IL sogno
di riportare a terra campioni di una cometa sta forse per avverarsi. Venerdì 2
gennaio la sonda della Nasa «Stardust» (Polvere di stelle) si tufferà nella
chioma della cometa periodica Wild 2, catturerà particelle di polvere e
materiali volatili (una quantità che in tutto si stima non supererà i 40
milligrammi) emessi dal nucleo cometario, e poi ce li riporterà. La sonda fu
lanciata da Cape Canaveral il 7 febbraio 1999 e da alcuni mesi, nella sua
traiettoria di avvicinamento alla cometa, ha iniziato la terza rivoluzione
attorno al Sole. L'incontro avverrà 3 mesi dopo il passaggio al perielio (la
minima distanza dal Sole) della Wild 2. Il periodo di massima attività del
nucleo cometario dovrebbe essere stato superato e di conseguenza il flyby
dovrebbe avvenire in condizioni di relativa sicurezza. Dallo scorso 19 novembre
la telecamera della sonda inquadra la cometa: le continue correzioni di rotta
apportate dal sistema di navigazione autonomo tramite 16 piccoli motori a razzo
permetteranno a «Stardust» di passare fra due giorni a meno di 300 km dal nucleo
cometario. L'incontro avverrà ad una velocità di 20.000 km/h, un valore
abbastanza basso se confrontato ai circa 250.000 km/h a cui avvenne nel 1986 il
flyby tra la sonda Giotto e la cometa di Halley. Attraversare la chioma di una
cometa ad una così breve distanza dal nucleo è abbastanza rischioso. È un pò
come guidare un'auto ad alta velocità durante una forte tempesta di grandine, ma
Stardust è dotata di appositi scudi che dovrebbero ridurre al minimo i danni da
impatto delle particelle di maggiori dimensioni presenti nella chioma.
L'incontro ravvicinato con la cometa Wild 2 è il cuore di tutta la missione e
sarà focalizzato sulla raccolta delle particelle e sulla ripresa di immagini ad
altissima risoluzione del nucleo. Avrà inizio quando la sonda si immergerà nella
chioma della cometa, poco meno di 5 ore prima del passaggio alla minima distanza
dal nucleo. All'inizio di questa fase il collettore di polveri (Aerogel Dust
Collector), verrà fatto fuoriuscire dal corpo della sonda e orientato
perpendicolarmente alla direzione del moto, in modo da raccogliere la maggior
quantità di materiale cometario. Si tratta di una specie di grossa racchetta da
tennis con una superficie di circa 1.000 cm quadrati, che semplicemente espone
al flusso di particelle cometarie alcuni blocchi di aerogel spessi pochi
centimetri e sistemati in cellule modulari di alluminio. L'aerogel è un composto
completamente inerte a base di silicio i cui singoli elementi hanno dimensioni
dell'ordine del nanometro e sono legati tra di loro in una struttura
estremamente porosa: il 99,8% del volume è rappresentato da vuoti.
Soprannominato "fumo congelato", ha una densità mille volte inferiore a quella
del vetro, un'altra sostanza a base di silicio. Questo strano materiale, che può
restare sospeso in aria sostenuto solo dal calore di una fiamma, oltre
all'abilità di catturare particelle iperveloci senza danneggiarne la struttura,
possiede inusuali caratteristiche, come valori estremamente bassi di
conducibilità termica, di indice di rifrazione e di velocità del suono nel
materiale, oltre che elevati valori di resistenza alle sollecitazioni del volo
spaziale. Ha proprietà isolanti eccezionali: uno spessore di 2,5 cm di questa
sostanza ha un potere isolante migliore di 15 cm di lana di vetro. Quando una
particella iperveloce colpisce l'aerogel, penetra rallentando la sua velocità e
dando origine ad una traccia a forma di cono molto allungato con la base in
corrispondenza del punto di impatto. Grazie all'elevata trasparenza dell'aerogel,
la particella catturata può essere facilmente individuata. Dopo il flyby, il
collettore di polveri verrà fatto ripiegare all'interno della capsula di rientro
(Sample Return Capsule) e, una volta controllati gli eventuali danni subiti
dalla sonda nell'attraversamento della chioma cometaria, saranno trasmesse a
terra le immagini riprese durante l'incontro. Sarà impressionante vedere il
nucleo della cometa fotografato da una così breve distanza. Proseguendo nella
sua orbita attorno al Sole, Stardust incontrerà la Terra il 15 gennaio 2006. A
questo punto verrà sganciata la capsula di rientro, che, dopo aver attraversato
l'atmosfera terrestre protetta da uno scudo termico, discenderà appesa ad un
paracadute nel deserto del Grande Lago Salato dello Utah. Se tutto procederà
come previsto, fra due anni potremo quindi analizzare per la prima volta in
laboratorio dei campioni di materiale cometario, lo stesso di cui era formata la
nebulosa protoplanetaria, e ricavare preziose informazioni sull'origine e
sull'evoluzione del Sistema solare. |
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