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L’avventura nell'impossibile

di Arthur Clarke

 

 di Margherita Campaniolo

 
     
 

Deciso a realizzare un film di fantascienza che passi alla storia, nel 1964, il regista Stanley Kubrick, scrive una lettera allo scienziato-scrittore Arthur Clarke.

Il sogno di Kubrick, qualora egli riuscisse a coinvolgere nell’impresa una personalità straordinaria come lo scienziato-scrittore inglese, si tramuterebbe in una realtà di sicuro successo ma nella missiva mette subito in chiaro le ragioni del progetto; con questo film Kubrick intende raggiungere due scopi: sviscerare le ragioni per le quali un uomo debba credere all’esistenza di civiltà extraterrestri e ipotizzare, realisticamente, le reazioni e gli effetti che una tale consapevolezza potrebbe sortire sull’umanità.

 

Clarke risponde a tale missiva inviando, al già noto regista, il suo romanzo “The Sentinel”, pubblicato nel 1951.

 

Nasce da quel momento un’intesa e una collaborazione che darà splendidi frutti, quei frutti che tutti gli appassionati di fantascienza ben conoscono, il film "2001: Odissea nello Spazio”, vera opera d’arte nel suo genere che fece dire al cosmonauta russo Leonov, dopo aver visto il film di ritorno da una missione della Vostok: “Ora sono stato nello Spazio due volte”.

 

Non sono a conoscenza di dichiarazioni ufficiali in cui Arthur Clarke chiarisca “nero su bianco” il suo pensiero sugli U.F.O e sugli extraterrestri ma emblematico e chiarificatore potrebbe risultare, a tal proposito, un aneddoto, un evento che vide coinvolti sia Clarke che Kubrick: durante le riprese del film "2001: Odissea nello Spazio” i due si incontrano molto spesso; in uno di tali colloqui, avvenuto a Manhattan, credono di avere un incontro ravvicinato del primo tipo scorgendo nel cielo qualcosa che giudicano nell’immediato essere un U.F.O.  Clarke disse: “Non può essere una coincidenza, “Loro” stanno cercando d’impedirci di fare questo film”.

Da studioso qual era verificò l’accaduto che risultò poi essere la visione di un satellite artificiale ma, facile deduzione, avrebbe fatto quella affermazione se non fosse stato tra chi ritiene possibile un simile accadimento?

 
     
 

Che Clarke sia un grande del nostro tempo è fuor di dubbio. Nato a Minehead (Somerset – Inghilterra) il 16 dicembre 1917, spinto ed influenzato dalla passione del padre per le tecnologie di comunicazione, Clarke si avvicina con interesse all’astronomia e alle scienze in generale.

 

A 21 anni si trasferisce a Londra, s’interessa alla Fantascienza, alla Futorologia, all'Astronomia, alle tecnologie di Comunicazione e alle nascenti Ricerche Aerospaziali; tra il 1938 e il 1945  intrattiene contatti con la Science-Fiction Association, la Academy of Astronautics, la Royal Astronomical Society e viene assunto dalla British Interplanetary Society dove coltiva i suoi interessi per le ricerche aerospaziali e di cui sarà, in seguito,  più volte presidente. Con alcuni amici fonda un circolo di amanti della Fantascienza e dà vita ai suoi primi racconti.

 

Durante la seconda guerra mondiale, col grado di ufficiale, combatte nelle file della RAF, partecipa ad  esperimenti con i primi radar ed ai primi tentativi di atterraggio cieco. Nel 1945, sulla rivista specializzata “ Extra-Terrestrial Relays”, disquisisce la possibilità di posizionare satelliti in orbita geostazionaria per le comunicazioni, intuizione che diverrà successivamente un dato reale. Clarke  non dimenticherà mai l’enorme errore commesso nel non aver ritenuto necessario brevettare per primo l’idea. La primigenia della sua intuizione non verrà comunque dimenticata, egli effettivamente aveva anticipato di ben venticinque anni la realizzazione di tali congegni e, in segno di riconoscimento, riceve una serie di importanti premi nel campo della ricerca scientifica: la medaglia d’oro del Franklin Institute, il Premio Lindbergh, la Borsa di studio del King’s College di Londra e inoltre, l’Associazione Astronomica Internazionale, battezza ufficialmente l’orbita geostazionaria realizzata a 42.000 chilometri dalla Terra come "Orbita di Clarke".

 

Finita la guerra, pubblica alcuni illuminanti articoli di divulgazione scientifica. Nella prefazione al suo romanzo “Le fontane del paradiso” Clarke afferma: "Lo scrittore ha il dovere di separare, nelle sue opere, ciò che è reale da ciò che è frutto di fantasia. Lo scrittore di fantascienza ha questo stesso dovere, elevato al quadrato”; ciò dimostra il suo desiderio di andare oltre alla realtà senza mai perdere l’aggancio al reale e all’applicazione sistematica delle sue conoscenze. Le sue attitudini, la voglia di sapere e la volontà di superare qualsiasi pressappochismo lo portano a laurearsi, se pur tardivamente,  nel 1946, in Fisica e Matematica al King's College di Cambridge.

 

Nel 1948 Clarke ottiene il First Class Honor in Matematica e Fisica presso il King's College di Londra.

Negli anni successivi si interessa in modo preponderante di meteorologia e di esplorazione oceanica continuando a fare incredibili previsioni in tali campi; in lui genio letterario e intuizione scientifica si mescolano sempre più.

 
     
 

Dal 1956 lascia l’Inghilterra e si trasferisce nell'isola di Sri Lanka  tenendosi in contatto via satellite e computer  con l’occidente; tra i numerosi premi riceve il premio Kaliga (1962) per la divulgazione scientifica e assegnato dall'UNESCO, il premio per divulgatori scientifici della AAAS-Westinghouse (1969), il Bradford Washbur Award, il premio Hugo (due volte), il Nebula ed il John W. Campbell Awards; dal 1986 è Grande Maestro dall'associazione Science Fiction Writers of America.

 

Sir Arthur Clarke ( fatto baronetto dalla regina Elisabetta II nel 2000, per meriti letterari) è lo scrittore di Fantascienza che maggiormente è riuscito a trasporre, in narrativa, le idee scientifiche alla base dei suoi studi. Forse e proprio questa la  spiegazione del suo longevo successo: ha scritto oltre 50 libri, tradotti in 30 lingue diverse, stampati in decine di milioni di copie.

 

Certo non è l’unico nel suo genere; scienziati –scrittori furono anche Isaac Asimov,  Gregory Benford, David Brin, Fred Hoyle e Carl Sagan ma lo stile di Clarke può dirsi assolutamente originale e forse irripetibile.

 

Prolifica  la sua fortunatissima produzione di Fantascienza da cui sono stati tratti films e serie televisive: Le sabbie di Marte (The Sands of Mars, 1951), Preludio allo spazio (Prelude to Space, 1951), La sentinella (The Sentinel, 1951), Isole cosmiche (Islands in the Sky, 1952), Le guide del tramonto (Childhood's End, 1953), Ombre sulla Luna (Earthlight, 1951), La città e le stelle (The City and the Stars, 1956), I guardiani del mare (The Deep Range, 1957),  All'insegna del Cervo Bianco (Tales from the White Hart, 1957), Polvere di Luna (A Fall of Moondust, 1961), ) Storie di Terra e Spazio (Tales of Ten Worlds, 1962), 2001 Odissea nello spazio (2001: A Space Odissey, 1968), Vento solare (The Wind from the Sun, 1972), Incontro con Rama (Rendez-Vous with Rama, 1973), Terra Imperiale (Imperial Earth, 1975), Le Fontane del Paradiso (The Fountains of Paradise, 1979), 2010: Odissea due (2010: Odissey Two, 1982), Voci di Terra lontana (The Songs of Distant Earth, 1986), Culla (Cradle, 1988), 2061: odissea tre (2061: Odissey Three, 1987), Rama II (Rama II, 1989), Il giardino di Rama (The Garden of Rama, 1991), Oltre il buio della notte (Beyond the Fall of Night, 1990), Il fantasma del Titanic (The Ghost from the Grand Banks, 1990), Racconti dal pianeta Terra (Tales from Planet Earth, 1990) e tanti altri…

 

L’originale personalità di Arthur Clarke emerge in tutte le sue produzioni ed il suo pensiero di scienziato si accosta molto alla visione filosofico/scientifica dei grandi scienziati umanisti.  In “2061: Odissea Tre” nel descrivere le creature di Europa scrive: “Le creature che si crogiolavano nel tepore del fiume di lava, non potevano traversare le lande selvagge ed ostili che separavano le loro isole solitarie. Se esse avessero mai sviluppato una Storia o una Filosofia, ogni cultura sarebbe stata convinta di essere sola nell'Universo”. Siamo soli nell’Universo? Questa domanda emerge in ogni sfumatura della sua opera, come la sua mancanza di certezze è l’unica certezza che egli dichiara con forza lasciando uno spiraglio a possibili scenari. In fondo, spiega in una recente intervista per la CNN, la sua ultima ambizione è di sapere se c'è vita intelligente nel cosmo. "Sarebbe davvero incredibile il contrario", afferma, "e direi che la scoperta sarà fatta in questo secolo grazie allo sviluppo tecnologico".

 

 

Assolutamente "illuminanti" le sue, cosiddette, leggi :


Prima Legge di Clarke
"Quando un scienziato famoso ma anziano dice che qualcosa è possibile quasi certamente ha ragione. Quando dice che qualcosa è impossibile molto probabilmente ha torto."
Seconda Legge di Clarke
"L'unico modo per scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell'impossibile"
Terza Legge di Clarke
"Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia."


Scherzosamente ama dire che i due Isaac suoi colleghi (Newton e Asimov) si sono limitati a formulare tre Leggi, tre perciò bastano ma qua e là
Clarke ne ha formulate altre, alcune di grande umorismo. Segue una di queste:


"Reading computer manuals without the hardware is as frustrating as reading sex manuals without the software."

 
 
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Data: 2003

Autore: Margherita Campaniolo

 

 

 
 

 
 

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