Clonazione
terapeutica, verso il via libera inglese
Primo
caso in Europa. Un gruppo di scienziati chiede di produrre cellule di
embrioni umani per curare il diabete
La
prima clonazione umana d’Europa potrebbe avvenire in Gran Bretagna. E
diventare un esempio anche per il mondo scientifico statunitense. Un
gruppo di ricercatori dell’università di Newcastle ha ufficialmente
richiesto ieri alla Human Fertilisation and Embryology Authority
inglese la licenza per produrre embrioni umani a scopo terapeutico e il
parere è atteso per l’inizio della prossima settimana. L’obiettivo dei
ricercatori è quello di ottenere cellule staminali embrionali da
sperimentare nella cura del diabete. Non si parla, dunque, di clonazione
riproduttiva, quella che permetterebbe di costruire un bambino
«fotocopia» di un’altra persona, che è bandita in tutto il mondo.
LA TECNICA - Lo Stem Cell Group guidato da Miodrag Stojkovic
dell’Istituto di genetica umana dell’Università di Newcastle e da Alison
Murdoch del Newcastle Fertility Centre pensano di usare la stessa
tecnica utilizzata per creare Dolly.
Questa metodica prevede il prelievo del nucleo di una cellula adulta di
un individuo (in futuro dovrebbe essere il paziente che si vuole curare)
e il suo inserimento in un ovulo di donatore: l’embrione che si sviluppa
verrebbe distrutto prima del quattordicesimo giorno e le sue cellule
verrebbero utilizzate per la ricerca, almeno in un primo tempo.
Nel giro di una decina di anni, secondo i ricercatori, potrebbero
diventare la terapia risolutiva per il diabete.
SENZA RISCHI - «Se un bambino di dieci anni si ammala oggi di diabete -
ha detto Alison Murdoch - dovrà prendere l’insulina per il resto della
sua vita. Quando riusciremo a mettere a punto la clonazione
riproduttiva, potremo prelevare il nucleo di una cellula della pelle di
questo bambino, clonarla e ottenere staminali in grado di trasformarsi,
una volta trapiantate nel suo organismo, in cellule produttrici di
insulina». Senza il rischio di rigetto, senza necessità di somministrare
farmaci immunosoppressivi. Perché, a detta di alcuni esperti, le cellule
staminali prodotte con la clonazione, avrebbero proprio questo
vantaggio: appartengono al paziente stesso e non a un’altra persona e
quindi non vengono riconosciute come estranee dall’organismo.
IL DIBATTITO - La richiesta dei ricercatori inglesi, se accettata,
permetterebbe di realizzare, in pratica, la clonazione umana a scopo
terapeutico, peraltro già legale in Gran Bretagna dal 2002, mentre il
Parlamento europeo ha votato l’anno scorso una disposizione secondo la
quale ogni tipo di clonazione è da considerare illegale. E il presidente
americano George Bush ha respinto, due giorni fa, l’appello di 57
senatori e di Nancy Reagan, vedova del presidente Ronald Reagan, morto
di Alzheimer, a favore di un ammorbidimento delle condizioni di ricerca
sulle cellule staminali, nella speranza di curare alcune malattie fra
cui anche l’Alzheimer. Nell’agosto del 2001 Bush vietò il finanziamento
pubblico per questo tipo di studi.
GLI ESPERIMENTI - Nel settore privato americano e nel resto del mondo
gli esperimenti, però, continuano. Nel febbraio scorso un gruppo di
ricercatori coreani, guidati da Woo Suk Hwang, ha pubblicato per la
prima volta su una rivista scientifica di prestigio, l’americana
Science , i risultati della clonazione di un embrione umano che si
era sviluppato fino a qualche decina di cellule. In precedenza c’erano
state altre segnalazioni, ancora dalla Corea, dalla Cina e dagli Stati
Uniti, non confermati però dalla pubblicazione dei lavori nella
letteratura scientifica.
Tutte le volte che si parla di clonazione umana, sia negli Stati Uniti
sia in Europa, anche a scopo riproduttivo, non mancano le polemiche:
contro la richiesta dei ricercatori di Newcastle si sono già schierati
gruppi religiosi e anti-abortisti che bollano queste ricerche come
irresponsabili, non etiche e scientificamente deboli.