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Risposte senza domanda

ovvero

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SU MARTE

E NON AVETE MAI POTUTO CHIEDERE

 di Alessio Feltri

 

Questo articolo è dedicato a tutti coloro che pensano che in fondo su Marte non ci sia nulla di strano e che credono ciecamente alle veline della NASA, con la speranza e l’augurio che non ci restino troppo male quando scopriranno le dimensioni dell’inganno di cui sono state vittime inconsapevoli.

 

LA TAVOLA ROTONDA

 

In “Vite al silicio e universi paralleli” avevo dimostrato come i tracciati sinusoidali delle sferule marziane non fossero casuali e in “Drop Circles” ho mostrato come il cerchio sia alla base dell’organizzazione sul terreno delle forme di vita marziane. Ora vedremo più in dettaglio come si espliciti questa caratteristica attraverso l’esame di alcune immagini, tenendo presente che ho già scremato le foto palesemente falsificate.

 

 

Nella tavola 3D (Spirit, Sol 42) il riquadro A mostra la presenza di un gruppo di microsfere attive, riconoscibili dall’aspetto filamentoso, mentre negli altri riquadri si può notare come i microrganismi tendano sempre a disporsi in simmetrie circolari.

Un dato sorprendente ci proviene da quest’altra immagine 3D, dove possiamo vedere due sferule “attive”, una completa ed una sezionata.

 

 

Il grafico in A mostra lo schema di un disco in formazione sulla superficie della sferula, con indicate in giallo le microsfere di diametro maggiore.

Il grafico in B evidenzia soprattutto la disposizione perpendicolare delle lamine interne, presumibilmente metalliche (almeno secondo i dati forniti dalla NASA). I dischi evidenziano alcune delle geometrie disegnate dai presunti microrganismi presenti sulla superficie di sezione.

Per ora mi limito a far notare:

1) che questa disposizione coincide con la fase attiva delle sferule e non è presente nelle sezioni di sferule inattive;

2) che un’asimmetria di questo tipo rappresenta un serio indizio che la sferula non sia di per sé un organismo biologico, ma ne sia piuttosto un prodotto.

In quanto al disco in A, non è una novità. Più volte sono stati fotografate delle formazioni di questo tipo sulla superficie di sferule, come in questa immagine 3D di Opportunity, che già avevo segnalato come alquanto enigmatica.

 

 

Le frecce in A indicano un cerchio disegnato sul terreno dai microrganismi, che come al solito contiene altre formazioni circolari più piccole ed un organismo attivo in C, riconoscibile dall’aspetto moderatamente traslucido.

In B ho evidenziato un dettaglio della superficie della sferula, in cui si nota una disgregazione superficiale pseudocircolare, con la creazione di filamenti, composti da microsfere, che si dispongono a formare un disco irregolare semitrasparente più grande, perpendicolare alla sferula e visibile nella foto grande.

Guardando con attenzione si possono vedere svariati altri piccoli cerchi collaterali sulla superficie della roccia chiara sulla sinistra.


Passando dall’analisi statica a quella dinamica, potete vedere nell’animazione seguente, ripresa da una sequenza di foto della medesima sferula (Opportunity, Sol 29), come alla sommità centrale della sferula appaia prima un lieve cerchietto di microsfere, che poi si solleva con decisione, come testimoniato dal comparire dell’ombra nel settore centrale.

 

 

 

Gli indizi che depongono a favore della tesi di presenza di campi elettromagnetici sono rilevanti, anche se la natura degli stessi è ovviamente difficilmente decifrabile alla luce dei pochi dati forniti dalle fonti ufficiali.

Se comunque siamo in presenza di effetti di campo, il concetto di perpendicolarità delle forze applicate sembra esserne un fattore altamente significativo.


Si veda ora la foto seguente, in cui al centro del disco di sezione del RAT del rover si nota un alloggiamento di sferula con degli “sbaffi” a cardioide, che sembrerebbero prodotti da una qualche forma di energia elettromagnetica. Forse è solo un disegno casuale prodotto dalle lame rotanti, però in altri casi non si era mai presentato.

 

 

 

Ma non è per questo che ho segnalato questa foto; osservate piuttosto questo dettaglio della sezione in basso a destra.

 

 

 

La freccia 2 indica dei microdischi, la cui struttura appare molto simile a quella evidenziata dal grafico A nella prima foto di questo capitolo. La freccia 1 indica invece un disco leggermente più grande e incastrato perpendicolarmente nel substrato.

Questo dimostra essenzialmente due cose:

1)     Le formazioni discoidali appaiono già a livello microscopico e mantengono le loro caratteristiche all’aumentare delle dimensioni.

2)     I dischi, che appaiono trasparenti in fase attiva, si presentano invece opachi in fase inattiva.


Un ulteriore indizio di essere di fronte ad una qualche forma di nanotecnologia lo possiamo ricavare dall’immagine seguente (Opportunity, Kettlestone, Sol 154), dove il dettaglio in A, della lunghezza di 5-6 mm., mostra in modo alquanto evidente il livello di complessità raggiunto da queste microstrutture.

 

 

MICRO & MACRO

 

Quanto detto non significa ovviamente che si sia di fronte ad una forma di vita intelligente, almeno secondo il nostro abituale metro di valutazione. I microorganismi sembrano aggregarsi in virtù di una specie di “imprinting” genetico, con modalità che potrebbero essere affini a quelle tipiche del DNA nelle forme di vita terrestri. Inoltre, pur mostrando forti somiglianze morfologiche con alcune strutture silicee tipiche di radiolari e diatomee, non è possibile escludere che la loro biochimica sia a base carbonio, almeno fino a che non saranno disponibili ulteriori informazioni.

Quello che invece possiamo affermare con certezza fin da ora è che i dischi di microsfere attivi tendono a sollevarsi da terra passando attraverso varie fasi di transizione.

Osserviamo al riguardo questa immagine 3D di una delle solite pietre cave di Endurance.

 

 

Come al solito ricordo che senza occhiali 3D sarà molto difficile per chiunque vedere alcunché.

Comunque sulla sinistra è visibile un doppio disco trasparente in sospensione, sormontato da due sfere chiare, due sfere scure e un cilindro scuro con inserita un’altra sfera lucida bicolore.

Il significato generale mi sfugge, ma un dettaglio lo conosco bene ed è quel sottile filamento di microsfere che collega i dischi all’organismo nascosto nella pietra. Ogni volta che compare uno di questi dischi è sempre presente una strana forma dotata di un beccuccio simile ad un flauto da cui esce un filamento di microsfere, con un procedimento che richiama quello del vetro soffiato.
Ho chiamato queste forme “Iniettori”, anche se a dire il vero la loro funzione precisa non è ancora del tutto chiara. Gli Iniettori possono essere anche più di uno, come si vede nella foto 3D seguente.

 

 

Riguardo alle fasi transizionali, dalle foto sembra emergere questa successione:

 

1)     Emissione da parte degli Iniettori di un filamento rettilineo di microsfere in movimento.

2)     Creazione di un cerchio di microsfere con sferula centrale e membrana trasparente (v.foto)

 

 

3)     Creazione di un secondo cerchio di microsfere collegato al precedente da una membrana conica (v.foto)

 

 

4)     Creazione di uno o più cerchi “parassiti” perpendicolari a quello iniziale.

5)     Prolungamento delle microsfere sulla circonferenza in un “cestello” di strutture tubolari, ognuna sormontata da una sferula. (v.foto di una struttura inattiva)

 

 

6)     Eventuale svincolamento e sollevamento del disco principale in compagnia di sfere, anche a quote rilevanti.


Mi rendo conto che la definizione di “cestello” può essere un po’ oscura, per cui ho preparato uno schema virtuale di questa configurazione, in modo da facilitare l’osservazione delle foto (per poter riconoscere qualcosa bisogna prima conoscerla).

 

 

 


Ovviamente i movimenti sono ipotetici e puramente indicativi, in quanto disponiamo solo di foto e non di filmati. Ma vediamo ora una sequenza ripresa da una coppia stereo, in cui compare, segnalata dalla freccia in alto, una di queste curiose strutture. La freccia in basso indica una struttura analoga, ancora in fase di formazione.

 

 

Questa configurazione si ripete costantemente, ma non è facilissimo individuarla nelle foto, in quanto la semitrasparenza ed i movimenti ne rendono un po’ ardua la ricerca.

A titolo di curiosità riporto questa immagine ripresa dalla sonda Cassini su Phoebe, satellite di Saturno

 

 

 

 

Le foto 2 e 3 riportano enormi strutture discoidali, ma soprattutto nella 1 potete osservare un gigantesco “cestello” dell’altezza di svariati chilometri. Se non siete convinti ed avete una spiegazione migliore, sarò ben lieto di prenderla nella dovuta considerazione.

Per quanto poi riguarda le anomalie gravitazionali è interessante questa immagine ripresa il 31/12/1976 dalla sonda Viking

 

 

In basso potete vedere un ingrandimento del riquadro in alto, in cui sono ripresi dei dischi sospesi ad una certa altezza. La freccia indica l’ulteriore ingrandimento del più grande dei due, in cui è abbastanza facilmente riscontrabile la presenza all’interno del perimetro di almeno un paio di voluminose sfere.

Dalle foto esaminate sembrano quindi emergere dei dati che, per quanto non conclusivi e non confermati, delineano uno scenario apparentemente compatibile con le nostre attuali ricerche scientifiche più avanzate, e cioè:

 

1)     Silicio

2)     Matrici metalliche presumibilmente superconduttive a temperatura ambiente

3)     Trasformazioni di energia

4)     Nanotecnologie

 

Non spetta certo a me precisare questi concetti: io sono solo un esperto di analisi visiva e come voi posso solo attendere che qualcuno dei nostri scienziati ritenga meritevoli di attenzione queste osservazioni, possibilmente senza aspettare altri 35 anni come è avvenuto nel caso delle missioni Apollo.

Mi limiterò invece a presentare questa tavola, in cui ho raggruppato alcune immagini di sferule lunari.  

 

 

Gli squarci pseudocircolari che potete vedere sulla superficie delle sferule sono stati ufficialmente attribuiti a microimpatti meteoritici, gli unici ritenuti in grado di provocare stress meccanici e termici come questi. Ebbene, le foto che ho presentato in precedenza mostrano come sia stato quantomeno avventato non prendere in considerazione altre spiegazioni.

Se poi mi si contestasse che nessuno è ancora stato di persona su Marte per controllare le mie affermazioni, non potrei che rispondere: “Perché? Qualcuno era presente al momento di un grande impatto meteoritico?”

 

ALESSIO FELTRI

 

 

 

Margherita Campaniolo

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