Bilancio di una missione settennale nello spazio dallo straordinario successo

Polvere di "Stelle"

 

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                     Stardust: un Peter Pan a caccia di Trilly e della sua polvere magica

                        Di Margherita Campaniolo

 

 

Gli Scienziati Confermano: Stardust ce l’ha fatta. Il modulo rientrato sulla Terra il 15 gennaio scorso, contiene una grande quantità di materiale proveniente dalla cometa Wild 2 e di polvere interstellare.

Stardust è un satellite della NASA partito il 7 febbraio 1999 alla volta della cometa Wild 2.

 Image credit: NASA/Ames Research Center

Porta con sè un particolare congegno, una piastra suddivisa in tante celle, un po’ come un favo d’alveare, pieno di uno speciale materiale, un aerogel. Lungo il percorso che lo porta alla volta della cometa ha il compito di raccogliere, su una delle due facce della piastra, il materiale interstellare che attraverserà, l’altra faccia conterrà esclusivamente polvere di cometa, quella cometa che avvicinerà con una manovra di flyby. Il progetto ha origini ben più remote, nato dieci anni fa dalla volontà del dott. Donald Brownlee, Stardust principal investigator dell’Università di Washington, Seattle.

 Image credit: NASA/Ames Research Center

In sette anni Stardust ha viaggiato, tra odissea di andata e ritorno, per ben 4,6368 miliardi di chilometri, un viaggio non privo di fatti inaspettati e di grande valenza scientifico-astronomica: il 2 novembre 2002, nella fascia asteroidale tra Marte e Giove, incontra un asteroide fino a quel momento osservato solo da terra e cioè l’asteroide 5535 Anne Frank, fotografandolo più volte e consentendoci di raccogliere informazioni nuove su questo corpo celeste della famiglia Augusta, ritenuto fino a quel momento del diametro di 4 chilometri e rivelatosi in realtà essere esattamente il doppio, ben 8 chilometri; l’incontro tra il satellite terrestre e l’asteroide dedicato alla dolce fanciulla di Francoforte vittima dell’olocausto è avvenuto a soli 3 km di distanza.

E finalmente il 2 gennaio 2004, il grande appuntamento, il momento tanto atteso da tutta una serie di ingegneri, astronomi e progettisti, il sogno a cui cominciare a credere… Come un Peter Pan in cerca della sua magica Trilly e di quella polvere magica che permette al più comune dei mortali di volare, Stardust entra in contatto con la cometa Wild 2, la “tallona” a soli 241 chilometri dal nucleo facendosi investire dalla sue polvere, prezioso bottino da portare, se tutto continuerà ad andare bene, sul pianeta Terra, polvere che svelerà moltissimi misteri sia sulla natura delle comete che sui mille interrogativi sull’origine della vita. Fatto ciò gli scienziati non hanno che sperare, sperare che Stardust sia riuscita a raccogliere ed incamerare nelle sue “celle” una quantità significativa di materiale, sperare che il viaggio di ritorno della capsula contenente il prezioso bottino avvenga senza intoppi e augurarsi che così accada anche per il suo rientro in atmosfera. Da qui le ansie crescenti quando, dopo che il 13 gennaio alle 20:53 (ora del Pacifico) la nave spaziale effettua l’ultima manovra per posizionare in modo corretto rispetto all’atmosfera terrestre,  il 14 gennaio 2006, alla fine di una  lunghissima giornata di controlli e di comandi inviati, Stardust libera la sua capsula, ormai “sola” nella manovra di rientro; esattamente quattro ore dopo, alle 01:57, questa si tuffa in atmosfera… Una caduta rapida a velocità pazzesca, 46.440 chilometri orari.. Vista da terra sembra di osservare un bolide celeste sfrecciare nel cielo. "Sto aspettando questo giorno dall'inizio degli anni 80, da quando il Dott. Peter Tsou Principal Investigator JPL ed io, abbiamo progettato una missione per raccogliere le polveri di una cometa," ha dichiarato in quei frangenti il dott. Don Brownlee "e vedere la capsula sostenere in sicurezza il rientro sul pianeta d’origine è una sensazione emozionante".

 Image credit: NASA/Ames Research Center

E’ un momento molto delicato che rischia di invalidare tanti anni di lavoro ed attese; la capsula è la più grande mai fatta rientrare sulla Terra, batte il record, ad appannaggio dal maggio del 1969, del modulo di rinvio dell’Apollo 10. Tra le 02:00 e le 02:05 si aprono senza problemi i paracadute principali della capsula quando questa si trova a circa 32 chilometri dal suolo, ed è Terra!

Sono le 02:10 del 15 gennaio, immediatamente squadre di militari della U.S. Army Dugway Proving Ground (Utah) raccolgono la capsula atterrata nel deserto dello Utah e, dentro un apposito contenitore di alluminio e con un elicottero, la portano al sicuro in attesa del trasferimento al centro spaziale di Johnson, Houston dove finalmente sarà aperto. Alla comunità internazionale Tom Duxbury, della NASA's Jet Propulsion Laboratori di Pasadena (California), dichiara “Dieci anni dalla progettazione e sette anni di volo trovano realizzazione questa mattina quando abbiamo ripreso con successo la nostra capsula atterrata nel suolo del deserto dell'Utah," e ancora "il progetto Stardust ha trasportato, per la Comunità scientifica, materiale d’interesse internazionale rimasto tale dai tempi della formazione del nostro sistema solare”

 Image credit: NASA/Ames Research Center

E’ martedì 17 gennaio quando la capsula viene aperta:  "L’accumulo di particelle di cometa ha superato le nostre aspettative" dirà il dott. Brownlee.  "E’ stato assolutamente esaltante vedere le migliaia di effetti sull’aerogel”. E ancora: “La squadra sta analizzando le celle che contengono le particelle e sta rimuovendo i diversi grani di cometa e di polvere interstellar.  Le particelle saranno poi finalmente trasferite a ricercatori prescelti universalmente”. Lo staff NASA del PET ovvero del Preliminary Examination Team, sta lavorando a ritmi intensi, anche 16 ore al giorno, per rimuovere le preziose particelle e separarle da quelle composte da aerogel, un lavoro difficile e delicato I frammenti più consistenti si rivelano come dei veri e propri piccoli crateri sullo strato di aerogel. 

Immagini  mattonella 115   Image credit: NASA/Ames Research Center

Immagine spettacolare di una particella che aveva penetrato la lamina di alluminio nella cella 115 con un effetto di “espulsione” nell’aerogel stesso.  Image credit: NASA/Ames Research Center

E Stardust? La nave spaziale dopo aver volato per sette anni, dal 29 gennaio è stata disposta in “ibernazione” attraverso comandi da terra. Tom Duxbury Stardust Project Manager del Jet Propulsion Laboratory ha detto: "Oggi, attraverso una melodia digitale, abbiamo indotto al sonno la nostra nave. In questi ultimi sette anni ha percorso 2,88 miliardi di miglia, merita un arresto.”   La ninna nanna è stata una serie di ordini che alle 4  ha dato ordine di disattivare tutti i sistemi tranne quelli essenziali, quali la capacità di allinearsi favorevolmente al sole e l’antenna ricetrasmittente che si autoalimenterà.  Questa condizione è prevista essere di lunga durata, un’ibernazione a tempo indefinito (si pensa lunga dieci anni).

"Disporre Stardust in ibernazione ci dà l’opzione per riutilizzarla possibilmente in avvenire" ha detto il dott. Tom Morgan, Stardust Program Executive della NASA Headquarters di Washington  "la missione già è stata un successo enorme, ora è possibile aggiungere ulteriori successi, cogliendo i profitti scientifici dai dati che si raccoglieranno e che daranno alla missione successo al successo

La nave spaziale Stardust, il 14 gennaio 2009, volerà oltre Terra, ad una distanza di circa 1 milione di chilometri ma a terra ha lasciato ciò che può essere considerato un autentico tesoro.

 

 Image credit: NASA/Ames Research Center

 
 

 

 
   

Data: 2 febbraio 06

Autore: Margherita Campaniolo

 

 

 

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