IL numero delle molecole complesse scoperte nello spazio aumenta
continuamente. Oggi sono più di 130 quelle individuate in nebulose,
atmosfere dei pianeti e comete: l'ammoniaca, il metanolo, la
formaldeide, l'acido formico, gli alcol etilico, metilico e vinilico, e
così via. Alcuni anni fa in una nebulosa è stata scoperta persino la
glicina, uno degli amminoacidi più semplici, i costituenti delle
proteine. Lo spazio interstellare appare quindi sempre più come uno
sterminato laboratorio chimico dove si producono composti che sino a
pochi decenni fa era impensabile poter osservare al di fuori della
Terra: i mattoni necessari all'origine della vita possono dunque essersi
sintetizzati nelle gelide nebulose di gas e polveri che sono sparse nel
disco della nostra galassia. L'ultima scoperta riguarda uno zucchero, la
cui molecola è composta da otto atomi: la glicolaldeide, lo zucchero più
semplice esistente in natura. Per la verità, già nel 2000 furono
individuate tracce di questo composto nella massiccia nube molecolare
Sagittarius B2 (Sgr B2), che dista da noi circa 26.000 anni luce in
direzione del centro della Via Lattea, ma i dati spettrali allora
ottenuti erano di bassa qualità, per cui era necessario riconfermare
questa scoperta sulla base di osservazioni più consistenti. Adesso, un
gruppo di astronomi statunitensi, utilizzando il gigantesco
radiotelescopio da oltre 100 metri di diametro di Green Bank (Virginia,
Usa), ha confermato l'esistenza della glicolaldeide nella regione più
interna di Sgr B2. Questi enormi complessi di gas e polveri, le cui
dimensioni tipiche sono dell'ordine di molti anni luce, sono costituiti
dal materiale da cui si formeranno nuove stelle e nuovi pianeti. Il
segnale registrato risulta sorprendentemente forte se paragonato alle
osservazioni precedenti, e ciò sta a indicare che in quella regione
esiste una quantità considerevole di questo zucchero semplice. La
scoperta è stata fatta rilevando il debolissimo segnale radio emesso
dalle molecole a frequenze comprese tra 13 GHz e 22 GHz. Quando queste
passano da un livello energetico alto ad uno più basso, emettono energia
sotto forma di onde radio ad una precisa lunghezza d'onda. Una serie di
frequenze radio emesse o assorbite da una particolare molecola ne
rappresenta l'inconfondibile "impronta digitale". Sulla Terra la maggior
parte delle reazioni chimiche ha luogo nell'acqua. Nello spazio
interstellare l'ambiente è ben diverso e le molecole complesse si
formano per lo più sulla superficie di microscopici grani di polvere
sparsi in abbondanza nelle nebulose. In un simile scenario, le molecole
più piccole, come acqua, biossido di carbonio, metano, ammoniaca,
metanolo e formaldeide si addensano sui grani di polvere interstellare.
Quando durante gli stadi iniziali di formazione di una stella si
sviluppa un'onda d'urto, causata dal collasso della nebulosa o
dall'espulsione violenta di materiale, che in genere accompagna le prime
fasi evolutive, questa non solo fornisce l'energia necessaria a
sintetizzare molecole più complesse presenti nella regione di formazione
stellare, partendo da quelle più semplici, ma riesce anche a liberare le
molecole di nuova formazione dai grani di polvere che hanno agito da
catalizzatori. Sebbene la maggior parte dei processi chimici attivi sul
nostro pianeta e quelli che agiscono nelle nubi interstellari siano
molto differenti, alla fine i risultati sono molto simili. Questo ed
altri studi, come ad esempio uno recente condotto dallo stesso gruppo,
che ha permesso di scoprire la presenza del glicole etilenico in Sgr B2,
mostrano che la chimica prebiotica, cioè la formazione delle molecole di
base necessarie allo sviluppo della vita, hanno luogo nelle nubi di gas
e polveri interstellari molto tempo prima che la nebulosa collassi per
formare una nuova stella e un nuovo sistema planetario. Ciò suggerisce
l'esistenza di una chimica universale prebiotica grazie alla quale
vengono sintetizzati dei composti, che, venendosi a trovare in un
ambiente dove le condizioni ambientali sono adatte, possono dare origine
a forme di vita elementare. La vita, sotto forma di forme biologiche
semplici, dovrebbe quindi essere un fenomeno relativamente comune
nell'universo. Durante le fasi di formazione, nelle parti più esterne di
un sistema planetario la temperatura non dovrebbe raggiungere valori
tali da distruggere ogni molecola prebiotica ed è proprio in queste
regioni che per condensazione del materiale residuato dall'aggregazione
dei pianeti hanno origine i nuclei cometari. Un forte supporto questo
alla teoria della "panspermia", suggerita molti anni fa da Fred Hoyle e
Chandra Wickramasinghe, secondo la quale la collisione di una cometa con
un pianeta o il passaggio di questo attraverso una coda cometaria
potrebbe portare alla disseminazione di materiale prebiotico, dal quale
con il tempo, se l'ambiente è adatto, avrebbe la possibilità di
svilupparsi la vita, come forse è accaduto alla Terra qualche centinaio
di milioni di anni dopo la sua formazione.
[TSCOPY](*)INAF,
Osservatorio di Torino [/TSCOPY]