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I Fondatori

 di Alessio Feltri

 

Arizona, Frass Ranch, Inverno 1970-71

 

Un giovane allevatore, impegnato con la zia in una perlustrazione della sua tenuta, rinviene una strana roccia, del tutto diversa da quelle circostanti, in un punto in cui tra l’altro non erano mai stati presenti dei massi. Da un sommario esame la roccia appariva semifusa sulle pareti esterne, tanto da far pensare ad un meteorite. Il nostro amico, noto col soprannome di micromike, decide di chiudere il meteorite in un armadio, luogo in cui resterà fino al 1996. In quell’anno, venuto a conoscenza del rinvenimento in Antartide del famoso meteorite ALH84001, si convince di poter essere in possesso di un meteorite marziano, per cui decide di ispezionarne l’interno e di sottoporlo ad esami accurati.

Il risultato è sorprendente: l’interno della roccia è praticamente cavo e contiene una versione miniaturizzata di un intero ecosistema biologico, le pareti sono a struttura cellulare e agli esami mostrano di comportarsi come dissipatori di calore paragonabili alle mattonelle termiche dello Shuttle, la natura della roccia è riconducibile ad un basalto di probabile origine vulcanica e i due componenti principali, uno rossastro ed uno grigiastro, vengono datati rispettivamente a 49 e 13 milioni di anni. A quel punto micromike inizia una lunga battaglia per avere risposte dalla NASA sulla natura del meteorite, ma non ottiene che risposte vaghe o scettiche.

A chi volesse saperne di più consiglio di visitare il sito di micromike, in cui potrà trovare molte immagini sensazionali ed il risultato dei vari esami: http://www.marslife.com

 

Non è mia intenzione entrare nella questione se il meteorite Frass sia o no di origine marziana, quello che è certo è che al suo interno sono presenti esattamente le stesse “creature” che ho descritto nei miei articoli precedenti, che la struttura “vescicolare” della roccia è analoga a quella che abbiamo visto nelle finte pietre marziane e lunari, che la presenza di polveri alternate di colore grigio e rossastro è corrispondente con quella che abbiamo potuto osservare nelle foto riprese col Microscopic Imager dai rovers marziani.

Nell’immagine seguente potete trovare una tavola comparativa tra alcune foto dell’interno del meteorite e delle immagini marziane, nonché una foto dell’esterno del meteorite paragonata ad una tipica “finta pietra” marziana.

 

 

Come potete vedere, siamo di fronte ad una vera e propria “Stele di Rosetta” della vita extraterrestre, di incalcolabile importanza sul piano scientifico, in quanto ci potrebbe consentire esami approfonditi senza ricorrere a costose e rischiose spedizioni per recuperare campioni da Marte. E’ comprensibile che alla NASA non interessi, in quanto abbiamo visto in “Like a Rolling Stone” che gli U.S.A. dispongono di campioni analoghi almeno fin dal 1969, mentre meno spiegabile appare il disinteresse delle strutture di altri paesi o di ricercatori isolati, anche se probabilmente poche persone sono entrate in possesso di informazioni al riguardo.

Altro dato interessante, riferito da micromike e da altri che hanno maneggiato meteoriti dello stesso tipo, è la presenza di una finissima polvere chiara, al contatto della quale la pelle sviluppa parassitosi di natura del tutto sconosciuta ed attualmente in fase di studio.

 

La vicenda del meteorite Frass ci porta direttamente ad una questione fondamentale: è lecito che una parte della popolazione mondiale, attraverso espedienti, coperture e connivenze, si arroghi il diritto di decidere che cosa il mondo deve sapere oppure no?

Phoebe, orbita di Saturno, Giugno 2004

 

La sonda Cassini, nel quadro di una missione congiunta NASA/ESA, fotografa la superficie del satellite di Saturno, che viene definita come una desolata regione scura.

Come vedremo, di “scuro” ci sono solo le foto, dopo una (non troppo) accurata operazione di censura.

 

Durante le fasi di avvicinamento al satellite viene ripresa una sequenza fotografica, che culmina nell’immagine seguente:

 

 

 

Nell’estremità superiore è visibile una struttura discoidale a “cestello” con una formazione sferoidale centrale del diametro di svariati chilometri, ma simile in tutto e per tutto alle strutture rinvenute su Marte e Luna e da me descritte nell’articolo precedente come GDU (Gravity Disk Unit). Questa struttura viene poi cancellata dalle foto ravvicinate, anche se quello che sono riuscito a “resuscitare” mi pare più che sufficiente a porre degli interrogativi:

 

 

Ma non è finita: in alcuni “crateri” sono visibili lunghissimi steli semitrasparenti culminanti in masse globose, esistono gigantesche lastre estremamente sottili di natura apparentemente identica a quella rivelata nelle lastre marziane BCS (Biogenic Composite Slabs) e dalle profonde fenditure traspaiono le solite strutture BVB (Biogenic Vertebrate Beams) ormai ben note ai miei (pochi ma buoni) lettori.

 

Ultima chicca: in una delle foto è visibile un “Ingegnere” semisepolto con nei pressi un “Architetto”, che come sempre si occupa di un GDU, ed altre creature, tutte delle dimensioni apparenti di diversi chilometri.

 

Ai miei lettori già sembrava strano che io concepissi l’esistenza di entità biologiche in ambienti privi di atmosfera, per cui vi devo qualche spiegazione, prima che mi prenotiate una camicia di forza.

 

Queste forme di vita non sembrano avere alcun rapporto con le nostre conoscenze biologiche, anzi per la verità le loro caratteristiche sono atipiche, esattamente come dovremmo aspettarci da una specie aliena. Già nei miei articoli precedenti avevo mostrato come esistessero fotografie di esseri totalmente uguali, ma estremamente diversi nelle dimensioni, da pochi millimetri a svariati metri. Un ulteriore esempio lo vedremo ora.

 

Luna, missione Apollo 17, Dicembre 1972

 

Chi ha letto il mio articolo “Like a Rolling Stone” ha già un’idea approssimativa della morfologia degli “Ingegneri”, complesse creature a teste multiple vagamente simili alle seppie terrestri. Adesso ne potete vedere uno fossile di taglia media all’esame dell’astronauta geologo Schmitt (quello che avevamo beccato con gli esserini in saccoccia):

 

 

Come ben sanno coloro che sono avvezzi a tradire le proprie mogli, le bugie vanno occultate in mezzo a delle inoppugnabili verità, e quindi la NASA ha dichiarato che questa è una roccia di nome Tracy, senza in realtà ricorrere ad una menzogna. Anche su Marte abbiamo visto la presenza di creature “vive” o “morte”, e le morte apparivano pietre a tutti gli effetti.

E allora? Sono vive o no?

Per comprenderlo dovete prima fare una semplice operazione, analoga a quella di uno sportivo che abbia imparato un movimento nel modo sbagliato e poi debba riapprenderlo nel modo corretto.

Il nostro cervello, come ha dimostrato la dottrina della psicologia della forma agli inizi del ‘900, tende a “completare” i dati di cui dispone in un’osservazione attraverso il ricorso alla memoria, usando il rasoio di Occam, cioè escludendo tutte le possibilità che appaiono assurde o incompatibili con l’esperienza. Quindi una creatura della dimensione di vari chilometri “deve” essere un’anomalia ottica, tanto è vero che sulla Terra non ce ne sono. Purtroppo tutte e due queste affermazioni sono false, ma andiamo con ordine.

 

Dall’analisi delle foto scattate col Microscopic Imager, avevo già rilevato come i fini granuli chiari e scuri presenti in corrispondenza dei famosi “mirtilli” tendessero a disporsi in catene ordinate creando formazioni replicate su scala più ampia dalle sferule stesse. Dalle immagini di Spirit abbiamo poi appreso come gli stessi microgranuli potessero aggregarsi per formare lamine, steli e strutture vescicolari. Insomma questi granuli sembrano agire quasi come dei neuroni, connettendosi per progettare forme di vita che appaiono intermedie tra l’inorganico e l’organico e che appaiono attive solo se connesse alla rete neurale. Questo processo pare non avere chiari limiti dimensionali, tanto che in presenza di circostanze favorevoli si possono avere entità di dimensioni gigantesche.

 

In altre parole “Ingegneri”, “Architetti” e “Tecnici”, come li ho definiti, sono esseri virtuali, nati dall’organizzazione di materia inanimata sotto la spinta di un’energia di natura sconosciuta e progettati dalla materia stessa di cui sono composti. Sono cioè strutture ossee che coincidono con la loro stessa “tecnologia” e possono esistere dovunque, per cui li chiamerò i “Fondatori”.

 

Orbita di Mercurio, sonda Mariner 10, 1974-75

 

Fino alla “conquista” della Luna, non c’era un solo astronomo che fosse disposto a sottoscrivere l’origine dei cosiddetti crateri come certamente dovuta a fenomeni di impatto. Dopo, forse anche per la scoperta di analoghi crateri su Mercurio e Marte, questo pare essere diventato un assioma, la qual cosa mi pare una pura bestialità. Sulla Terra non abbiamo trovato più di una dozzina di crateri superiori ai 50 chilometri di diametro e tirare in ballo l’atmosfera, la vegetazione o i movimenti tettonici per spiegare la loro assenza è un’operazione che rasenta il ridicolo.

Le ricognizioni radar di Venere hanno mostrato l’esistenza di crateri, esattamente identici a quelli riscontrabili sugli altri pianeti interni del sistema solare e come sappiamo l’atmosfera venusiana è molto più densa della nostra.

Quello che invece abbiamo visto con i nostri occhi è che il cratere marziano Endurance è un vero e proprio edificio con struttura BVB/BCS, costruito sulle pendici di una depressione circolare, a sua volta circondata da miriadi di depressioni minori della stessa natura.

 

E adesso vediamo che cosa gli astronomi hanno “digerito” delle immagini della sonda Mariner senza mostrare alcuna reazione apparente.

 

Nell'immagine seguente ho inserito 3 foto: la n.2 di un particolare di un sito marziano, la n.3 di un cratere di Mercurio e la n.1 è una microfotografia di una porzione vetrificata di roccia lunare.

 

La cosa curiosa è che il disco a cestello GDU in 2 è del diametro di 20 cm., quello in 1 è di 20 micron e quello in 3 è di 11 chilometri.

Il termine "Gravity" che ho usato in nomenclatura è naturalmente ipotetico e riferito al fatto che in molte foto l'attività dei dischi appare correlata alla presenza di sfere in sospensione, la cui dimensione è proporzionale a quella dei GDU.

 

Faccio presente che dispongo di decine di foto in cui i 3 elementi citati in nomenclatura sono compresenti e accompagnati da altre strutture in formazioni circolari dai diametri più diversi, cosa questa che riduce completamente a zero l’eventualità di una somiglianza casuale.

 

 

Altra stranezza è il cono, che quando è attivo diventa trasparente come in foto 2 e come nell'animazione seguente (lato sinistro) ottenuta da una coppia stereo di un altro sito marziano:

 

 

Come si può vedere il cestello GDU è formato da strutture BVB che sembrano poter cambiare orditura attraverso una sorta di modulazione, intorno al cono si intravvedono delle piccole sfere in rotazione e sopra il cestello c’è una specie di struttura orizzontale curiosamente simile ad un braccetto di giradischi e riscontrabile in quasi tutte le foto in cui compaiono questi strani elementi.

Vi risparmio le spiegazioni ufficiali, più che altro per pietà verso chi le ha espresse. Vi basti sapere che sarebbero assimilabili a quelle di un alieno che, descrivendo il rottame di un’automobile terrestre, lo definisse una formazione ferrosa di evidente origine vulcanica.

 

Se avete un paio d’ore a disposizione potete prelevare delle immagini di Mercurio, ingrandirle il più possibile e divertirvi a trovare delle creature immense analoghe a quelle che vi ho descritto in taglia minore su Marte. Oppure potete rinunciare e sicuramente dormirete meglio.

 

Marte, Columbia Hills, Giugno 2004

 

Come faccio sempre, tanto per alleggerire il tono prima della “mazzata” finale, ho scelto un’immagine di una creatura dei Fondatori, che spero risulterà simpatica ai lettori più piccini.

Anche questa foto proviene da una coppia stereo marziana e mostra uno strano essere biancastro a forma di pentola con proboscide, dotato di una specie di teiera con coperchio sferico che levita sulla sua testa, trattenuta da sottili filamenti. Ovviamente l’unica stranezza è che ci fa…l’occhiolino.

 

 

Come avrete notato il gusto estetico dei Fondatori si situa a metà strada tra una gelateria americana ed un cartone animato degli anni ’50, né mostrano di essersi particolarmente evoluti in tal senso, cosa questa che evidentemente non pare avvicinare la loro intelligenza a quella europea.

 

Al termine di questo articolo, che trova la sua principale ragione di esistere nello spingere i lettori a pensare con la propria testa (viste le inverosimile sequele di balle che ci sono state rifilate negli ultimi 40 anni dai cosiddetti “scienziati”), ritornerò sulla questione terrestre.

Come abbiamo visto, i Fondatori sono presenti su Mercurio, Luna, Marte ed asteroidi vari, nonché su Venere e sui satelliti dei pianeti maggiori, come sarà chiarito dai prossimi articoli.

Ora vedremo uno dei luoghi dove si sono installati sulla Terra. Prima che qualcuno gridi all’Armageddon, preciso che non abbiamo elementi per stabilire se i Fondatori siano i nostri creatori, i nostri futuri distruttori o dei coinquilini menefreghisti, per cui ci limiteremo a individuarne la possibile collocazione in territorio U.S.A. (così imparano a imbottirci di frottole).

Alaska, Ghiacciaio Rident, 1976

 

Nella ricerca dei potenziali siti atti ad accogliere i Fondatori ho seguito alcune direttrici di base. Le più ovvie riguardano la presenza di dorsali sismico-vulcaniche nonché di anomalie magnetiche e gravitazionali. Tra i vari luoghi isolati, il primo che ho esaminato è stato il Rident Glacier, in quanto dalle foto satellitari presentava evidenti somiglianze morfologiche con alcuni siti marziani

 

 

 

 

Procedendo ad un esame accurato ho potuto evidenziare alcuni caratteri morfologici inequivocabili, con un grado di sicurezza variabile tra l’80 ed il 100 %, particolare questo che mi porta a poter concludere che a metà degli anni ’70, data a cui risale la foto di cui dispongo, Fondatori di svariati chilometri di lunghezza erano già presenti nel ghiacciaio e con tutta probabilità in piena attività.

 

Nell’immagine seguente ho identificato alcune caratteristiche dei Fondatori, usando la nomenclatura bionica che ho spiegato in “Like a Rolling Stone”.

Particolare rilevanza ha il riconoscimento di strutture BVB, in quanto per via delle caratteristiche dei Fondatori, che sostituiscono la massa rocciosa con delle strutture porose molto leggere, sarebbe molto facile rilevare se, in corrispondenza dei punti che ho segnalato, si hanno repentine variazioni gravitazionali, così come era stato verificato per le formazioni montagnose lunari. (Per la verità all’epoca si era erroneamente pensato che le anomalie fossero dovute a concentrazioni di massa nelle zone pianeggianti, i famosi Mascon o Mass Concentration, mentre la realtà era l’esatto opposto, come poi scoperto con le missioni sul suolo lunare).

 

 

 

Non possiedo elementi concreti per stabilire se il governo U.S.A. sia al corrente di questa situazione, anche perché ufficialmente il problema non esiste. Potrei considerare sospetto il monitoraggio quotidiano dell’Alaska che viene fatto ormai da qualche anno, così come la collocazione di progetti supersegreti come l’HAARP, ma, come sapete, non sono affetto da manie paranoidi, per cui terrò per me le coordinate relative agli altri siti in cui sono reperibili i Fondatori, partendo dal presupposto che se un problema non esiste, tanto vale non parlarne.

ALESSIO FELTRI

 

 

 

Margherita Campaniolo

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