Margherita con la testa fra le stelle incanta la platea con la lingua
tagliente e il fare vulcanico che confonde, ma non nasconde, il suo
rigore di scienziata. L'occasione d'incontro con la platea bresciana è
stata la presentazione del libro «Qualcosa di inaspettato. I miei
affetti, i miei valori, le mie passioni», edito da Laterza: duecento
pagine di pensieri, passioni e ricordi dedicati a lei, Margherita Hack,
fiorentina di professione astrofisica, ma anche molto di più, come ha
dimostrato nella conferenza aperta a cittadinanza e studenti,
organizzata dalla Fondazione Lucchini nell'Aula magna della facoltà di
Giurisprudenza.
Il volume nasce dagli stimoli emersi in un week end passato da Hack a
confronto con un gruppo di studenti delle scuole superiori bresciane,
secondo la formula scelta dalla Fondazione Lucchini nell'ambito del
ciclo «I valori di una vita», che ha coinvolto numerosi personaggi
celebri in un dialogo con i ragazzi maturandi, per mostrare, con
concrete esperienze professionali e di vita, il significato di valori,
sacrifici, scelte esistenziali altrimenti relegati nel limbo
dell'astrattezza.
Una vita che si è spesso dipanata tra i capricci del caso ed evenienze
fortuite, quella di Margherita Hack, quasi ottantatrè anni portati con
ironia, disincanto e tanta voglia di vivere, un entusiasmo trasmesso con
la voce, le pause, le parole giuste scelte per evocare situazioni
complicate come nebulose o galassie, da restituire al pubblico con un di
più di umanità.
Confessa di essere diventata scienziata per puro caso, dopo il liceo
classico a Firenze e l'iscrizione a Lettere, facoltà in cui rimase solo
un'ora, il tempo di seguire una lezione di De Robertis con analisi dotta
di un testo sui pesci rossi, per realizzare come fossero «tutte
chiacchiere inutili». La fuga è verso la facoltà di Fisica, perché là
c'era il laboratorio, promessa di curiosità nuove. «Lì finalmente
iniziai a studiare con piacere», confessa Hack, ripercorrendo il periodo
di precariato e i sacrifici seguiti alla laurea, nel '45, fino al
sospirato posto di assistente guadagnato in Università.
La molla che ha fatto scattare tutto è stata per lei la passione
della scoperta, quell'inaspettato che talvolta si trova anche nelle
stelle, perché «quando si studia un corpo celeste ci si aspetta di
trovare dati che confermino ciò che si sa già. Talvolta invece appare
qualcosa che non torna, una composizione chimica inaspettata, o velocità
spaziali impreviste: qualcuno si deprime, io mi esalto, perché il
divertimento è lì, a fare ipotesi, a "dare la caccia all'assassino",
come degli Sherlock Holmes alla ricerca delle cause di fenomeni fisici
inaspettati», racconta l'astrofisica. «Quando si trova tutto ciò che ci
si aspetta, in fondo, non c'è più sugo».
Lei studia lo spazio ma si sa ancora meravigliare del cielo, quando lo
si può toccare con un dito; è preoccupata per i siti di osservazione
astronomica, che ormai si contano sulle dita di una mano, a causa
dell'inquinamento luminoso e atmosferico; ritiene molto probabile che
nell'Universo non si sia soli. «Oggi esistono numerosi sistemi
planetari, attorno ai 400.000 miliardi di stelle che compongono la
nostra galassia: pensare che ci sia solo la terra adatta per la vita è
assurdo, sarebbe come tornare alla teoria geocentrica tolemaica». Altra
cosa è ipotizzare la presenza, accanto a forme di vita elementari, come
i batteri o i virus, di forme più elevate come la nostra, che
richiederebbero particolari condizioni favorevoli, più difficili da
trovare, e altra cosa ancora pensare di poter venire in contatto con
eventuali forme di vita, tenuto conto delle distanze enormi in cui si
misura l'Universo.
Passando con disinvoltura dal Big bang all'impresa teatrale che proprio
in questi giorni la vede calcare le scene italiane con delle comparse
nella pièce Variazioni sul cielo, l'astrofisica più conosciuta dal
pubblico si scalda, quando si parla di riforma dell'Università e
politiche di ricerca, rivendicando il ruolo fondamentale dei giovani
ricercatori, «che hanno le idee più innovative e sono la linfa
dell'Università: per questo tagliare la ricerca significa tagliare le
gambe al Paese». La fiammata finale è tutta contro «l'arroganza di
persone che scelgono senza ascoltare gli addetti ai lavori, che sia
nella sanità o nella giustizia, nella ricerca o nella scuola,
distruggendo quello che si è fatto dal '45 ad oggi».