Se
la ricerca di forme di vita intelligenti extraterrestri è un'impresa sul
cui successo la maggior parte degli scienziati nutrono forti dubbi, ve
n'è
un'altra che invece lascia sperare in
un esito positivo, e nemmeno tanto
lontano: quella di altri pianeti abitabili al di fuori del sistema
solare.
Marte, infatti, è solo una delle
possibili opzioni, semplicemente la più
vicina e abbordabile. Nel 2008 l'Esa (l'Agenzia spaziale europea)
metterà in
orbita Eddington, un telescopio
spaziale altamente specializzato, cui sarà
affidato il compito di studiare le zone dell'universo che possano
presentare
le condizioni ideali ad ospitare
pianeti abitabili. Eddington – chiamato
così in onore dell'astronomo inglese che ha formulato la teoria della
struttura dell'interno delle stelle - è un «fotometro di precisione»
capace
di misurare con la massima accuratezza
la luminosità dei corpi celesti: la
sua precisione è tale che se fosse puntato su uno sciame di diecimila
lucciole, che da lontano apparirebbero come un'unica fonte luminosa,
sarebbe
in grado di determinare con precisione
matematica se una sola delle lucciole
«si spegnesse». Eddington sarà lanciato all'inizio del 2008, e dopo un
viaggio di alcuni mesi che lo porterà oltre la Luna, assumerà un'orbita
stabile a circa un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Lì
inizierà la
sua missione scientifica, che durerà
almeno cinque anni: i primi tre saranno
dedicati alla ricerca dei pianeti abitabili in un'unica regione del
cielo,
gli altri due saranno invece impiegati
nello studio delle oscillazioni
stellari. Che cosa s'intende per pianeta abitabile? Per essere
considerato
tale, un corpo celeste deve soddisfare
alcune condizioni minime.
Innanzitutto deve avere una superficie solida e un'atmosfera simile a
quella
terrestre, e dimensioni analoghe a
quelle del nostro pianeta. In
particolare, la sua massa dovrà avere una dimensione compresa fra metà e
dieci volte quella della Terra. Un pianeta troppo piccolo, infatti, non
avrebbe la forza di gravità sufficiente per mantenere un'atmosfera,
mentre
uno troppo grande eserciterebbe una
forza di gravità tale da attrarre il gas
che lo circonda, diventando invivibile come Giove o Saturno. In secondo
luogo, la temperatura di un pianeta abitabile dev'essere simile a quella
terrestre, in modo da poter avere sulla sua superficie acqua allo stato
liquido. La temperatura di un pianeta dipende principalmente da due
elementi: la luminosità della stella intorno alla quale ruota il sistema
e
la distanza del pianeta stesso da essa.
La fascia orbitale attorno a una
stella in cui un pianeta può assumere la temperatura idonea alla vita è
detta «zona abitabile». Se la stella è di dimensioni ridotte e di scarsa
luminosità, questa fascia sarà vicina ad essa, mentre nel caso di stelle
grandi e luminose la zona abitabile sarà più lontana. Altrettanto
cruciale affinché su un pianeta si creino le condizioni per ospitare e
sviluppare la
vita, è la presenza, all'interno del
proprio sistema, di un altro pianeta
dalle caratteristiche e funzioni simili a quelle che Giove ha nei
confronti
della Terra: questo nostro «grande
fratello», infatti, è per la Terra una
sorta di scudo naturale, in quanto la protegge attraendo e
«inghiottendo»
nel suo campo gravitazionale meteoriti,
comete o altri fenomeni che altrimenti verrebbero a collidere col nostro
pianeta, provocando eventi
catastrofici. È quanto fece, ad esempio, nel 1994, quando inghiottì la
cometa Shoemaker-Levy. Un pianeta abitabile, ovviamente, è strettamente
legato alla stella del suo sistema e alla sua evoluzione. La dinamica
evolutiva del Sole, ad esempio, ha avuto un'influenza centrale sullo
sviluppo della Terra, creando le premesse perché la vita vi fosse
possibile,
a cominciare dal clima (anche se la
natura di questo influsso è per certi
versi sorprendente, visto che la temperatura della Terra ha mantenuto lo
stesso valore anche quando, alcuni miliardi di anni fa, il Sole emetteva
il
30 per cento in meno di calore rispetto
ad oggi). Secondo alcuni scienziati,
le
zone abitabili non esistono solo all'interno dei sistemi stellari, ma
anche all'interno delle galassie: la Via Lattea, ad esempio, che ha un
raggio di 45.000 anni luce, ospita una zona abitabile che si può
descrivere
come un anello compreso tra la parte
più esterna della galassia, dove la
penuria di elementi pesanti come ferro e silicio permetterebbe solo la
formazione di pianeti di natura prevalentemente gassosa, e la sua parte
più
interna, dove invece, per via dei
livelli di radiazioni troppo alti, è
facile che si verifichino esplosioni stellari o impatti catastrofici. Il
fatto che esistano pianeti abitabili non significa che su di essi vi
siano
forme di vita. Le condizioni sopra
elencate sono necessarie, ma non
sufficienti per permettere lo sviluppo della vita, almeno così come la
conosciamo sulla Terra. Tra i sistemi stellari oggi noti, quello che
sembra
più simile al nostro è il sistema 55
Cancri, situato a 41 anni luce dalla
Terra. Esso possiede ben tre pianeti giganti, e potrebbe dunque averne
altri, compresi nella zona abitabile posta ad una distanza intermedia
dal
suo sole: ben protetti dai tre
pianeti-scudo, essi potrebbero già ospitare
la
vita. Secondo studi recenti, sembra più che ragionevole ipotizzare che
di pianeti simili alla Terra ve ne siano miliardi, e che circa un terzo
di essi
possano ospitare forme di vita. Gli
scenari plausibili sono i più
eterogenei. Ispirandoci alle fantastiche ambientazioni delle avventure
di
Star Wars, possiamo immaginare pianeti
con una sola calotta polare, pianeti
freddi o pianeti caldi, terre abitate da stravaganti forme di vita o
paesaggi dai colori mai visti, cieli illuminati da gigantesche aurore
boreali o animati da eclissi che si susseguono a ritmi impensabili sulla
Terra. Con una così vasta e affascinante gamma di possibilità, si
capisce
bene per quale motivo la missione di
Eddington sarà solo la prima di una
lunga serie di analoghe investigazioni dello spazio in cerca di altre
eventuali Terre: al fine di penetrare con sempre maggiore profondità nei
misteri della vita, l'Esa sta già lavorando alla missione «Darwin» per
il
2015. Il limite di simili missioni è
che sono volte alla ricerca di
condizioni di abitabilità stabilite secondo i parametri a cui siamo
abituati
sulla Terra. Nulla esclude, però, che
possano essersi sviluppate anche forme
di
vita diverse, ad esempio basate sulle strutture a noi familiari del Dna
e
del carbonio, e che la ricerca di
luoghi abitabili debba imboccare direzioni
oggi del tutto imprevedibili.
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