Stando a dichiarazioni
provenienti dagli ambienti archeologici in Egitto l’équipe
dell’Università di Memphis (Usa), che nello scorso febbraio localizzò
una nuova tomba nella Valle dei Re (a pochi metri da quella celeberrima
di Tut Ankh Amon), avrebbe identificato uno dei sette sarcofagi in essa
presenti quale contenitore delle spoglie di Ankhesenamon, che di Tut fu
fedele e inseparabile sposa.
Il sarcofago, in parte danneggiato da parassiti del legno, non è stato
ancora completamente aperto, ma presenta - e sarebbe l’unico dei sette –
elementi in grado di farne supporre un impiego reale; inoltre palesa un
sigillo con inciso parte del nome proprio della regina consorte di Tut.
«A questo si aggiunga un piccolo sarcofago smaltato in rosa con funzioni
ornamentali, trovato all’interno del contenitore più grande. Rappresenta
un indizio ulteriore che ci indica la presenza di un personaggio di alto
rango: insomma abbiamo almeno 70 possibilità su cento che la nuova tomba
kv 63 contenga il sarcofago della regina Ankhesenamon», dichiara Mansur
Boraik, archeologo del Consiglio Supremo delle Antichità in Egitto e
stretto collaboratore di Otto Schaden, direttore del team
dell’Università di Memphis.
Se la scoperta venisse confermata, ci sarebbero buone speranze di
trovare all’interno del manufatto ligneo anche i resti mummificati della
famosa sovrana; e l’eventuale mummia apporterebbe elementi sostanziali a
un periodo centrale della storia egizia, che la bella Ankhesenamon ha
attraversato in qualità di probabile sposa di almeno tre faraoni. Figlia
più giovane tra le tre avute dalla coppia regale Akhenaton-Nefertiti, la
futura moglie di Tut nacque e crebbe in pieno periodo amarniano, quando,
sotto l’impulso di Akhenaton, in riva al Nilo si sviluppò la prima
esperienza monoteista della storia, concentrata nell’adorazione del
disco solare dell’Aton: proprio in onore di quest’unica divinità la
giovane si chiamò Ankhesenpaaton, a richiamare anche nell’onomastico la
fede monoteista di tutto un popolo.
Tragicamente tramontato il sogno di Akhenaton e restaurato il politeismo
dai potenti sacerdoti tebani, Ankhesenpaaton, cambiato nome in
Ankhesenamon, sposò il nuovo sovrano (e fratellastro) Tutankhamon, di 4
anni più giovane. La storia della giovane coppia fu effimera e fugace,
interrotta dalla tragica e inaspettata dipartita del faraone-bambino
(1325 a. C.); e fu anche turbata dalla disgrazia di due figli nati
morti, i cui corpicini sono stati pietosamente seppelliti accanto alla
salma del padre, nella famosa sepoltura (la kv 62) scoperta da Carter
nel 1922.
Improvvisamente sola, la ancor giovane regina fu costretta ad unirsi in
seconde nozze con il machiavellico Ay (più anziano di 40 anni), visir di
Tut e ora nuovo sovrano. Due tavolette d’argilla trovate sul sito di
Hattusa (Turchia), antica capitale degli hittiti, riportano una
richiesta d’aiuto che la vedova egizia scrisse a Suppiluliuma, re di
quel popolo: lo supplicava di inviarle in sposo un principe hittita, a
cui avrebbe consegnato il trono d’Egitto; il principe partì con la
delegazione, ma non arrivò mai a destinazione: la sorte di Ankhesenamon
era segnata. Tuttavia l’ormai attempata regina sopravvisse ad Ay e
diventò la sposa del nuovo faraone Horemheb, ex capo dell’esercito e
sovrano finale della XVIII Dinastia: costui, di oscuri natali, si vide
obbligato a prendere in moglie una regina per legittimare il suo nuovo
ruolo di monarca assoluto.
Finì in uno dei primi anni del lungo regno di Horemheb l’avventurosa
esistenza terrena di Ankhesenamon, che ora dopo più di tre millenni
tornerebbe a rivelarsi agli egittologi; e, se l’appartenenza del
sarcofago venisse confermata, sorgerebbe spontanea la domanda sulla
reale funzione della sepoltura da poco esplorata: si tratterebbe di un
laboratorio per la mummificazione o piuttosto di una ‘cachette’, un
nascondiglio, dove i sacerdoti vollero nascondere personaggi importanti
per sottrarli alla vendetta da parte di qualcuno?