Le discipline scientifiche in campo artistico e storico
stanno diventando indispensabili. Un esempio tipico è la datazione con
il metodo del carbonio-14, che è il più noto ma anche il più raramente
applicato, perché difficile e costoso. Vi sono molte altre tecniche
fisiche o chimico-strumentali in grado di dare informazioni sulla
morfologia di un oggetto o sulla sua composizione elementare, fino al
livello di tracce. Eseguito l'esame scientifico, interviene l'umanista
che, in base alla compatibilità di questi dati con quelli del contesto
storico ipotizzato, può certificare l'autenticità di un'opera.
C'è poi un'altra ragione per cui la natura chimico fisica di un
manufatto deve essere perfettamente nota: la sua conservazione e/o il
suo restauro. Se fino a qualche tempo fa il recupero di un'opera d'arte
puntava in sostanza al ripristino del suo aspetto esteriore, ora si
cerca di ritrovare lo stato originale anche nella sostanza, cioè nella
sua struttura e composizione. Una delle tecniche chimico-strumentali tra
le più versatili è la "Fluorescenza indotta da Raggi X", o "XRF" (X Ray
Fluorescence). Questa tecnica fornisce, in pochi secondi, la
composizione chimica del campione elencandone, con notevole precisione,
gli elementi caratterizzanti, compresi quelli in traccia, che sono
spesso i più significativi. E' una tecnica assolutamente non
distruttiva, adatta anche all'analisi di campioni di grande valore, che
lascia perfettamente intatti; ma si rivolge esclusivamente a campioni
inorganici; non riesce infatti a "vedere" il carbonio e in genere tutti
gli elementi più leggeri dell'alluminio. La ragione di questo limite sta
nel fenomeno su cui la tecnica si basa, e cioè l'emissione stimolata di
radiazioni X conseguente a transizioni elettroniche nella struttura
atomica degli elementi presenti nel campione, transizioni che sono tanto
più tenui quanto più la struttura atomica è semplice. Per di più, poiché
la sonda analizzatrice viene posta a circa un centimetro dal campione,
anche l'aria interposta viene stimolata e le radiazioni da essa emesse
(dovute essenzialmente all'argon) interferiscono con quelle emesse dagli
elementi leggeri del campione. Ciononostante le possibilità del metodo
sono grandissime. Tra le applicazioni più frequenti vi è il
riconoscimento di superfici policrome attraverso la caratterizzazione
dei pigmenti utilizzati dall'autore che, sia per i colori ad olio, sia
per le tempere e le lacche, hanno subito nel corso degli anni variazioni
di composizione chimica. A parità di epoca storica sono riconoscibili
opere prodotte in luoghi diversi perché i pigmenti venivano fatti, per
così dire, "in casa" dall'artista il quale usava ingredienti
personalizzati, di cui sovente conservava il segreto. In epoca recente
gli artisti si avvalgono di colori "commerciali", ma le case produttrici
sono molteplici e i loro prodotti distinguibili per la composizione
elementare. La presenza di determinati elementi alle varie tonalità di
colore permette quasi sempre di individuare i pigmenti di base, con
l'eccezione di pochi casi in cui nella composizione intervengono solo
elementi leggeri. La tecnica XRF è applicabile sia a tele ad olio sia a
pagine miniate, ai papiri e alle pareti affrescate in quanto, tra gli
altri, ha anche anche il pregio di poter essere portata fuori
laboratorio, perché gli strumenti di ultima generazione esistono anche
in versione portatile: l'analisi XRF è stata applicata persino nelle
grotte per caratterizzare e svelare alcuni segreti delle pitture
rupestri. Anche vetri e mosaici possono essere oggetto di
caratterizzazione: su essi si possono rilevare tutti gli elementi
pesanti che permettono di identificare sia le sostanze coloranti ed
opacizzanti sia le impurezze contenute nei materiali usati per la
fabbricazione. Quanto agli oggetti metallici, monili e statue, poiché
l'analisi è sostanzialmente di tipo superficiale (si estende solo a
profondità dell'ordine del decimo di millimetro), la caratterizzazione
della composizione è significativa solo se le superfici da esaminare
sono prive di patina; se le superfici sono patinate, come capita spesso
nei bronzi antichi, è necessario pulirne una piccola zona per
determinare gli elementi che compongono la lega. Spesso però questa
operazione non è consentita. Se basta evidenziare differenze di
composizione tra una zona e l'altra dello stesso oggetto, la rimozione
della patina non è necessaria perché la sua presenza in genere altera i
risultati delle misure in modo sistematico e regolare. Si possono dunque
evidenziare eventuali differenze di composizione, individuando i
restauri o i rifacimenti eseguiti in epoche posteriori. Nel corso delle
misure tese o ad attribuire la paternità di oggetti o a individuarne la
tecnica di esecuzione, si possono avere rivelazioni inaspettate. Al
Dipartimento di Chimica generale dell'Università di Torino nel campo
dell'analisi XRF esiste già una buona esperienza: sono stati esaminati,
principalmente a scopo di conservazione, vari quadri antichi e moderni,
affreschi, codici miniati e manoscritti medioevali, stampe antiche,
dagherrotipi e fotografie esistenti al museo del cinema, spesso
mettendone in luce caratteristiche ancora ignote.
Ma le rivelazioni più sorprendenti sono state ottenute dall'analisi
degli inchiostri di alcune pagine a stampa risalenti addirittura a
Gutenberg: da esse risulterebbe - le conclusioni definitive sono ancora
da perfezionare - che quello che egli dichiarava sulle sue realizzazioni
era vero solo quando economicamente gli conveniva: l'illustre inventore
era anche e soprattutto un uomo d'affari.
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