Potremmo definirci archeologi dell'Universo,
adesso con il Large Binocular Telescope. Dal Monte Graham in Arizona
potremo spingere l'osservazione fino ai suoi confini e vedere la luce
emessa oltre dieci miliardi di anni fa dalle prime stelle e galassie.
Incontro Franco Pacini sulla collina di Arcetri nel suo studio
all'Osservatorio Astrofisico, che ha diretto dal 1978 al 2001, quando è
divenuto per un triennio Presidente dell'Organizzazione internazionale
degli astronomi. Pacini ha partecipato all’inaugurazione del più grande
telescopio binoculare avvenuta a metà ottobre. Il telescopio è stato
costruito in circa 15 anni grazie all'impegno congiunto degli astronomi
italiani, americani e tedeschi. È la prima volta al mondo che si
costruisce un telescopio binoculare di queste dimensioni. Adesso gli
astronomi italiani potranno osservare il cielo nei due emisferi: quello
Sud con i grandi telescopi sulle Ande cilene dell'Osservatorio europeo
E.S.O., e a Nord con il grande telescopio binoculare installato sul
Monte Graham in Arizona.
Pacini mi accoglie
mostrandomi un fumetto, ideato da Lara Albanese e da Raffaella Bacchi.
Esso racconta ai ragazzi la straordinaria avventura del «LBT: un gigante
a due occhi».
«I due grandi occhi - spiega
- sono i due specchi, ciascuno del diametro di 8,4 metri che,
utilizzando radiazioni ottiche e infrarosse partite oltre 10 miliardi di
anni fa, consentono di osservare le galassie più lontane. Sono retti da
una struttura del peso di ben 700 tonnellate. È così sensibile che basta
una mano per muoverla. È stata costruita in Italia dall'Ansaldo Camozzi.
Gli americani, in Arizona hanno costruito i due specchi, l'équipe
italiana guidata da Piero Salinari ha progettato e realizzato l'enorme,
delicatissima struttura portante. È stata un'esperienza entusiasmante
che ha coinvolto la comunità scientifica nazionale e, per oltre 15 anni,
ha avuto base in Arcetri. Il rapporto con l'industria è stato positivo.
Non abbiamo commissionato la struttura a “scatola chiusa” sulla base
della tecnologia esistente, abbiamo impostato un intenso lavoro di
collaborazione per affrontare problemi di ingegneria scientifica
inediti. Come è giusto, trattandosi di un grande programma nazionale, la
gestione dell'impresa è ora stata affidata all'Istituto Nazionale di
Astrofisica».
Da quel grande
affabulatore che è, Pacini racconta lo strabiliante viaggio della
modernissima struttura, con mezzi d'altri tempi: caricata su un camion
speciale ha viaggiato da Milano al Po dove, sistemata su una lunga
chiatta, ha navigato fino a Mestre. Imbarcata su una nave ha raggiunto
Houston e quindi il Monte Graham. Conclusa questa fase, l'attenzione si
è spostata sulla strumentazione accessoria, quella che serve per trarre
informazioni scientifiche dalla luce raccolta col telescopio. Un passo
fondamentale è stato lo sviluppo di una tecnologia, l'ottica adattiva,
che consentirà osservazioni astronomicaìhe non più disturbate dal
tremolio dell'aria. L'immagine è resa nitida da speciali tecniche che
consentono di correggere in tempo reale la distorsione. «Siamo arrivati
prima degli americani», dichiara soddisfatto.
Una bella
impresa. La comunità scientifica italiana ha giocato un ruolo di primo
piano.
È vero.
Venticinque anni fa l'Italia aveva solo telescopi con diametro inferiore
a due metri. Poi l'astronomia italiana ha avuto un grande balzo in
avanti, grazie anche a una legge di riforma degli Osservatori che
assicurava più fondi e personale. Siamo allora entrati a far parte dell'E.S.O.
Poi abbiamo costruito il telescopio Galileo, con un diametro di 3.5
metri, alle Isole Canarie. Adesso abbiamo realizzato, il grande binocolo
LBT. Anche il CNR ha portato avanti importanti progetti per lo studio
del cosmo attraverso le onde radio. Insomma è stato un periodo ricco di
progressi che ha portato l'astronomia italiana a un alto livello
internazionale.
Fin dove
potrete spingervi e cosa vi proponete di osservare con LBT?
Abbiamo diversi
obiettivi scientifici. Il primo è osservare galassie sempre più lontane,
le prime nate con l'universo, per capire come si è evoluto fino a oggi.
L'altro obiettivo è vedere in modo nitido l'universo nei suoi dettagli.
Per esempio osservare una galassia la cui parte centrale contenga dei
buchi neri per studiare il comportamento della materia nella loro
prossimità, o vedere i pianeti intorno a stelle diverse dal Sole.
Lei da tempo
è molto interessato alla divulgazione scientifica, specie tra i giovani.
La scuola è abbastanza attenta alla formazione scientifica?
Si tratta di un
problema fondamentale, non solo in Italia. Il mondo moderno è imbevuto
di scienza e tecnologia in tutti i campi e da qui non si torna indietro.
Occorre una sempre maggior diffusione della cultura scientifica o,
altrimenti, si arriverà a una società dove solo pochi possono decidere,
per esempio sull'energia nucleare o sulle cellule staminali. Cosa ne
sarebbe della democrazia? L'astronomia, per il suo fascino, può essere
una sorta di cavallo di Troia per la scienza, specie tra i giovani. Lo
ha riconosciuto esplicitamente anche il Ministro Moratti nel suo
discorso all'inaugurazione di LBT. A Firenze e in altre sedi italiane si
lavora molto in questo settore. L'Organizzazione mondiale degli
astronomi ha proposto che, in occasione del 2009, quattrocento anni dopo
le grandi scoperte di Galileo, il mondo celebri l'anno dell'astronomia.
Il Governo Italiano ha fatto propria questa richiesta inoltrandola
all'UNESCO e alle Nazioni Unite. A Firenze abbiamo proposto che si
costruiscano un Museo dell'Universo e un Planetario. Proposte nello
stesso spirito stanno venendo anche dalle altre sedi dove lavorò
Galileo, Padova e Pisa. Le nostre proposte sono state accolte bene, ma
ora dalle parole bisogna passare ai fatti.
Come va la
ricerca italiana?
I problemi sono
tanti. Esistono però settori che, come il nostro, hanno un alto
prestigio internazionale. Fra i problemi io metterei al primo posto
quello delle risorse umane. Assistiamo a una forte diminuzione di
studenti in quasi tutte le facoltà scientifiche, oltre alla triste fuga
dei cervelli. Questo può pregiudicare lo sviluppo del paese. È successo
anche negli Stati Uniti ma hanno in parte rimediato aprendo le loro
Università a un gran numero di studenti di altri paesi, europei, cinesi,
indiani e così via. Dovremmo fare la stessa cosa anche in Europa, come
sosteneva qualche settimana fa anche il giornale The Economist.
La scienza è un grande valore culturale prima di tutto. Fra mille anni
saremo ricordati più per le grandi scoperte scientifiche della nostra
epoca che per le maledette guerre vinte o perse. Nostro compito è anche
quello di salvare i valori umanistici tradizionali con la diffusione
della scienza e della tecnologia. Questo è quello che cercava di fare
anche Galileo quando scriveva di scienza nella lingua di tutti e non
solo in latino.