23 maggio
2004
Sarà un grande
successo. Di quelli che solo un certo cinema americano,
unico nel suo genere, riesce a confezionare.
“The Day After Tomorrow
- L’alba del giorno dopo”, nuovo film-kolossal di Roland
Emmerich, regista anche di “The Indipendent” e de “Il
Patriota” con Mel Gibson, uscirà il 28 maggio in
contemporanea
mondiale.
E già negli Stati
Uniti, si sono scatenate le prime polemiche sulla pellicola
che riprende il filone dei film catastrofici degli anni
settanta, e che descrive, nella magnificenza di incredibili
e mirabolanti effetti speciali, come il riscaldamento
globale della terra causato da decenni di pesante e
incessante attività antropica, in un futuro prossimo
venturo, arrivi a rompere l’equilibrio climatico scatenando
alluvioni, tempeste e tornadi. Scene apocalittiche in cui
New York è sommersa dalle acque nel traffico impazzito,
finché l’onda anomala non si abbatte sulle scale della
Public Library di Manhattan. Los Angeles devastata da un
tornado, Nuova Delhi sepolta dalla neve. Il finale non deve
essere svelato, ma come si può ben immaginare, secondo un
clichè ormai consolidato, soprattutto dalle parti di
Hollywood, i nostri eroi-yankee, nei momenti dei grandi
disastri, sanno sempre dare il meglio di sé.
Le polemiche, che se da una parte fanno naturalmente piacere
al regista e alla sua casa di produzione perché “è tutta
pubblicità gratuita”, dall’altra pongono in primo piano,
anche se in una veste intrattenitiva e spettacolare, una
delle emergenze ambientali più pressanti che l’attuale
amministrazione statunitense in particolare trascura: il
cosidetto effetto serra. Un argomento molto scomodo per il
governo americano, soprattutto dopo il rifiuto di firmare
l'accordo di Kyoto, primo esile strumento che oggi la
comunità internazionale ha a disposizione per cercare di
contrastare le emissioni di gas serra, principale causa del
riscaldamento del pianeta. Il film è stato interpretato come
un’implicita critica alla politica ambientale del governo,
tanto che nei giorni scorsi come rivela la Repubblica: “ il
New York Times ha diffuso un presunto avvertimento partito
da Washington e diretto alla Nasa, in cui si chiede il
silenzio stampa sul film, poi smentito dagli stessi esperti
della Nasa”.
Ma non c’è niente di più vero sul reale e assoluto
disimpegno ambientale dell’attuale Amministrazione
americana. All’inizio dello scorso anno il ministro
dell’ambiente Michael Meacher, poco prima di essere
desautorato dal suo incarico, aveva dichiarato:“Nel nostro
mondo c’è tanto di sbagliato. Ma la situazione non è grave
come vede la gente. È molto peggio”. Il giornalista Matthew
Emngel che riporta questa dichiarazione (Internazionale
n°532, 26 marzo 2004) aggiunge anche che quello che Meacher
“non poteva dire (altrimenti sarebbe stato liquidato molto
prima) è che gli Stati uniti sono i principali responsabili
di questa situazione, perché hanno un appetito smisurato e
lo soddisfano razziando il pianeta”. In fondo, Bush figlio
sta solo tenendo fede a ciò che suo padre anni addietro
predicava al mondo intero, affermando che: “Il nostro stile
di vita non è negoziabile”.
Inutile ricordare quindi come gli Stati Uniti che
rappresentano solo il 4% della popolazione mondiale
producano da soli un quarto delle emissioni globali di gas
serra. Emgel ritiene, e non a torto, che l’attuale
amministrazione statunitense è “il primo governo della
storia moderna ad aver sistematicamente respinto i sistemi
di controllo e verifica imposti dalle politiche ambientali
adottate una generazione fa dalle società occidentali”.
Così se le temperature sono aumentate solo negli ultimi
dieci anni più di quanto sia accaduto negli ultimi mille, se
le alterazioni climatiche hanno conseguenze globali
sull’uomo e sull’ambiente, se l’effetto serra è dovuto in
gran parte al costante incremento delle concentrazioni di
industrie e di gas di scarico in nome di una crescita
illimitata, e a dimostrarlo c’è una vastissima letteratura
scentifica ormai inconfutabile, per il governo Bush tutto
ciò rappresenta un dettaglio di poco conto rispetto a una
strategia politica ormai strumentalmente concentrata nel
combattere il terrorismo globale e ancora peggio a
promuovere uno scontro di civiltà.
Sull’ambiente semmai si elude, si mistifica e si censura.
Come è accaduto l’estate scorsa quando il New York Times ha
scoperto, grazie a due esperti anonimi in quanto a rischio
ritorsioni, che un rapporto dell’Environmental Protection
Agency (EPA) è stato manipolato e di fatto stravolto per
diretto intervento della Casa Bianca. Addirittura intere
parti della relazione che avrebbe dovuto rappresentare il
primo completo studio sui problemi e i rischi ambientali
connessi all’effetto serra, al quale hanno lavorato per ben
due anni, decine di esperti di rango, sono state tagliate
per evitare allarmi sui pericoli dei climalteranti. E ancora
l’anno prima, un altro rapporto sempre dell’EPA
sull’inquinamento atmosferico, che veniva regolarmente
pubblicato dal 1997, è uscito per la prima volta mancante
del capitolo sul clima. Un fatto gravissimo, che ha
incrinato profondamente, come spiega il giornalista
scientifico Pietro Greco, “la fiducia pubblica verso
un’istituzione, l’EPA, nota in tutto il mondo per la sua
credibilità scientifica e la sua relativa indipendenza dal
potere politico”. Infine è solo di qualche mese fa lo
scandalo sul rapporto riservato trasmesso dal Pentagono al
presidente americano e tenuto segreto fin quando si è
potuto, relazione che riconferma, se ce ne fosse ancora
bisogno, i mutamenti climatici in atto, che nei prossimi 20
anni potrebbero portare a “una catastrofe di proporzioni
immense, che costerebbe milioni di morti in guerre e
disastri naturali”.
Ecco, questi sono alcuni dei motivi per cui indirettamente
la denuncia-spettacolarizzata del film di Emmerich viene
vista come fumo negli occhi dall’amministrazione del “texano
tossico”, come lo ha soprannominato un deputato britannico
intervenendo alla Camera dei Comuni. L’oceanografo Tim
Barnett si augura “che l’ecologia ne tragga lo stesso
beneficio che lo studio della preistoria trasse da “Jurassic
park”. Come quel film, anche questo non ha base scientifica.
Ma prima ancora di uscire nelle sale, desta un interesse
enorme”, mentre ambientalisti di facciata come l’ex
vice-presidente Al Gore promuoveranno il primo kolossal
“ecologista” della storia del cinema, per illustrare i danni
provocati dalla politica ambientale dell’attuale presidenza.
In particolare Al Gore, in occasione dell'uscita del film a
New York, terrà una conferenza stampa nei pressi del cinema
per sottolineare l’attualità del problema e la politica
anti-ambientalista dell'amministrazione Bush. Intanto “Gli
Stati Uniti –secondo Phil Clapp presidente del National
environmental trust- stanno divorando se stessi” e purtroppo
per noi, la loro egoistica ed ottusa voracità coinvolge
anche il resto del mondo, parte complice e parte vittima.
Space
Freedom ringrazia Davide Ranzini per lo splendido pezzo