Chiariti i meccanismi che innescano le catastrofiche
esplosioni di supernovae che possono essere
utilizzate come "fari campione" per stimare le
distanze e le dimensioni massime dell’Universo
Misurare l’estensione dell’Universo è, da sempre,
uno dei compiti più difficili e dibattuti
dell’astronomia , e richiede osservazioni sempre più
accurate, condotte con gli strumenti più sofisticati
sia da Terra che dallo spazio. Gli astronomi hanno
trovato nelle supernovae di tipo Ia, veri fari
campione visibili fino ai più lontani angoli del
cosmo, un prezioso "alleato" per questo ambizioso
obiettivo, ma finora vi erano alcune incertezze sui
meccanismi fisici che innescano l’esplosione e
quindi sul considerare questi oggetti come
affidabili "metri cosmici".
Oggi, grazie ad un accurato lavoro condotto con i
telescopi dell’European Southern Observatory, ESO,
da una équipe internazionale di ricercatori guidata
da astronomi italiani che lavorano o si sono formati
presso l’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova,
molti di questi dubbi potrebbero essere cancellati.
E’ stata infatti osservata per la prima volta la
presenza di gas che circondava una stella prima che
esplodesse come supernova. Questa scoperta avvalora
l’ipotesi che l’esplosione sia avvenuta in un
sistema composto da due stelle in orbita una intorno
all’altra, in cui una, più piccola e densa (una nana
bianca) "aspira" il gas dalla sua "compagna", più
estesa e con un’atmosfera assai rarefatta (una
gigante rossa). Accumulandosi sulla nana bianca, il
gas ne innesca il collasso gravitazionale e quindi
l’immane esplosione in supernova. E, vista
l’assoluta "normalità" dell’oggetto studiato, è
assai probabile che questo sia il meccanismo che
determina l’esplosione di tutte le supernovae Ia.
Capire la natura di questi fenomeni permetterà di
utilizzare con maggiore sicurezza e precisione
questi veri e propri "fari campione" per la misura
di distanze e dimensioni dell’Universo. La scoperta
è stata pubblicata su Science Express, il portale
web della rivista Science.
La scoperta è nata grazie ad una articolata campagna
osservativa per SN 2006X, una supernova di tipo Ia
esplosa nella galassia denominata Messier 100,
distante circa 70 milioni di anni luce da noi. Le
misure, condotte in un arco di quattro mesi e
realizzate principalmente con lo strumento UVES (Ultaraviolet
and Visual Echelle Spectrograph) installato al Very
Large Telescope dell’ESO sulle Ande cilene, hanno
permesso di osservare intorno alla stella che è
esplosa come supernova una serie di "bolle"
concentriche di gas espulse da un stella compagna,
classificata come gigante rossa. Dai dati raccolti,
la nuvola di gas ha dimensioni dell’ordine di 0.05
anni luce, ossia circa 3.000 volte la distanza tra
la Terra e il Sole, si muove con una velocità di
quasi 200.000 km l’ora e sarebbe stata espulsa dalla
stella compagna di SN 2006X mezzo secolo prima
dell’esplosione. La presenza di questa nuvola di gas
è una delle previsioni della teoria nel caso la
stella compagna della supernova sia effettivamente
una gigante rossa. Dopo anni di tentativi, questa è
la prima volta che la presenza del gas viene
definitivamente dimostrata. Il caso di SN 2006X è
emblematico perché i ricercatori hanno dimostrato
che questa è una supernova di tipo Ia assolutamente
normale e lo stesso si può dire per il suo
meccanismo di esplosione
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