LE MERAVIGLIE DI TITANO

 

Pioggia, vento e nebbia nella discesa su Titano

         Prima misura "in situ" della chimica dell’atmosfera di Titano

           La turbolenza di Titano sorprende gli scienziati

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Pioggia, vento e nebbia nella discesa su Titano
 
 
1 Dicembre 2005
Le immagini ad alta risoluzione dell’atmosfera di Titano dal Descent Imager/Spectral Radiometer (DISR) sono spettacolari, ma non sono stati l’unico aspetto sorprendente della discesa. Sia i dati del DISR che del Doppler Wind Experiment hanno dato agli scienziati molto da pensare.
 
L’irreversibile conversione di metano in altri idrocarburi nella stratosfera di Titano ne presuppone una riserva sotto o sulla superficie. La sonda Cassini (NASA/ESA/ASI ) non ha rivelato una riserva di metano superficiale su scala globale. E sebbene neppure le immagini del DISR mostrino bacini di idrocarburi liquidi sulla superficie, rivelano effettivamente tracce dello scorrimento di liquidi.

Le immagini del DISR ci permettono di vedere la superficie di Titano, mai osservata in precedenza, consentendoci una comprensione più profonda della geologia di questa luna di Saturno. Le regioni montuose più brillanti, sorprendentemente simili alla Terra, mostrano sistemi complessi che fluiscono in pianure scure, forse laghi o letti di fiume in secca.

Le immagini raccolte dopo l’atterraggio in una di queste pianure raffigurano oltre 50 pietre di dimensioni che vanno dai 3 mm ai 15 cm. Non sembrano esserci rocce di dimensioni superiori. Questa distribuzione di dimensioni indica che le rocce più grandi non possono essere trasportati nei letti dei fiumi, mentre le pietre più piccole (sotto i 5 cm) sono velocemente rimosse dalla superficie.  

Da queste caratteristiche, insieme con strutture che sembrano “stagni” e “isole” allungate orientate parallelamente agli “argini”, gli scienziati sono in grado di proporre una spiegazione per la natura delle variazioni di luminosità che appaiono diffusamente in tutte le immagini.

Sembrano essere effettivamente controllati da un flusso di liquidi (forse metano o etano o entrambi) lungo i declivi, forse causati da precipitazioni o sorgenti naturali...

La differenza di luminosità può essere spiegata con il “dilavamento” del terreno che appare brillante, dal quale viene rimosso il materiale più scuro, che poi si accumula nei canali. Questi si scaricano infine nella regione “al largo”, determinandone il colore scuro.

I processi eolici, come raffiche di vento, e la bassa gravità di Titano possono favorire questa migrazione di materiale.
 

La Surface Science Lamp ha funzionato esattamente come previsto, consentendo misure di riflettività superficiale anche nelle bande di assorbimento del metano. Dopo l’atterraggio erano state pianificate sia la raccolta di immagini in sequenza sia misure di riflettività spettrale della superficie illuminata dalla lampada, assumendo che l’altezza a cui si trovava era di circa 30 centimetri.

Lo spettro infrarosso in riflessione — l’aumento e la diminuzione in luminosità a diverse lunghezze d’onda — raccolto per la superficie è diverso da qualsiasi altro nel Sistema Solare. Ci sono tracce di materiali organici come la tolina (tholin), mentre le cadute di luminosità sono consistenti con ghiaccio di acqua. Ma la caratteristica più intrigante dello spettro superficiale è una riga spettrale che non viene riprodotta da nessuna combinazione possibile di ghiacci di acqua e di complessi organici che si trovano sulla Terra.
 

Gli spettri mostrano anche un’abbondanza di metano vicino alla superficie di 5 +/-1%, che in ottimo accordo con la misura in situ realizzata dallo strumento Gas Chromatograph Mass Spectrometer di Huygens. La corrispondente umidità relativa di metano è intorno al 50%: la superficie non dunque è secca, ma è possibile escludere che fossero presenti estese nebbie di metano nei pressi del sito di atterraggio.
 
 
Nel loro complesso le nuove osservazioni aggiungono informazioni sul ruolo del metano nella modellazione della superficie di Titano e sul modo nel quale viene reintrodotto. L’umidità relativa di metano e l’evidenza di flussi di liquidi sulla superficie forniscono prove a favore di piogge di metano e della evaporazione che ne segue. Nelle immagini potrebbero esserci anche alcuni indizi di eruzioni di “criovulcani”.
 
 
Ricomponendo i panorami a mosaico, gli scienziati del team di Huygens sono riusciti a determinare la traiettoria di discesa come parte di un processo iterativo di ricostruzione dell’immagine. La traiettoria è stata usata per derivare la posizione esatta della sonda e vedere come la velocità dei venti cambia con la quota.

Gli scienziati hanno scoperto che la sonda ha avuto una deriva costante verso est-nordest a causa dei venti "progradi" di Titano (cioè che si muovono nella stessa direzione della rotazione della luna). Quando Huygens era tra i 50 e in 30 km ha rallentato da circa 30 a circa 10 m/s, poi ha rallentato più velocemente passando da circa 10 a circa 4 m/s tra i 30 e i 20 km di quota.

I venti sono cessati e poi hanno invertito il movimento a circa 7 km di quota, vicino all’attesa sommità dello strato limite, dando vita a un movimento in direzione ovest-nordovest di circa 1 km nel corso degli ultimi 15 minuti di discesa.
 

I dati del Doppler Wind Experiment (DWE) che sono stati ottenuti da due telescopi terrestri hanno confermato i risultati del DISR e hanno fornito un profilo verticale ad alta risoluzione dei venti della luna di Saturno.

Non solo il DWE ha confermato la notevole turbolenza oltre i 120 km di quota e la deriva verso est nei venti progradi, ma anche i deboli venti retrogradi (verso ovest) vicino alla superficie.

Questo esperimento ha prodotto la prima conferma in situ della "super rotazione" di Titano, il fatto cioè che l’atmosfera di Titano si muove più velocemente della superficie). Inatteso, si è trovato anche uno strato con una velocità dei venti piuttosto bassa tra 60 e 100 km di quota, che al momento rimane non spiegato.
 
 
Note all'editore:
 
Questo testo è basato su un articolo che apparirà sul numero speciale di Nature, online il 30 novembre 2005
 

 
 
Prima misura "in situ" della chimica dell’atmosfera di Titano
 
 
1 Dicembre 2005
I preziosi risultati dell’Aerosol Collector and Pyrolyser (ACP) e del Gas Chromatograph Mass Spectrometer (GCMS) hanno regalato agli scienziati i primi dati “in situ” della chimica atmosferica di Titano: aerosol, composizione chimica e isotopica.
 
Due punti chiave ancora sconosciuti di Titano sono l’origine dell’azoto molecolare e del metano in atmosfera e il meccanismo con il quale la presenza di metano è mantenuta elevata, nonostante la sua rapida distruzione fotochimica (legata cioè a processi chimici che sono accompagnati o catalizzati dall’emissione o dall’assorbimento di luce nel visibile o nell’ultravioletto).

Il GCMS ha misurato la composizione chimica e l’abbondanza isotopica da 140 km di quota fino alla superficie, confermando che i costituenti principali sono azoto e metano e che la foschia atmosferica è soprattutto costituita di metano.  
 
Dalle misure dei rapporti isotopici, gli scienziati di Huygens hanno ottenuto due scoperte chiave. Il rapporto fra isotopi del carbonio (12C/13C) misurati nel metano suggeriscono un continuo o periodico accumulo di metano in atmosfera, ma non è stata trovata nessuna evidenza di sistemi biologici attivi.

Il rapporto isotopico fra atomi di azoto (14N/15N) suggerisce che l’antica atmosfera di Titano fosse ben cinque volte più densa di quanto non sia oggi, e che quindi parte dell’azoto sia andato disperso nello spazio.
 

Mentre per la prima volta è stata misurata la presenza di argon 36, non ci sono tracce di xenon o krypton. L’argon, tuttavia, è stato trovato con abbondanze molto basse: questo è molto interessante,visto che la spessa atmosfera di Titano è dominata proprio dal metano e che circa il 50% della massa di Titano è ghiaccio d’acqua, noto per essere un portatore potenzialmente molto efficiente dei gas nobili.

La bassa abbondanza significa che l’atmosfera di Titano si è formata o è stata catturata essenzialmente come ammoniaca, invece che azoto. Il mancato rilevamento di altro gas nobili – un risultato sorprendente- alimenterà teorie sull’evoluzione e l’origine dell’atmosfera di Titano.
 

La composizione dei vapori superficiali ottenuta dallo GCMS dopo l’atterraggio suggerisce che Huygens si sia posato su una superficie umida di metano, che è evaporato man mano che il suolo freddo è stato riscaldato dalla sonda. La superficie era ricca anche di composti organici che non erano stati identificati in atmosfera, come per esempio il cianogeno e l’etano. Questo indica che la complessa chimica di Titano è la stessa sulla superficie e in atmosfera.

L’argon 40 è stato rivelato sulla superficie: questa presenza indica che Titano ha avuto una attività geologica interna nel passato e che molto probabilmente l’ha ancora.
 

Gli aerosol di Titano giocano un ruolo importante nel determinare la struttura termica in atmosfera, perché hanno effetto sia sui processi di riscaldamento che di raffreddamento radiativi. Gli aerosol possono contribuire a creare strati caldi e freddi che, a loro volta, contribuiscono alla circolazione atmosferica e determinano la forza dei venti.

L’ACP è riuscito a misurare direttamente la composizione chimica delle particelle di aerosol. Da un’analisi dei prodotti ottenuta attraverso pirolisi (scomposizione chimica del materiale organico attraverso il riscaldamento) di aerosol a 600°C, sono state identificate per prime l’ammoniaca e l’acido cianidrico. Questo è di fondamentale importanza, perché è la prima evidenza della presenza – oggi - di materiale di complessi organici nell’atmosfera di Titano.

La particella di aerosol possono anche agire da nuclei di condensazione per la formazione delle nubi, e sono i prodotti finali di una chimica organica complessa, molto importante in astrobiologia. In generale, Titano offre la possibilità di osservare meccanismi di chimica che coinvolgono molecole che potrebbero essere utilizzate per ricostruire la vita sulla Terra.
 
 
Note all'editore:
 
Questo testo è basato su un articolo che apparirà sul numero speciale di Nature, online il 30 novembre 2005.

 

 
La turbolenza di Titano sorprende gli scienziati
 
 
1 Dicembre 2005
Elevata turbolenza nell’atmosfera superiore, un secondo strato ionosferico e evidenze di possibili fulmini sono tra le sorprese trovate dallo strumento di Huygens per la struttura atmosferica (HASI, Huygens Atmospheric Structure Instrument) nel corso della discesa sulla superficie di Titano.
 
HASI ha fornito misure delle caratteristiche fisiche dell’atmosfera e della superficie di Titano (come profili di temperatura e di densità, conduttività elettrica) da una quota di circa 1400 km fino alla superficie. Il Surface Science Package (SSP) di Huygens ha invece fatto misure appena sopra e sulla superficie di Titano.

Mentre la struttura dell’atmosfera ad alta quota era stata ricavata da precedenti misure eseguite dalle sonde Voyager nel corso di occultazioni solari, la struttura atmosferica a quota media (200–600 km) era piuttosto incerta, sebbene le osservazioni telescopiche indicassero già una struttura verticale piuttosto complessa.

Ben poco si sapeva della superficie di Titano, perché è nascosta in modo permanente da una spessa foschia. Inizialmente si ipotizzava che la superficie fosse ricoperta da un profondo oceano di idrocarburi, ma dati infrarossi e radar hanno mostrato contrasti di albedo molto ben definiti, consistenti forse con l’esistenza di laghi, ma non di un oceano su scala globale.

Osservazioni precedenti avevano mostrato che la pressione sulla superficie di Titano era confrontabile con quella terrestre e che il metano potesse essere una plausibile controparte di ciò che per la Terra è l’acqua, almeno per quanto riguarda la formazione delle nuvole e della pioggia. Si speculava anche sulla possibilità che l’atmosfera di Titano ospitasse fulmini in grado di modificare la composizione chimica dell’atmosfera stessa.

HASI ha scoperto che nella parte superiore dell’atmosfera, temperatura e densità sono più elevati di quanto non ci aspettassimo. L’andamento della temperatura mostra oscillazioni di 10-20 K intorno a una media di circa 170 K. Questo e altri indizi mostrano che l’atmosfera di Titano è costituita da molti strati diversi.

Modelli teorici della ionosfera di Titano ponevano a una quota compresa tra i 70 e i 90 km la massima concentrazione di elettroni prodotti da raggi cosmici. HASI ha sorpreso il team di Huygens, trovando un secondo strato ionosferico a quota minore, compreso tra i 140 km e i 40 km e con un massimo di conducibilità elettrica intorno ai 60 km di quota sulla superficie di Titano.  

HASI potrebbe aver identificato anche le impronte digitali di lampi e fulmini. Durante la discesa sono stati registrati parecchi impulsi elettrici , che potrebbero essere stati causati dalla produzione di fulmini nella guida d’onda sferica costituita dalla superficie di Titano e dal confine interno della sua ionosfera.

La risoluzione verticale della misura di temperatura è stata sufficiente per risolvere la struttura dello strato limite del pianeta. Lo strato limite, nel luogo e al tempo dell’atterraggio, aveva uno spessore di circa 300 m. La temperatura è stata misurata accuratamente in 93.65±0.25 K e la pressione in 1467±1 hPa (dati molto simili a quelli ottenuto dai Voyager in precedenza, che indicava circa 95 K e 1400 hPa).
 

 
 

Data: 01/12/05

Autore:

Fonte: ESA

Link: http://www.esa.int/esaCP/Italy.html

 

 

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