
indicazione che la sovrafertilizzazione non influenza la risposta
gravitropica". Al di là della regressione lineare delle linee continue a
noi non appare che i nodi delle due aree abbiamo reagito in modo
analogo: al decimo giorno la striscia B (con maggior fertilizzante) dava
un allungamento del 44% circa (qui si supera il 10-20% alla settimana
indicato da Haselhoff) contro il 21% circa della striscia A. Al terzo
giorno com'è andata? 12-13% per la striscia B e 3% per la striscia A.
Sesto giorno 21% per la striscia B e 16-17% per la striscia A (giorni e
percentuali non possono spesso essere dati con assoluta precisione per
la pessima indicizzazione dei due grafici). Dal decimo al ventiduesimo
giorno non c'è alcuna rilevazione, scelta che non capiamo come non
capiamo la totale assenza di tutti gli altri dati tranne per il terzo
giorno della seconda coppia di cerchi.
Insomma
cosa trarre da questi studi del Michigan e del Maryland? Che pur
trattandosi dei report di due soli esperimenti, i dati in
questi contenuti (davvero pochi) fanno rilevare il semplice
comportamento differente di piante e nodi a situazione differenziata. E
con altri esperimenti che sarebbe potuto accadere? Su Physiologia
Plantarum n.105: 615-624. 1999 Levengood ricorda che "sebbene ci sia
considerevole letteratura riguardante il fototropismo e gravitropismo
nei coleottili, vi è una scarsità di informazioni sulle risposte dei
nodi di stelo in condizioni normali". È ragionevole e sensato dedurre
che questi due esperimenti rappresentino davvero troppo poco per poter
sopperire a tale mancanza; a tutt'oggi nessuno può dire di conoscere
quale sia il limite massimo che un nodo di una graminacea può
raggiungere nel suo allungarsi per risposta tropica come, sempre a
tutt'oggi, la comunità scientifica agronomica s'interroga ancora sui
tropismi, specie sul gravitropismo. Per il mondo scientifico, quella che
Levengood chiama la considerevole letteratura, non deve apparire
ancora sufficiente.
Fatto
sta che ciò che è rimasto noto di tali osservazioni, nella realtà
oggettiva delle varie analisi dei crop circles misteriosi, pur nella
inconsistenza di questi lavori, è solamente un numero, quel 10%
(cancellata dalla memoria l'indicazione al terzo giorno), fino a
20% per chi presta fede alle affermazioni di Haselhoff (cancellata
l'indicazione alla settimana) e dimenticato totalmente che quei
numeri dovrebbero essere il risultato di una media totale su un intero
campione quando invece ci pare che i cereaologi alla vista di un numero
imprecisato di n nodi con lunghezza superiore al 10% gridano alla
straordinarietà. Forse la cosa che più disorienta è che, nei vari
sopralluoghi effettuati, alcune cose le dimentica persino Levengood, ad
esempio la "prescrizione dei tre giorni": molti gli esempi in cui non
c'è data certa di comparsa del cerchio e veramente tanti i cerchi
valutati a distanza di dieci giorni e più dalla loro comparsa. Un
esempio: il cerchio nel grano dello Utah, a Logan, nella Seth Alder
Farm, comparso tra la prima e la seconda settimana dell'agosto 1996,
scoperto il 15 e campionato il 25 agosto (quindi ben più di tre giorni
dopo la data di comparsa) è stato giudicato anomalo con un allungamento
medio dei nodi del 15%. Nel report [17], discutendo i
risultati viene scritto: "Quando si esaminano i dati d'insieme della
lunghezza del nodo si dovrebbe tenere in considerazione che ogni gruppo
di campioni che ha un cambiamento medio della lunghezza del nodo più
grande del 15% (relativo a "normali" piante di controllo) è
statisticamente significativo. Quando un dato è statisticamente
significativo si può essere sicuri che c'è una probabilità maggiore del
95% che i dati sono anomali, in relazione ai campioni di controllo. [NdR.
Questo livello di importanza è accettato nella ricerca scientifica e in
tutti i giornali scientifici come significativo]"
Questo
è quanto sull'anomalia dei nodi delle graminacee.
Alla
luce di tutto ciò, può essere affermato senza ombra di dubbio che il
nodo allungato in un crop circle geometrico di dubbia natura sia una
anomalia senza possibilità di errore e che non possa dipendere
dall'allettamento?
Credo
che tale affermazione abbia davvero bisogno di essere meglio organizzata
per non generare il dubbio, ancora una volta, che nulla sia stato fatto
al fine di ridurre il contributo di soggettività della logica umana e
aumentare la considerazione oggettiva della logica della natura
[18].
Haselhoff, nel libro La natura complessa dei cerchi nel grano,
scrive alcune sue considerazioni sotto forma di conclusioni e che
vorremmo riprendere e fare nostre poiché ci trova perfettamente
concordi. La prima dice: "L'ipotesi che i cerchi nel grano siano tutti
opera di burloni muniti di semplici strumenti per appiattire il grano
non fornisce affatto la spiegazione plausibile capace di chiarire le
osservazioni documentate". Vero, non è l'ipotesi "burloni" che è in
grado di darci spiegazioni ma l'osservazione e lo studio delle
osservazioni. Partiamo da queste e dopo, solo dopo, chiediamoci chi
potrebbe esserne la causa. Forse scopriremmo, ad esempio per i nodi,
l'ipotesi "allettamento"; i "burloni" in questo caso sarebbero solo il
mezzo della sopraggiunta condizione, non la causale delle reazioni.
Tengo a precisare che considerare il circlemaking inglese una
semplice burla rappresenta sicuramente un approccio troppo semplicistico
al problema, ma purtroppo in questo articolo sarebbe fuori luogo
approfondirne il perché.
La
seconda: "Il più delle volte il fenomeno dei cerchi nel grano viene
erroneamente ridicolizzato e ampiamente sottovalutato nella sua
complessità". Vero, così sottovalutato che si crede di poter parlare di
cerchi nel grano e analizzarne le anomalie (in Italia è quasi una
costante) senza considerare le leggi dei vegetali in tutta la loro
complessità; ridicolizzato al punto da far passare poche osservazioni, e
per giunta povere di dati, come scientificamente accettabili, corrette e
universali.
La
terza: "La vera natura del fenomeno dei cerchi nel grano è sconosciuta
al grande pubblico". Vero anche questo; purtroppo ciò che l'informazione
e i media propinano in fatto di crop circles è un mix di dati, di
inesattezze, di leggerezze, di leggende metropolitane, sempre le stesse,
quasi disarmanti. Qual è la percentuale di riuscita, per un lettore o
ascoltatore che volesse saperne di più e approfondire la tematica dei
cerchi nel grano attraverso quanto l'informazione divulga e di farlo a
360 gradi? È disarmante notare come trasmissioni televisive che, più di
altre, danno spazio ai cerchi nel grano (Voyager, RAI2 -
programmazione del 21 settembre 2004), tra le letture suggerite ai
telespettatori per l'approfondimento individuale inseriscono libri come
Gli archetipi raccontano di Maria Morganti in cui l'autrice ci
informa del fatto che i cerchi sono messaggi di entità aliene. No, a
disarmarci non è tanto il fatto che un alieno le detti tale criptico
messaggio quanto invece constatare che l'alieno (o l'autrice sensitiva)
non si sia nemmeno preso la briga di evitare d'inserire nell'elenco dei
crop circles spiegati, formazioni di nota natura umana a scopo
pubblicitario, come ad esempio la clamorosa "H" del canale satellitare
History Channel. Questo ciò che "passa". Sì, quello dei cerchi è un
fenomeno assolutamente sconosciuto.
La
quarta: "Chi non è qualificato per giudicare dovrebbe astenersi da ogni
commento (citazione ripresa dal dottor G. Terence Meaden
[19])". Vero anche questo! Per quanto ciò possa apparire come
l'invito, un caldo invito a persone "normali" come me che non scrivono
commenti su rivista scientifica in merito a cerchi nel grano, a "stare
debitamente zitte" poiché non accreditate a parlare, ad avere dubbi, ad
esprimerli, a porre domande (ma è solo apparenza, un serio ricercatore
ama il contraddittorio e si compiace che un argomento da lui trattato
appassioni altri e le sue ricerche siano da stimolo per tutti); sotto
certi aspetti ha perfettamente ragione: chi non è qualificato a parlare
di piante e anomalie delle piante non dovrebbe farlo senza il supporto
di chi lo è! Personalmente preferisco la preposizione n. 7 del filosofo
L. Wittgenstein, per certi versi affine alla frase di Meaden, e che
dice: "Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere". Wittgenstein
si riferiva a quanto attiene al mistico, al senso della vita... i crop
circle non lo sono, non sono fatti di fede, tacere significa rinunciare
a riflettere.
Una
ricerca ancora agli albori
Considero il mondo dei crop circle un mondo meraviglioso e affascinante,
un fenomeno dei nostri tempi che tanto ha da dire proprio per la sua
enorme capacità di richiamo. È un segno di speranza il fatto che l'uomo
sappia ancora emozionarsi di fronte ad un segno, un segno a volte
anche molto semplice su semplice vegetazione; è un aspetto della vicenda
"cerchi nel grano" che, visto dal punto di vista squisitamente
sociologico, ha quasi del miracoloso. Non me ne vogliano i seri
ricercatori in ambito crop circles per le osservazioni fatte, il mio
vuole essere solo l'invito a non fermarsi mai ad una valutazione
superficiale e a lasciarsi coinvolgere a tal punto da ciò che ci appare
intrigante da volerne sapere un po' di più, da spingerci a ricercare in
profondità poiché sono certa che la non conoscenza di determinati
fattori è il motivo per cui certe affermazioni continuano ad
essere prese in considerazione nella lettura del fenomeno "cerchi nel
grano" mentre altre a rimanere assolutamente disconosciute. Spesso ciò
che ruota attorno al mondo dei cerchi nel grano, tende a proteggere
gli agroglifi in modo anche acceso come se la vera magia dei cerchi non
scaturisse dai cerchi in sé, misteriose armonie capaci di risuonare
dentro di noi, ma dai cerchi come geometrie legate a qualcosa che DEVE
essere fuori di noi, superiore a noi, a noi inspiegabile!
La
forza dei crop circles, per essi, è "IL SEGNO" e non quella naturale,
straordinaria e quasi spavalda capacità che hanno di innescare una
comunicazione immediata tra la dimensione introspettiva e quella cosmica
di ciascuno di noi, pur nella realtà oggettiva e nella pochezza tutta
terrestre di tratto di grano schiacciato al suolo.
Penso
che sia importante e interesse di tutti quanti amano i cerchi nel grano
riuscire ad attuare, finalmente, alcuni distinguo tra ciò che può essere
indagato e spiegato e ciò che potrebbe rimanere nel campo
dell'insondabile o del non ancora comprensibile; è da qui che i
ricercatori dovrebbero partire. Buon lavoro a tutti poiché, ahimè, in
questo siamo ancora agli albori.
Margherita Campaniolo
Note
1) Agronomia - Dal greco agros, campo
coltivato, e nomos, legge, regola.
2) Agroglifo - Recentemente all'espressione
cerchio nel grano si sono aggiunti e affiancati termini quali
pittogramma, cereogramma e agroglifo, vocaboli che oggi
costituiscono un vero e proprio "linguaggio specifico" del fenomeno crop
circles. Il lemma agroglifo è composto da agro (dal greco
agros), la più antica voce per designare un campo messo a coltura, e
da glifo (dal greco glufe) ovvero intaglio, termine che
nell'antichità indicava un incavo a sezione tonda o angolare usato come
ornamento architettonico; indica quindi un'immagine prospettica
determinata dall'incisione di piante coltivate in campo.
3) The BLT Research Team Inc, www.bltresearch.com
4) W.C. Levengood, Nancy P. Talbott, "Dispersion Of
Energies In Worldwide Crop Formations", Physiologia Plantarum
n.105: 615-624, 1999
5) Regola comune a tutti gli esseri viventi,
geneticamente strutturati in modo da assolvere un compito principe:
riprodursi e assicurare la continuità della specie
6) "Legge del Minimo" o "Legge di Liebig" (1840) spiega
i meccanismi di crescita degli individui (ma ciò vale anche per le
popolazioni) al variare della disponibilità dei fattori ecologici. La
produzione delle piante è determinata da diverse componenti, vale a
dire: acqua, aria, luce, temperatura, terreno ed elementi nutritivi, tra
loro interdipendenti. Nella formulazione originale, la legge di Liebig
diceva: "La crescita dei vegetali è determinata dall'elemento che è
presente in quantità minore rispetto ai fabbisogni". Ampliata in
tempi successivi, la legge del Minimo introdusse il concetto di crescita
delle popolazioni all'interno degli ecosistemi: "La crescita di un
individuo (o di una popolazione) in un ecosistema è determinata dal
fattore ecologico che è presente in quantità minore rispetto alle
necessità". Tale fattore è detto "fattore limitante"
perché definisce il limite massimo di crescita delle popolazioni. Justus
Von Liebig - Nato a Darmstad (Germania) nel 1803 è considerato non solo
il fondatore della chimica agronomica ma anche un grande maestro di
vita. Ha ideato diversi metodi per l'analisi del carbonio, idrogeno,
alogeni organici e ha istituito il primo laboratorio didattico di
chimica. Fu un pioniere nella chimica fisiologica.
7) "Legge della Tolleranza" o "Legge di Shelford": "Ogni
organismo di fronte ai fattori ambientali ha un intervallo di tolleranza
compreso tra un minimo e un massimo entro cui si colloca il suo
optimum ecologico". Se il fattore ecologico si presenta ai valori
ottimali, ogni specie ha un intervallo ideale di crescita; al di fuori
di tali valori la specie ha ancora possibilità di sviluppo, ma ridotto.
Ciascun genere di pianta presenta inoltre, per ogni fattore ecologico, i
propri limiti di tolleranza, limiti oltre i quali non può esistere in un
certo ambiente. Questi possono essere distinti in abiotici e in biotici.
I fattori abiotici sono le componenti fisiche e chimiche (non viventi)
dell'ecosistema e comprendono la luce, il suolo, l'acqua, il vento, la
temperatura e le sostanze nutrienti disponibili. I fattori biotici di un
ecosistema sono invece tutti gli organismi viventi presenti
nell'ambiente. Victor Ernest Shelford (Chemung, N.Y. - U.S
22/09/1877- 27/12/1968) Fra le figure più importanti nella storia
dell'ecologia. I suoi contributi in questo senso vanno dall'ecologia
fisiologica, all'ecologia della Comunità, l'ecologia della popolazione e
la biogeografia ecologica.
8) Adriano Forgione - Alfredo Di Prinzio, Cerchi nel
grano - Messaggi tra cielo e terra + VHS, Edizioni Hera, 2002
9) W.C. Levengood, "Anatomical anomalies in crop
formation plants", Physiologia Plantarum 92:356-363.1994
10) Eltjo H. Haselhoff, La Natura Complessa
dei Cerchi nel Grano, Natrix Edizioni, 2001
11) Coleoptile o coleottile: guaina di breve durata,
non pigmentata, che avvolge la prima foglia vera di un germinello delle
graminacee.
12) AIS - Associazione Italiana Sementi; APSOV -
Associazione Produttori Sementi Oltrepo Vogherese
13) Cultivar - Termine usato in botanica per
indicare le diverse varietà ottenute da una pianta coltivata. Deriva
dalla contrazione delle parole inglesi cultivated variety ed
è stato ufficialmente adottato durante il XIII Congresso di
orticultura tenutosi a Londra nel 1952 al fine di distinguere le
cultivar dalla classificazione usata per le varietà ottenute dalle
piante allo stato spontaneo. La parola si può intendere come derivata
dall'espressione varietas culta.
14) Eltjo H. Haselhoff, La Natura Complessa
dei Cerchi nel Grano, Natrix Edizioni, 2001, pag. 84
15) Sito web BLT, pagina report:
www.bltresearch.com/labreports.html
16) Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, C 46 A/10,
Catalogo comune delle varietà delle Specie agricole,
Ventitreesima edizione integrale del 22.2.2005
17) BLT Research, Lab Report: n.79 Crop Formation:
Logan, Utah - Agosto 1996, Pinelandia Biophysical Lab, 16 marzo 1997
18) Cardone, Fabio "Commento alle teorie fisiche -
Il rasoio di Occam" - Episteme - Physis e Sophia nel III millennio -
An International Journal of Science, History and Philosophy N. 2
del 21 dicembre 2000 - Morlacchi Editore, Piazza Morlacchi 7/9, 06123
Perugia - Italy
19) Meaden, G. Terence - Fisico e meteorologo presso la
Oxford University. È stato membro della Royal Meteorological
Society e professore associato di fisica alla Dalhousie
University di Halifax (Canada). Ha fondato ed è direttore della
Tornado and Storm Research Organisation che edita da quasi trenta
anni la rivista specializzata The Journal of Meteorology.
Occupatosi di cerchi nel grano agli albori del fenomeno, avanzò
l'ipotesi che vortici d'aria accompagnati da fenomeni elettrici sono
all'origine di alcune tipologie di cerchi.
Bibliografia
1.
AAVV. 1984. Dizionario di botanica, Milano: Rizzoli ed.
2.
Galston, A. W. 1997. I processi vitali delle piante,
Bologna: Zanichelli ed.
3.
Giardini, L. 2002. Agronomia generale, ambientale e aziendale
(Collana: Scienza e Tecniche delle produzioni vegetali, n. 1), Patron
Editore
4.
Giordani, G. 1986. Il frumento, Bologna: Ed. Agricole
5.
Leccon, P. et al. 1995. Elementi di agrometeorologia e
agroclimatologia, Imprimitur
6.
Benckiser, G. e Dekker, M. 1997. Il testo del testamento di
Liebig (da: Fauna in soil ecosystems: recycling processes,
nutrient fluxes and agricultural production - trad. italiana di
Pinton, R.)
7.
Went, F. W. 1926. "On growth accelerating substances in the coleoptile
of Avena sativa".
Proc.
Kon. Ned. Akad. Wet
30: pp.
10-19
8.
BLT Research, Report N. 27. 1994. Study of simulated crop
formations, 10.10.94, Pinelandia & Bayville Labs
9.
BLT Research, Report N. 86. 1997. Gravitropic responses in
simulated crop formations, 14.10.97, Pinelandia Biophysical Lab
10.
Campaniolo, M. Cum grano salis - ricerca sul fenomeno dei crop
circles dall'immagine, alla storia, all'agronomia.
http://www.margheritacampaniolo.it/cumgranosalis.htm