ROMA - Si comincia a
vedere all’orizzonte la fine della lotta contro il cancro: per sconfiggerlo
definitivamente puntando sulla prevenzione ci vorranno ancora 20 anni, ma
ormai la strada è segnata ed è quella passa per lo studio di geni e
proteine: lo ha detto oggi a Roma l’oncologo Umberto Veronesi, a margine del
convegno organizzato dall’Airc in occasione della Giornata nazionale per la
ricerca sul cancro.
All’incontro partecipano alcuni tra i maggiori oncologi a livello
internazionale, come Giuseppe Pelicci, direttore del dipartimento di
Oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano,
il direttore del Centro nazionale di ricerca oncologica di Madrid, Mariano
Barbacid, l’esperta di prevenzione oncologica Leslie Ford, dell’Istituto per
la ricerca sul cancro degli Stati Uniti, e Ada Sacchi, dell’Istituto Regina
Elena di Roma.
Se la sconfitta del cancro passerà attraverso la prevenzione richiede almeno
20 anni, secondo Veronesi già nel prossimo quinquennio sarà invece possibile
mettere a punto il profilo genetico di ogni forma di tumore. «Si potrà
ottenere una sorta di carta di identità dei tumori», ha aggiunto, che
permetterà di prevederne l’evoluzione e mirare le cure.
’Il mio compito - ha rilevato Veronesi - è sempre stato finalizzare la
ricerca di laboratorio ai bisogni impellenti dei pazienti. Lavorare in
laboratorio va benissimo, purchè si abbia sempre come obiettivo il principio
della finalizzazione nell’interesse dei pazienti». Oggi la ricerca di
laboratorio punta sulla cosiddetta proteomica, ossia sullo studio delle
proteine prodotte dai circa 30.000 geni umani. «Sarà questa - ha detto -
l’area di ricerca del futuro»: passerà per questa strada la comprensione dei
meccanismi che trasformano una cellula sana in una cellula tumorale e da
queste conoscenze si potranno avere le nuove cure anticancro del futuro.
Studiare il software che permette alle cellule di entrare in comunicazione
fra loro è, secondo Pelicci, una delle principali tappe nella lotta contro
il cancro. La cellula che fa parte di un organismo «non può decidere
autonomamente, ma si divide solo quando riceve segnali che le dicono di
farlo». Quando questi messaggi si alterano comincia il lungo processo di
trasformazione che genera i tumori. E’ un campo di ricerca sterminato, ma
per fortuna adesso ci sono strumenti abbastanza potenti per affrontarlo.
E’ ottimista anche Ada Sacchi, che vede un’arma efficace nella possibilità
di individuare «pochi bersagli specifici» capaci di accendere o spegnere
segnali fondamentali perchè la cellula ritrovi il suo equilibrio e quindi
per «migliorare le terapie e permettere la diagnosi precoce».
All’identikit molecolare dei tumori sta lavorando il gruppo di Mariano
Barbacid, a Madrid: «se un marziano arrivasse sulla Terra - ha detto - ci
vedrebbe tutti uguali, anche se fra noi siamo molto diversi. Oggi i tumori
li vediamo ancora così, nonostante il cancro non sia una sola malattia, ma
corrisponda a più di cento diverse malattie». Conoscerli tutti da vicino e
prevedere come si evolveranno, se saranno più o meno aggressivi e come
reagiranno alle terapie.
La prevenzione resta l’ultimo traguardo nella lotta contro il cancro e,
nonostante la strada sia ancora lunga, i risultati dei primi studi sono
incoraggianti, ha detto Leslie Ford. I primi grandi studi su volontari sani
per la prevenzione dei tumori del seno e della prostata sono stati
completati e «la prevenzione - ha concluso - sarà la parola d’ordine dei
prossimi dieci anni». |
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