La maggior parte delle minuscole particelle extraterrestri si deposita
nelle regioni polari del nostro pianeta. A rivelare tutti i misteri
della polvere cosmica è una ricerca pubblicata di recente sulla rivista
scientifica Nature: lo studio l'ha condotto l' Istituto per la
dinamica dei processi ambientali del Cnr, con l'Università
di Venezia. Per avere i dati sul pulviscolo è stata analizzata una
carota di ghiaccio della Groenlandia: misurando la presenza d'iridio e
di platino, di cui sono ricchi i meteoriti, gli studiosi hanno
ricostruito il flusso delle micro particelle degli ultimi diecimila
anni.
L'Istituto per la dinamica dei processi ambientali ha sede
appunto nella città della Laguna, al dipartimento di Scienze
ambientali dell'ateneo Ca' Foscari. I problemi ambientali
sono per loro natura multidisciplinari, e l'approccio di sistema
costituisce l'unica metodologia in grado d'affrontarli con successo. E
partendo proprio da questo presupposto è stata avanzata la proposta di
costituzione dell' Istituto. La struttura si prefigge di portare
un contributo originale alla comprensione di come si evolve l'ambiente,
terrestre e marino, inteso come un sistema in equilibrio dinamico, di
cui i parametri fisici, chimici, geologici e biologici osservabili sono
le caratteristiche risultanti.
«La polvere cosmica - spiega Carlo Barbante dell' Istituto per la
dinamica dei processi ambientali del Cnr di Venezia - è un
insieme di minuscole particelle, che si formano nell'alta atmosfera, a
circa 90 chilometri d'altezza, a seguito della completa disintegrazione
delle meteoriti al momento dell'ingresso nell'atmosfera terrestre.
Finora era un mistero il luogo in cui la polvere interplanetaria si
andava a depositare. La nostra ricerca ha rivelato che la maggior parte
di questo materiale si accumula nelle regioni polari, dove arriva
trasportato dai venti prevalenti della media atmosfera, prima di essere
depositato sulla superficie».
L'individuazione del processo non è stata semplice, poiché durante
l'ultima era glaciale le frequenti tempeste di polvere hanno mascherato
in parte questo segnale extraterrestre. Grazie a studi di modellistica è
stato però possibile stabilire sia che durante l' Olocene c'è
stata una ricaduta media globale di circa 14mila tonnellate di materiale
meteorico all'anno, sia che il flusso è stato negli ultimi diecimila
anni costante.
«Accrescere le conoscenze sulla polvere cosmica - conclude Carlo
Barbante dell' Istituto per la dinamica dei processi ambientali -
è di fondamentale rilievo poiché queste particelle hanno legami con il
clima e possono interferire nelle variazioni di temperatura sulla Terra.
Conoscerne a fondo i flussi e i processi aiuta, inoltre, a comprendere
meglio lo sviluppo del sistema solare».
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