Gli americani si
preparano a combattere anche nello spazio, lo rivela un recente rapporto
dell’Aeronautica statunitense. Velivoli commerciali, piattaforme di
lancio di paesi neutrali, perfino satelliti meteo possono entrare a far
parte della loro lista di obiettivi. Il rapporto in questione, dal
titolo “Air Force Doctrine Document 2-2.1: Counterspace Operations" a
prima vista può sembrare un abbozzo di programma per far sì che le forze
armate americane riescano a difendere la sicurezza degli Usa anche in
orbita, eventualmente neutralizzando minacce nemiche provenienti dallo
spazio. Firmato dal generale John Jumper, il documento indica a chi
dovrebbe spettare il comando in un eventuale conflitto cosmico, quali
armi bisognerebbe utilizzare, su quali target bisognerebbe puntare.
Negli archivi del Pentagono ci sono centinaia di file del genere. Ma
tutti quegli acronimi e quelle mappe nascondono in realtà due sentimenti
ben più rilevanti rispetto a quelli chiamati in causa da altri documenti
analoghi. Prima di tutto, nel
rapporto
è scritto chiaramente che l’aeronautica americana, nel caso
un’eventualità del genere si verificasse davvero, è “tenuta” a stroncare
qualsiasi iniziativa spaziale di un altro paese. Insomma, nessun
satellite o stazione di controllo terrestre dovrebbe continuare ad
appartenere a potenziali nemici dell’America. «Un danno enorme, a
livello economico, per aziende o paesi che con la guerra non hanno in
realtà nulla a che fare, che si accompagnerebbe a un elevato pericolo di
recessione o collasso delle istituzioni politiche», avverte Theresa
Hitchens, vicepresidente del
Center for Defense Information.
«Bisogna stare attenti: si potrebbe finire per minare anche le
potenzialità degli alleati, se non addirittura le nostre». Ma in realtà
c’è poca scelta. Quasi tutte le forze armate del mondo – comprese quelle
americane – dipendono da satelliti di aziende private per la
trasmissione di messaggi, la realizzazione di immagini e il controllo di
bombe e missili. Durante l’invasione dell’Iraq, orbiter commerciali
hanno gestito l’80 per cento delle comunicazioni militari americane.
Tre
obiettivi in uno
Nelle prime pagine del rapporto, l’aeronautica afferma chiaramente il
proprio nuovo compito: conservare la “superiorità spaziale”
statunitense, vista come «libertà di attacco ma anche dall’attacco»
in orbita. Una missione che oggi per l’America è importante quanto il
controllo degli spazi aerei, continua il documento. Insieme, questi due
compiti costituiscono «la premessa cruciale di qualsiasi operazione
militare». In effetti, «mantenere la superiorità spaziale» racchiude tre
obiettivi in uno. Bisogna sapere tutto ciò che avviene nel cosmo, dalle
eruzioni solari alla presenza di satelliti ostili all’orbitare dei
detriti spaziali. Bisogna difendersi dagli attacchi a settori collegati
a quello della ricerca spaziale: l’anno scorso, gli iracheni hanno
cercato di mettere k.o. il Global Positioning System, e tentativi
analoghi potrebbero ripetersi negli anni a venire. Infine, bisogna
tenersi pronti, in ogni momento, a stroncare sul nascere la possibilità
dei nemici di sfruttare lo spazio a loro favore. Dove per nemici –
chiarisce il rapporto - non si intende solo quella ristretta cerchia di
nazioni abbastanza sviluppate da possedere un proprio comparto di
ricerca spaziale. Anche gli staterelli più piccoli oggi si affidano
abitualmente ai satelliti dei paesi più avanzati per scattare foto o
gestire dall’alto i traffici telefonici. Anche le cellule terroristiche
tecnologicamente meno progredite hanno, prima o poi, utilizzato la
telefonia via satellite per comunicare. Quindi praticamente ogni
nazione, ogni minuscolo gruppo di rivoluzionari può essere un potenziale
avversario spaziale. Il documento lo afferma come un dato di fatto, come
se la nozione fosse tutto meno che controversa.
In realtà, lo scopo primario dell’Aeronautica è quello di acquistare un
maggiore potere, commenta Jim Lewis, analista del
Center for Strategic and International Studies.
«L’aeronautica sta puntando alto», spiega. «È da un sacco di tempo che
accarezza il sogno di fare la guerra nello spazio. Ora l’ha manifestato,
e sta a vedere se qualcuno si oppone». Il Counterspace Operations,
pubblicato in sordina ad agosto, si fonda su tutta una serie di rapporti
in tema che l’hanno preceduto. A inizio anno
era uscito
il "Transformation Flight Plan," che riguardava il possibile
utilizzo di armi orbitanti, tra cui delle gigantesche mazze di metallo
da sparare sulla terra dal cosmo. Quel rapporto, però, si limitava ad
analizzare «i sistemi possibili, e quelli eventualmente più efficaci da
usare in caso di conflitto spaziale», spiega la Hitchens. «Documenti
come il Counterspace Operations, invece, sottolineano chiaramente le
caratteristiche della missione e tutto ciò che bisogna fare per portarla
a termine con successo. Quest’ultimo rapporto è dunque molto più
significativo del Flight Plan, che in fin dei conti era solo una lista
di aspirazioni: è una dichiarazione di quel che l’Aeronautica
effettivamente intende fare».
In attesa del via
libera
Il rapporto manifesta la chiara intenzione dell’Aeronautica di bloccare
qualsiasi tipo di attività satellitare, anche di natura commerciale o
comunque neutrale, presumibilmente utile a potenziali avversari. Tra i
possibili target elencati dal Counterspace Operation ci sono quindi i
satelliti «sfruttabili a fini di comunicazione da diversi utenti, fra
cui soggetti potenzialmente ostili ma anche apparentemente amichevoli o
neutrali», nonché le «piattaforme di lancio utili agli interessi ostili
di paesi in via di sviluppo». È concesso anche l’annientamento di
satelliti meteo, perché anche le previsioni meteorologiche possono
«servire agli scopi del nemico». In guerra, del resto, attacchi del
genere sono consentiti. La
Convenzione Hague
del 1907 stabilisce infatti che i belligeranti «non possono sfruttare
porti, stazioni telegrafiche o qualsiasi altro apparato di carattere
neutrale per comunicazioni di tipo militare», pena l’esposizione ad
attacchi preventivi. Una norma che può essere tranquillamente estesa
anche al cosmo.
Le conseguenze di tali attacchi – potenzialmente in grado di privare
milioni di persone delle previsioni meteo, dei sistemi di navigazione
satellitare e di comunicazione d’emergenza – potrebbero però rivelarsi
politicamente catastrofiche, osserva la Hitchens. L’Aeronautica
americana lo sa, e per questo motivo si limiterà a bloccare
temporaneamente l’accesso allo spazio del nemico, piuttosto che
distruggerlo. «Stiamo puntando a effetti assolutamente reversibili»,
spiega il colonnello Andy Roake. «Quando si fanno esplodere aeroporti o
velivoli, si colpiscono cose che possono essere tranquillamente
sostituite o riparate». Ciò, però, non è del tutto vero quando si parla
di spazio. Lo stesso Roake ammette che «se si fa esplodere qualcosa nel
cosmo, si lasciano miliardi di piccoli pezzi pericolosi come mine
vaganti». Eppure, l’Aeronautica vuole mettercela tutta per progettare
armi in grado di distruggere satelliti. Sempre che il Congresso dia il
via libera: secondo un
rapporto
di Jeffrey Lewis, ricercatore della University of Maryland, il budget
del prossimo anno per il Counterspace Systems è stato ridotto di circa
due terzi, a 28,4 milioni di dollari.
© Wired News